24 settembre 2025

No! Il cambiamento climatico non è una truffa con dati manipolati

Sommario

Introduzione
Origine dei dati climatici: raccolta, elaborazione e verifica
La realtà innegabile: la scienza del cambiamento climatico
Sfatare i miti: affrontare le accuse di manipolazione
Il pericolo della sfiducia: conseguenze per la politica e la percezione pubblica
Conclusioni

Introduzione

In linea con le dichiarazioni di gennaio scorso, con la richiesta di redazione di un rapporto pieno di imprecisioni e falsità, ecco il recentissimo intervento di Trump all'ONU, che se non fosse tragico sarebbe esilarante. Questo sì che è un esempio evidente di manipolazione!

L'affermazione che il cambiamento climatico sia una montatura  è quasi diventata un luogo comune, un inganno perpetuato dagli scienziati al soldo di chissà quali poteri occulti, che manipolano dati e informazioni allo scopo di favorire ora una cosa ora l’altra. Tuttavia, questa affermazione si sgretola sotto il peso di prove schiaccianti e di rigorosi processi scientifici che hanno reso la realtà del cambiamento climatico in atto pressoché inequivocabile, al di là di ogni ragionevole dubbio. La verità è che i dati climatici sono solidi, credibili e meticolosamente verificati, e le accuse di manipolazione sono infondate. Per cambiamento climatico[1] si intende qui quanto indicato dal punto 2 dell’Art. 1 della costituzione della UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change, nata nel 1992): «(…) si intende un cambiamento del clima attribuito direttamente o indirettamente all'attività umana che altera la composizione dell'atmosfera globale e che si aggiunge alla variabilità climatica naturale osservata in periodi di tempo comparabili.». Ed è questo, uno dei processi che può condizionare fortemente la rivalità e la competizione tra le grandi potenze del pianeta, oltre ai nuovi equilibri che gli assetti geopolitici globali stanno vedendo nascere.

Le voci negazioniste hanno forme molteplici, le forme della bugia, dell’imbroglio, della malafede e del complottismo. Con metodo, ovviamente scientifico, senza ardire a proclamarne la verità assoluta, di contro la voce scientifica è una, chiarissima. La voce dei fatti incontrovertibili, delle evidenze sperimentali, dei risultati matematici della modellizzazione, dei confronti tra posizioni fino al cosiddetto consenso scientifico. Fortunatamente le prime sembrano avviarsi infine ad essere sempre più flebili e arroccate sulle loro posizioni sbagliate tanto quanto, e tanto per iniziare, quanto quelle degli astrologi che credono che ancora oggi, tra gennaio e febbraio, la Terra sia in Acquario.

Mettere in dubbio persino il significato dei dati che portano a pensare che una determinata teoria scientifica sia un «fatto», come fa lo scettico radicale, è analogo a quello che conduce a dubitare dell’esistenza stessa del mondo esterno. E il dubbio sull’esistenza di un mondo presuppone la volontà di ricercare come stanno le cose, e quest’ultima presuppone che ci sia un modo in cui le cose sono che, per lo scettico radicale, o non possiamo conoscere o è completamente illusorio. Ma anche l’essere illusorio rispetto a noi, se le cose stessero così, sarebbe qualcosa, sarebbe appunto il modo di essere del mondo. Un ragionamento simile in genere provoca il collasso del negazionista alla quinta riga: e nonostante non sia la famosa supercazzola, il più delle volte si ritira nel nulla, altre diventa aggressivo, e pericoloso.

La posizione «ormai è troppo tardi» è un'altra delle tipiche posizioni negazioniste a cui arriva o cerca di arrivare il negazionista tipico, o chi esprima scetticismo radicale. L'ultima posizione, la più disperata dopo averle tentate tutte. I negazionisti, che si tratti di clima, virus, danni da inquinamento o da tabagismo, prima negano, poi negano le responsabilità quando non possono più farlo con i fatti, scaricano colpe altrove, poi minimizzano; quando non riescono più a fare tutto questo cercano di salvaguardare il profitto il più possibile, se si parla di regole iniziano a dire questo no, quest'altro nemmeno, non potete fermare tutto ecc. E alla fine, disperati «tanto ormai è tardi» buttato lì. Il negazionismo in cinque mosse.

