No, non è il mio tema di
maturità. Stavolta mi prendo una pausa, e vorrei dilettarmi in tematiche
generali, amplificate ovviamente dai social. Un’analisi su quanto è successo
intorno ad una delle tracce proposte per lo svolgimento dell’elaborato
sottoforma di testo argomentativo. Scusate la complicazione ma ciò che un tempo
lontano era il tema d’italiano
adesso è quella roba lì!
Ecco la traccia. Direi che una
buona mezzora ogni maturando diligente l’avrà spesa per capire per bene il
contenuto.
«I nostri successori studieranno l'Antropocene e capiranno il vicolo cieco in cui ci siamo
infilati. […] Le firme sedimentarie dell'attività
umana negli ultimi decenni del Novecento sono tali e tante che anche il più
tonto dei geologi del futuro non potrà non
vederle. […] Quanto pesano tutti gli oggetti del
mondo? Sembra la domanda disarmante di un bambino e invece adesso è
diventata, grazie ai big data, una curiosità
scientifica piena di significati. […] Immaginate tutto ciò che l’umanità ha
prodotto e costruito: tutti gli edifici sulla Terra, tutte le strade, treni
aerei navi auto camion moto biciclette e ogni altro mezzo di trasporto, le
fabbriche, le macchine. Ora aggiungete le suppellettili e gli arredi, gli
strumenti, i telefonini, i computer, le stoviglie, i vetri, gli infissi, la
carta di questa rivista. Insomma, prendete la tecnosfera
materiale nella sua globalità, costituita da ogni artefatto umano
distribuito sulla superficie terrestre, e mettetela su una bilancia. Vi verrà
fuori un numero, stratosferico. L’unità di misura adatta all’impresa è la teratonnellata, cioè mille miliardi di tonnellate.
Ed ecco il numero fatidico: tutte le cose umane, dai grattacieli agli
apriscatole, ed esclusi i rifiuti, nel 2020 hanno raggiunto il ragguardevole
peso di 1,1 teratonnellate, ovvero mille e
cento miliardi di tonnellate. Questa è la dimensione dell’immane flusso
materiale che sta alla base del metabolismo attraverso il quale l’umanità
incessantemente trasforma in prodotti ed energia le materie prime presenti in
natura. Se scomponiamo l’insieme di tutti i manufatti umani e vediamo di cosa
sono fatti, scopriamo che il calcestruzzo e gli aggregati di ghiaie e sabbie la
fanno da padrone, seguiti dai mattoni, poi dall'asfalto, dai metalli e infine
da plastiche, vetro e legno usato in industria. I ricercatori hanno anche
calcolato gli andamenti della massa antropogenica dall'anno
1900 in poi. La curva si impenna dopo la fine del Secondo conflitto mondiale,
appunto, quando la “grande accelerazione” della ricostruzione gettò le basi del
benessere dei paesi industrializzati, ma al prezzo di un enorme consumo di
suolo e di risorse. […] Con tecniche analoghe si può calcolare anche la massa
complessiva degli esseri viventi sulla Terra, cioè la biomassa.
Ebbene, il valore complessivo di quest'ultima è 1,1 teratonnellate, millecento
miliardi di tonnellate: esattamente come la massa antropogenica! Ciò significa
che proprio nel 2020 la somma degli oggetti umani ha eguagliato tutto il resto
della vita messo insieme. E pensare che agli inizi del Novecento le cose umane
valevano il 3 per cento rispetto al peso degli esseri viventi. […] Quindi noi
umani, che contribuiamo solo per lo 0,01 per cento alla biomassa globale,
abbiamo riempito il mondo di 1,1 teratonnellate di cose. Questa è l'impronta schiacciante dell'Antropocene. Senza una
rapida transizione del sistema economico mondiale verso modelli circolari, la massa antropogenica continuerà a
raddoppiare ogni vent'anni, sfuggendo al controllo. Nel nostro geologico quarto
d'ora di celebrità, ci siamo fatti notare.» (Telmo Pievani, Un quarto d’era (geologica) di celebrità, in Sotto il vulcano,
Feltrinelli, Milano, aprile-giugno 2022, pp. 30-31.)

Tanta roba! C’è spazio per
sbizzarrirsi tra narrazioni di ogni tipo, dall’impronta ecologica all’economia
circolare, la crescita demografica, la distruzione degli habitat naturali; e
ancora l’impatto predatorio e per alcuni catastrofico del genere umano sul
pianeta, nonostante siamo gli ultimi arrivati. Insomma ce n’è per ognuno dei tag
che normalmente uso nelle pagine di questo blog. Argomenti a me carissimi!
Soprattutto, e cito l'autore stesso: «una traccia sull'ambiente e sull'Antropocene in questa temperie politica e culturale io proprio non me l'aspettavo!».
E allora, dove sta il problema? Antropocene e
biomassa, ma il primo termine innanzi tutto, e che te
lo dico a fare, che appare tra i primi tag del mio blog: apriti cielo per i puristi
che, tra le tante, additano i redattori ministeriali di questa traccia di aver
dato per scontato qualcosa che, ufficialmente, non esiste! E lo scandalo
monta perché, addirittura nelle richieste per lo svolgimento viene chiesto
«il punto di vista dell’autore sull'Antropocene (…)».
Ora, che il sottoscritto abbia un
debole per l’autore, filosofo (della scienza!)
e divulgatore, è dimostrato non solo dalla quindicina di suoi libri ben
allineati in uno scaffale della mia libreria, dall’averlo citato (e usato…) più
volte su queste pagine, ma soprattutto dall’avermi fatto rinascere passioni
sopite da tempo, quali quelle per la biologia, la paleoantropologia,
l’evoluzionismo! Quindi, ben sapendo della sua onestà intellettuale e ben
conoscendo la preparazione del nostro, lo ammetto, mi hanno dato fastidio
queste polemiche piuttosto sterili e spesso errate.
 |
I grafici sulla biomassa dell'articolo su PNAS |
Smarchiamo subito il secondo
punto: la
biomassa e il suo valore. Sono
sorte numerose polemiche sui numeri forniti. Probabilmente frutto di frettolose
ricerche in rete, in molti si sono scatenati presentando un grafico del
Proceedings
of the National Academy of Sciences (
PNAS)
che indica in 550 miliardi di tonnellate equivalenti di carbonio la
biomassa del pianeta Terra (0,55 teratonnellate, per usare
l’unità di misura del testo della traccia, dove 1 Tton=10
12
tonnellate); biomassa secca, senza considerare l’apporto dell’acqua che è estremamente
variabile da vivente a vivente, e che fa schizzare il valore a 2.200 tonnellate
di carbonio.
Qui
potete leggere voi stessi l’articolo.
 |
I grafici comparati su biomassa e massa antropogenica nell'articolo di Nature |
Pievani invece riporta 1,1
Tton, il doppio, e qui sta l’aspetto ambientale preoccupante ed uno
degli argomenti fulcro della traccia: questo valore è pari alla massa delle
robe
prodotte dall’uomo, ovvero di qualsiasi cosa fosse assente sul pianeta prima
della sua comparsa. Numeri da brivido che, per associazione di idee, mi fanno
pensare subito al concetto del
Overshoot Day
di cui
ho scritto tempo fa. E la sua fonte è la prestigiosa rivista
Nature, da
qui potete
accedere all’articolo.
L’articolo
sul PNAS è del 2017-18, con un ampio paragrafo dedicato al ruolo delle
stime e dell’incertezza statistica, quello di
Nature è del 2020. Fate voi, io sto con Pievani: se non altro perché ha utilizzato fonti più recenti e il progresso scientifico, con pochissime eccezioni, segue la freccia del tempo.
Certamente quando si parla di
scienza occorre rigore, ma in quest’ambito e nel contesto dell’elaborato l’aver
fatto questioni intorno al reale (reale?) valore della biomassa è piuttosto
artificioso.

E torniamo all'era in questione che poi non è un'era (geologica) ma un'epoca (idem).
Innanzi tutto va notato che nel titolo dell’articolo apparso sulla rivista “Sotto il vulcano” l’autore chiosa con il lapsus era/ora, termine quest’ultimo
utilizzato in una delle domande di svolgimento: «A cosa si riferisce
l’autore quando usa l’espressione ‘geologico quarto d’ora di celebrità’?».