In fondo, tutti vorremmo sperare che i negazionisti climatici abbiano ragione. Se per caso venisse fuori che, veramente, è stato tutto un abbaglio, che il clima non sta cambiando così velocemente come sembra o che, perlomeno, l’uomo non c’entra nulla…sarebbe come risvegliarsi da un incubo: il mostro che ti stava rincorrendo non esiste. Ma così non è.

Origine dei dati climatici: raccolta, elaborazione e verifica

Classifica mensile di temperatura media globale per il periodo 2001-oggi. Conoscendo le temperature globali medie per ogni mese, è stata ricostruita la classifica dei mesi più caldi a partire dal 1880. Per vedere quale sia stato il marzo più caldo, o il secondo agosto più caldo, o il terzo novembre più caldo, si deve far riferimento al numero corrisponde alla posizione in classifica. Quindi ad esempio  1  sulla riga del mese di aprile indica l'anno dall'aprile più caldo,  2  l'anno del secondo aprile più caldo,  20  l'anno del ventesimo aprile più caldo, e così via. Il cromatismo rosso-blu più o meno intensi indicano dal più caldo al più freddo, rosso e blu scuri rispettivamente. Dal grafico si nota come i mesi più vicini ai nostri giorni siano effettivamente tra i più rossi, e quindi più caldi. Notiamo anche come non serva andare troppo indietro negli anni per trovare il mese più caldo mai misurato. Questo ancora una volta mostra che il nostro pianeta si sta scaldando come mai sia stato registrato fino ad ora. (@galselo su chpdb.it)

Per comprendere l'integrità della climatologia, la scienza del clima, è fondamentale definire cosa intendiamo per dati, informazioni e manipolazione. I dati si riferiscono a fatti e cifre grezze, come le letture della temperatura e della pressione, il livello del mare e le concentrazioni dei gas componenti l’atmosfera. Quando questi dati vengono analizzati, interpretati e contestualizzati, diventano informazioni che otteniamo sulle tendenze climatiche. Questa cospicua parte del lavoro dei climatologi o di altri scienziati è una noiosissima normalizzazione e omogeneizzazione di milioni (!) di valori. E laddove manchino dati derivanti da misurazioni dirette esistono gli annuari, i diari, gli appunti ed altri documenti tramandatici dalla storia e realizzati, fin da quando furono inventati termometri e barometri. E prima? Ci sono i cosiddetti proxy data, dati per procura, indiretti, come quelli relativi al polline dei vegetali o alla presenza (o assenza) di determinati microrganismi fossili, testimoni di condizioni climatiche particolari, i rapporti isotopici di alcuni elementi chimici, fino all’analisi della composizione delle bolle d’aria rimaste intrappolate nel ghiaccio accumulatosi migliaia o decine di migliaia di anni fa, estratto dalla profondità dei ghiacciai o delle calotte polari (paleoclimatologia).

Ed ecco che già si delinea un quadro in cui la manipolazione, in questo contesto, che implica l'alterazione deliberata di dati o informazioni per presentare una falsa narrazione diventa qualcosa di assai improbabile, dovendo essere coordinata e normalizzata a livello globale. La raccolta di dati climatici è uno sforzo globale e collaborativo, fatto da migliaia di scienziati provenienti da diverse istituzioni in tutto il mondo, che raccolgono queste enormi quantità di dati utilizzando metodi standardizzati e strumenti calibrati, dalle stazioni meteorologiche e dai satelliti alle boe oceaniche e alle carote di ghiaccio. Dati quindi sottoposti a rigorosi controlli di qualità, tra cui la verifica indipendente, il cosiddetto peer review[2] e l'accessibilità pubblica, rendendo praticamente impossibile qualsiasi manipolazione coordinata su larga scala. Infine, molto spesso, gli scienziati contribuiscono alla ricerca volontariamente e gratuitamente, azzerando qualsiasi sospetto di interesse.

La realtà innegabile: la scienza del cambiamento climatico

Le prove del cambiamento climatico non sono aneddotiche; sono un arazzo tessuto da innumerevoli linee di indagine indipendenti. Organizzazioni come l'IPCC, che sintetizza il lavoro di migliaia di scienziati in tutto il mondo, riportano costantemente una chiara tendenza al riscaldamento, strettamente associato all’attività umana, con una sovrapposizione più che evidente della crescita di quest’ultima, a partire dalla rivoluzione industriale, su quella del quantitativo di gas cosiddetti climalteranti (il più famoso dei quali è il biossido di carbonio, più noto come anidride carbonica).  Assistiamo all'aumento delle temperature globali, alla fusione dei ghiacciai e delle calotte glaciali, all'innalzamento del livello del mare e a eventi meteorologici estremi più frequenti e violenti. Il consenso scientifico sui cambiamenti climatici causati dall'uomo è schiacciante, con studi che dimostrano che oltre il 97% degli scienziati del clima che pubblicano attivamente concordano sul fatto che le tendenze del riscaldamento climatico nell'ultimo secolo sono pressoché inequivocabilmente dovute alle attività umane, a partire da quelle legate al consumo di combustibili fossili, ovvero carbone, petrolio e gas naturale. Questo consenso non si basa su un singolo studio, ma su decenni di prove accumulate in varie discipline. Il 97%, e forse anche più, concorda: risulta abbastanza difficile ipotizzare che anche in questo caso abbiano ragione coloro che soffrono di paranoia da complotto, come diceva Umberto Eco, e che vede noi italiani un po’ più ossessionati dall’idea che in qualche modo esista un potere che menta continuamente; idea che nasce soprattutto dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti dati preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non lo fanno perché ci fa male accettarle. Certamente, lo insegna la scienza col suo metodo, ogni conclusione scientifica è vera fino a prova contraria, soprattutto sulle ricerche più recenti occorre sempre mantenere un atteggiamento di cautela e gli scienziati devono continuamente, in un certo qual modo, generare dubbi, persino sul loro stesso operato, ai dubbi seguono nuove ipotesi, nuovi modelli, nuove verifiche e, laddove necessario, un cambio di paradigma. Ma sull’argomento in oggetto i modelli realizzati, gli scenari futuri previsti, sembra proprio non abbiano bisogno di ulteriori conferme, e sono ormai passati diversi decenni da quando furono impostate le prime ricerche sul cambiamento climatico, tristemente confermate dalle evidenze osservate.

Nella figura sopra l'andamento della variazione media di temperatura rispetto alla media globale: si è modellato uno scenario dovuto alla sole attività naturali, solare e vulcanica, rispetto ad uno dove la forzante antropogenica si somma alle tendenze naturali. I dati osservati, cioè misurati, concordano col secondo modello. (ResearchGate, agosto 2023)

Sfatare i miti: affrontare le accuse di manipolazione

Le accuse di manipolazione dei dati emergono spesso. Una delle, se non la più famosa fu quella chiamata controversia sul bastone da hockey. Nel 1998, sulla base dell’analisi di migliaia di proxy data, fu presentato e discusso un diagramma - la cui forma ricorda appunto una mazza da hockey su ghiaccio - che presentava la temperatura media dell’emisfero settentrionale dell’ultimo millennio. Le ricostruzioni evidenziano costantemente mostrato una lenta tendenza al raffreddamento a lungo termine di raffreddamento a lungo termine, che si è improvvisamente trasformato in un riscaldamento accelerato a partire dalla fine del XIX secolo e impennatosi a metà del XX. Oggi sappiamo che le cose sono andate proprio così, se non peggio in termini di valori. Ma già allora era una prova del riscaldamento globale in atto e del conseguente cambiamento climatico.

La ricostruzione del 1998 fu subito messa in discussione da parte di alcuni critici, non molti, ma spesso fonti autorevoli perché famosi in altri campi della scienza. Alcuni in buona fede e operanti con spirito scientifico ma la maggior parte si scoprì a breve legati a gruppi di pressione finanziati dall'industria dei combustibili fossili, nel tentativo di mettere in dubbio nemmeno solo quei risultati, ma addirittura tutta la climatologia. In sostanza i critici ritenevano che i dati fossero stati manipolati per dare alla curva questa forma. Tuttavia, numerosi studi indipendenti, compreso uno del nostro CNR, utilizzando diverse metodologie e insiemi di dati anche diversi furono in grado di replicare il modello del bastone da hockey, convalidando i risultati iniziali.