La cosa deve aver generato parecchie incomprensioni, dovute al fatto che
occorre aver avuto dimestichezza (in “Scienze della Terra”, argomento di
scienze del quinto anno dei licei classico e scientifico, quasi tutti i docenti
si divertono a disegnare il famoso quadrante che rapporta l’età della Terra ad
un anno o, in altri casi, addirittura a 24 ore! Usando la prima proporzione, con un giorno intero del calendario che corrisponde a più o meno 12 milioni di anni (e un’ora del calendario vale 500.000 anni!), i dinosauri compaiono a metà dicembre (230 milioni di anni fa) e gli
esseri, umani (che salto!) fanno la loro comparsa sulla Terra soltanto nelle ultime ore del 31 dicembre. La mattina
del 31 dicembre, circa 4 milioni di anni fa, compaiono i primi australopitechi
che, per strade diverse, porteranno ad Homo sapiens verso sera, intorno a 200
mila anni fa (300 mila secondo recenti ritrovamenti). Verso le 23:58 la
rivoluzione del Neolitico e l’invenzione dell’agricoltura, per lo meno quella
della Mezzaluna Fertile, e a partire dalle 23:59 e 56 secondi (!) abbiamo
sviluppato gran parte delle conoscenze, delle discipline e delle tecnologie che
ci consentono oggi di essere la specie dominante del nostro pianeta. E abbiamo
prodotto tutte quelle robe che hanno creato la tecnosfera.
Ma se un’ora, in questa
proporzione, corrisponde a 500.000 anni, quel “quarto d’ora” sono 125.000 anni
fa, e Homo sapiens inizia a uscire dall’Africa poco dopo la sua comparsa, con le ondate migratorie principali
tra 70.000 e 50.000 anni fa. Ecco servito l’Antropocene? Magari. Cioè, non
ufficialmente. Misteri del Tempo Profondo.

La polemica nasce soprattutto da
questo: gli esperti della International Commission on Stratigraphy non si sono messi d’accordo né sulla
necessità di decretare l’esistenza di una nuova epoca, né su quando questa (geologicamente
parlando sempre) sarebbe nata, ben distinta dall’Olocene, che è l'epoca
geologica attuale, la più recente del periodo Quaternario, iniziata circa
11.700 anni fa con la fine dell'ultima era glaciale. Ogni epoca deve inoltre
essere distinta dalla precedente e dalla successiva da un vero e proprio
marcatore. I geologi lo chiamano chiodo d’oro (golden spike): un
punto di riferimento geologico globale, chiamato anche GSSP
(Global Stratotype Section and Point), che definisce precisamente il
limite tra due unità di tempo geologico nella scala dei tempi
geologici. Questi punti sono scelti per la loro importanza internazionale
e sono usati per definire e correlare le età degli strati rocciosi in tutto il
mondo. In altre parole, un chiodo d'oro è un punto specifico in una
sezione rocciosa che segna il confine tra due periodi, epoche o ere
geologiche. Questi punti sono scelti per la loro rappresentatività, la
presenza di fossili utili per la datazione e la loro stabilità geologica. Userò questo esempio. E preciso che con questo non voglio togliere nulla a chi sostiene che
l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene fu scatenata da altre cause e che l’asteroide
diede una sorta di colpo di grazia ad un pianeta già agonizzante. Estinzione che
fece fuori anche i dinosauri non aviani. Sto divagando nel Tempo Profondo.

Antropocene allora. Quando
inizia? Nel 1945 con i risultati delle ricerche di Oppenheimer ed i suoi 10.000
scienziati riuniti nel deserto del New Mexico e l’inizio della produzione di
radionuclidi (ottimi come GSSP) che si sono sparpagliati dappertutto sul
pianeta, a causa delle centinaia di test con ordigni nucleari da parte di
numerose nazioni? O sarebbe meglio spostare ancora più indietro lo spartiacque
geocronologico? Senza arrivare ai tempi del controllo del fuoco o della
diffusione delle pratiche agricole a me piace
collocarlo nella seconda metà del XVIII secolo. Quando, nel 1765, un
ingegnere scozzese, James Watt, potenzia e migliora, col suo regolatore
centrifugo ed altre modifiche sostanziali, il motore a vapore, figlio di tanti ingegni che vi si erano applicati in precedenza.
Fatto sta che da allora la
produzione energetica è cresciuta a ritmi esponenziali, e più se ne aveva più
se ne produceva, con un ciclo a feedback positivo che sembrava
non avesse fine. Bruciare, produrre, produrre, bruciare.