Un altro degli esempi più frequentemente citati di su presunte manipolazioni fu la controversia sul Climategate del 2009, parafrasando il famoso scandalo presidenziale americano del Watergate. Furono sottratte con l’inganno, ad opera di hacker prezzolati, dozzine di messaggi di posta elettronica dall'Università dell'East Anglia, selezionate e travisate per suggerire che gli scienziati stavano complottando per sopprimere i veri dati o esagerare il tasso del riscaldamento. Diverse indagini indipendenti sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito hanno successivamente scagionato gli scienziati da qualsiasi illecito, concludendo che i dati non furono manipolati e che furono seguite correttamente tutte le pratiche scientifiche standard.

Questo tipo di accuse spesso selezionano i dati ad hoc, quelli che fanno comodo, travisano i metodi scientifici o ignorano il più ampio corpo di prove. I climatologi, non diversamente da altri scienziati, sono trasparenti riguardo ai loro dati e alle loro metodologie, anzi lo fanno proprio in cerca di conferme, e il loro lavoro è sottoposto a un esame approfondito, rendendo incredibilmente difficile perpetrare inganni diffusi.

Nella figura sopra la curva smussata mostrata in blu con il suo intervallo di incertezza in azzurro, è sovrapposta a punti verdi che mostrano la media globale trentennale data da una ricostruzione del 2013. La curva rossa mostra la temperatura media globale misurata con dati dal 1850 al 2013. (Wikipedia)

Il pericolo della sfiducia: conseguenze per la politica e la percezione pubblica

La libertà d'opione è libertà di mentire? Il persistente tentativo di indebolimento della climatologia ha gravi implicazioni. La sfiducia nei dati scientifici può paralizzare l'azione politica, ostacolando la nostra capacità di affrontare una crisi che richiede un'urgente cooperazione globale. Quando il pubblico è indotto a credere che i dati climatici siano fabbricati, erode la fiducia nelle istituzioni scientifiche e rende difficile l'attuazione di strategie efficaci di mitigazione e adattamento. Affidarsi ad affermazioni non verificate e disinformazione, piuttosto che a ricerche peer-reviewed e al consenso degli esperti, crea un ambiente pericoloso in cui le decisioni critiche si basano sull'ideologia piuttosto che sui fatti.

E spesso, in buona o cattiva fede che sia, il clima di sfiducia, che sfoga spesso in violenza verbale o derisione, è scatenato da appartenenti al mondo scientifico che, pur non avendo competenze specifiche né esperienza in materia di climatologia o geofisica, si dilettano di interessarsi al tema. Curiosa, ad esempio, fu l’attenzione che si rivolse a un Nobel per la fisica (premiato per i suoi lavori sulla Meccanica Quantistica nel 2022, e che non ha mai lavorato su nulla relativo al clima o alla fisica dell’atmosfera) che esprimeva dubbi profondi sui risultati delle ricerche climatiche, mentre si è talvolta preferito ignorare i Nobel del 2021, sempre in fisica, conferiti a tre climatologi proprio per aver correttamente previsto e modellato il riscaldamento globale originato dalle attività umane. L’opinione non suffragata di un singolo, per quanto illustre, non conta nulla a fronte dei tre pilastri principali del consenso scientifico: i dati, le equazioni e i modelli. Al momento attuale, la stragrande maggioranza di coloro che si occupano di climatologia è soddisfatta dalla spiegazione antropogenica del riscaldamento globale, a fronte dei dati, delle equazioni e dei modelli a nostra disposizione, e nessuna delle ipotesi alternative, e men che meno le opinioni alternative, soddisfa questi criteri.

Per non parlare di quei casi in cui la montatura e la manipolazione sono costruiti e diffusi da manipoli di scienziati al soldo dell’industria o della politica, da comitati think tank o da organizzazioni sovranazionali con interessi soprattutto economici: sono qui i veri manipolatori, come hanno ottimamente raccontato, fin dal 2015, Oreskes e Conway nel loro libro “Mercanti di dubbi” (a breve sarà disponibile qui la mia recensione).

Senza tra l'altro dimenticare il danno causato da quella sorta di catastrofismo climatico che va diffondendosi, e che genera un pericolo altrettanto serio, quello dell'inazione o, ancora più gravemente, una gestione fallimentare del cambiamento climatico, che ho trattato in una serie di tre post; quadro già molto ben tratteggiato, purtroppo.