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Curva di Keeling dal 1700 |
C’è addirittura qualcuno che ha
coniato un termine per una nuova nuova epoca…il Pirocene.
Non esageriamo. Ma se vi andasse di approfondire qui
c’è qualcosa.
E quale potrebbe essere allora il
marcatore, il GSSP, non presente in strati di roccia, ma in atmosfera, con
buona pace dei geologi: ovvio, il biossido di carbonio e la sua impennata
proprio a partire dall’inizio della rivoluzione industriale. E motore vuol dire
automazione, energia facilmente disponibile sotto forma di combustibili fossili
vuol dire aumento della produzione industriale, miglioramento delle società,
fabbricazione di robe che prima dell’uomo non c’erano. Ecco a voi
servita la tecnosfera che Pievani cita, e
pesa, quelle 1,1 Tton stimate al 2020.
Si diceva all’inizio che i
puristi si sono scatenati gridando allo scandalo. Ma come, nella traccia di un
elaborato scientifico si inseriscono termini dati per scontati, che sembrano approvati dalla comunità scientifica quando così non è? Ma si sbagliano. Non è
nemmeno vero che «i geologi hanno detto di no»: non esattamente. Nella
giustificazione ufficiale della citata Commissione si scrive chiaramente che,
anche se a livello stratigrafico il termine Antropocene non viene accettato, il
concetto di Antropocene potrà essere usato in altri contesti in maniera
informale, come peraltro ha fatto Pievani.
Sul sito della International Union
of Geological Sciences (IUGS) si
scrive: «Sebbene la loro proposta sia stata decisamente respinta, l'AWG
[Anthropocene Working Group, NdA] ha svolto un importante servizio alla
comunità scientifica assemblando un ampio corpus di dati sugli impatti umani
sui sistemi globali, e questo database sarà una fonte di riferimento essenziale
anche in futuro. Inoltre, l'Antropocene come
concetto continuerà ad essere ampiamente utilizzato non solo dagli
scienziati della Terra e dell'ambiente, ma anche dagli scienziati sociali,
politici ed economisti, nonché dal pubblico in generale. In quanto tale,
rimarrà un descrittore inestimabile nelle interazioni uomo-ambiente. Ma non
sarà riconosciuto come un termine geologico formale, ma sarà più utilizzato in
modo informale nelle future discussioni sugli impatti antropogenici sui sistemi
climatici e ambientali della Terra.». Qui la fonte.
Ed
ecco servito il golden spike della discussione!
«I nostri successori
studieranno l’Antropocene e capiranno il vicolo cieco in cui ci siamo
infilati...» si legge fin dal subito nella traccia. Cosa c'è di scandaloso?
Non si parla forse di geologi del futuro? Non è forse lecito ipotizzare che magari
allora sarà stato ufficializzato? Ma anche no, il concetto resta.
Pievani è un divulgatore serio e
preparato e le incomprensioni, o le polemiche, sono dipese non tanto da chi lo
ha scritto, quanto da chi lo ha letto forse frettolosamente e conoscendolo
poco, o interpretando male, spesso con prevenzione. O per puro spirito di contraddizione
tipico di molti (troppi) utenti dei social afflitti da diversi preoccupanti bias.
In nessuno dei suoi libri o in
nessuno dei suoi interventi in voce o video, Pievani ha mai affermato che
l'Antropocene sia una realtà definita e convalidata dalla Commissione, e non ha
difficoltà a ribadirlo. L'unico suo libro che usa il termine in modo esplicito
nel titolo è "Viaggio nell'Italia dell'Antropocene", uscito da poco e
da me recensito
lo scorso anno.
Non va infine dimenticato che
Pievani è innanzi tutto un filosofo della scienza, soprattutto della biologia,
e lo stesso Paul Crutzen quando coniò il termine “Antropocene” lo fece in
modo filosofico più che scientifico. Ricordo inoltre che le discussioni
filosofiche, che ai più sembrano così inutili, sono quelle che hanno spesso messo
in moto la ricerca scientifica, o che hanno generato le scoperte successive.
Mi accorgo adesso di non aver
scritto un rigo su costui: un pioniere in molti modi. È stato il primo a
mostrare come l’attività umana danneggi lo strato di ozono. Le sue scoperte
sono alla base del divieto mondiale di usare le sostanze chimiche che riducono
lo strato di ozono. Fu nel 2000 che Crutzen introdusse il termine Antropocene,
riferito all’attuale epoca geologica, la prima
nella quale le attività dell’uomo hanno influsso diretto sul clima.
Credo basti.
Che sia stato sancito o meno
resta l'innegabile realtà che una transizione da un'era all'altra, in termini
di cambiamento, c'è stata e, a prescindere da Paul Crutzen, in tantissimi lo
hanno usato.
Ma che ci sia una transizione
netta e tangibile costituita dall'impronta ecologica umana è indiscutibile.
Insomma, come si dice, tanto
rumore per nulla e poi, secondo me, il brivido vero di studenti e
docenti è arrivato su «firme sedimentarie». Si scherza…
Fuor di polemica, e scrivo per
esperienza, mi sto seriamente chiedendo non solo quanto pochi siano gli
studenti in grado di comprendere e affrontare questa traccia, ma soprattutto
quanto pochi siano i docenti in grado di correggerla, sintassi e grammatica a
parte! Tra quelli di letteratura italiana saranno pochi sparuti pressoché
introvabili. Nelle scuole, solo i licei comunque, dove c'è scienze tra le
materie, dove sarà presente anche il commissario di scienze questi potrà, anzi
dovrà, dare una mano ai colleghi di italiano. Ripongo speranze anche in qualche
docente di filosofia che abbia, si spera, trascurato un po’ di greci e
raccontato un altro po’ di filosofia della scienza.
[Aneddoto. Sempre che non accada quanto
successe a me. Ero commissario esterno di scienze: la collega di italiano mi
chiamò a leggere insieme gli elaborati di natura scientifica. Una ragazza aveva
scritto una vagonata di fesserie (immaginate un tema sulla Terra svolto da un
terrapiattista), che io contestavo punto per punto. Ma la collega di italiano,
senza alcun ripensamento e convintissima, pretese comunque più che la
sufficienza, perché...ben scritto!]
Tra l’altro, coloro i quali hanno
definito la traccia addirittura ridicola, perché l’Antropocene non è una
categoria geologica ufficiale, significa confondere il piano scientifico con
quello culturale e politico. La scuola non deve limitarsi a nozioni codificate,
ma può e deve aprire a questioni complesse e in discussione, stimolando il
pensiero critico. Quindi no, la traccia non è ridicola, ma un’utile provocazione. E il fatto che susciti dibattito
è già, di per sé, un buon segno.
Anche se scientificamente non ci
sono ancora gli elementi per una realtà fisica questo che per ora è
forse solo un concetto, non può essere frainteso col suo senso più ampio: cambiamento climatico, estinzioni di massa, inquinamento, plastica ovunque, alterazione dei cicli,
consumo del suolo, tutti argomenti a me cari e trattati più volte. E questi sono
effetti misurabili, osservabili e documentati da anni di ricerca dedicati al
periodo: l’Antropocene! Quella traccia non era, dopo tutto, un esame di
geologia!
Gli studenti potrebbero anche non
sapere se esiste e quando è cominciato l’Antropocene, ma certamente devono avere
la capacità di comprendere perché nel mondo scientifico si è proposto un
dibattito in merito.
In altri termini l'Antropocene è
una realtà sociale e ambientale incontrovertibile. Che non sia anche un'epoca
geologica è pressoché irrilevante. Inoltre, l'interesse geologico rispetto ad
un tema di maturità sarebbe irrisorio rispetto ai risvolti ambientali, sociali
e culturali nella misura in cui quella infinitesimale percentuale di biomassa
sta condizionando in maniera coatta tutta la restante ad un ritmo non più sostenibile!
Quindi, per quel che mi riguarda, promossi sia Pievani che la commissione che
ha realizzato la traccia!
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Nota: riporto inoltre quanto mi è stato
suggerito da una docente di lettere. Ai più sfugge che la traccia era di tipo B3,
quindi un testo argomentativo. Questo tipo di traccia ha una formula ben
precisa e si può affrontare anche senza necessariamente conoscere l'argomento,
basandosi solo su quanto afferma il testo proposto. Questo tipo di traccia
richiede allo studente la comprensione, l'esposizione della tesi dell'autore, la costruzione di un'antitesi, mostrando capacità di ragionamento in base alle proprie competenze, e
infine una conclusione che metta in accordo o meno tesi e antitesi. Insomma è
richiesta comprensione e ragionamento, indipendentemente dall'argomento.