Conclusioni

In definitiva, le affermazioni sulla manipolazione dei dati e delle informazioni riguardanti il cambiamento climatico sono palesemente false. La natura robusta, trasparente e collaborativa a livello globale della scienza del clima, unita a prove schiaccianti e al consenso degli esperti, confuta fermamente queste accuse. Fidarsi di dati scientifici credibili non è un'opzione ma una necessità per prendere decisioni informate e salvaguardare il nostro futuro. Dobbiamo valutare criticamente le fonti di informazione e sostenere l'azione per il clima, guidati dalle prove innegabili fornite da una rigorosa indagine scientifica.

Il cambiamento climatico va affrontato con una sfida relativa alla gestione complessiva, che va spiegata ai cittadini perché ciò che oggi definiamo emergenza rappresenta qualcosa che sarà molto più comune in futuro.

Il dibattito odierno è tuttavia ancora bloccato su posizioni pressoché dogmatiche, inutili e sterili. Da una parte c'è chi dice che l'agire deve avvenire solo in risposta al rischio evidente di catastrofe climatica, posizione stupida perché, quando e se coloro che la sostengono avranno avuto ragione, sarà troppo tardi per le reazioni; d'altra parte, gli oppositori non esprimono più che far finta di nulla, accusando di catastrofismo i primi. Possiamo discutere sull'utilità, soprattutto politica, di una narrazione catastrofista, ma non possiamo negare che, se non verrà posto un freno o un limite alle emissioni di gas che alterano il bilancio termico del pianeta, le conseguenze saranno disastrose.

La scienza ovviamente non deve legittimare le scelte politiche, perché la tecnologia, sua derivazione, è fonte di potere; ma è indiscutibile che deve fornire i mezzi per supportarle, per guidarle, e la politica al tempo stesso deve innanzitutto fare in modo che il linguaggio scientifico sia reso accessibile alla cittadinanza, sia capito in modo che questa possa sostenere e legittimare le scelte politiche, affinché le scelte condivise siano sottoposte al vaglio della comunità.

I risultati scientifici sono comunque chiari: il clima sta cambiando, rapidamente. Resta da capire quanto e con quali impatti anche se le idee in proposito sono già parecchio chiare.

Questi risultati non derivano da domande poste da ambientalisti in cerca di conferme alle loro tesi particolari ma da interrogativi che nacquero quando si cercava di capire come funziona il sistema, senza scopi politici reconditi, quando la climatologia muoveva i primi passi.

Veicolare questi risultati al grande pubblico è fondamentale, soprattutto perché bombardato continuamente dalla diffusione di false notizie amplificate dalla cassa di risonanza dei social e realizzate perlopiù per strumentalizzare, in un'epoca di incremento del disinteresse e dell'ignoranza generalizzata.

La climatologia ha già fatto la sua parte, occorrono adesso scelte che non siano solo basate su principi di precauzione, notoriamente inutili in questi casi perché non indicano una strada univoca.




[1] Anche se numerose sono le fonti che utilizzano il concetto di “cambiamenti climatici” al plurale, perché ritenuto più inclusivo e accurato a sottolineare la complessità del fenomeno, personalmente preferisco il singolare “cambiamento climatico”, derivata dall’originale Climate Change introdotta nel 1992 con la nascita di UNFCCC. Il termine era in origine utilizzato come riferimento al riscaldamento globale; è mia opinione che il cambiamento, per quanto complesso, sia unico come causale di molteplici conseguenze.

[2] Pratica indispensabile nel mondo della ricerca, permette di discriminare un articolo con fondamenta scientifiche da uno che non ne ha, accreditando il primo e screditando il secondo. Questo lavoro viene svolto dalle riviste scientifiche, che con i propri revisori, operano una valutazione critica (revisione) del lavoro che verrà pubblicato. I revisori sono protetti dall'anonimato e generalmente privi di qualsiasi conflitto di interesse.



06 settembre 2025

2024 - Un altro record di temperatura globale al rialzo!

Dopo aver raccontato le affermazioni e le previsioni del Rapporto annuale sullo stato del clima globale, l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO – World Meteorological Organization) ha confermato che il 2024 sarà l'anno più caldo mai registrato, con una temperatura di circa 1,55 °C superiore al livello preindustriale. Ancora una volta, per quanto gli ultimi 10 anni siano stati tutti nella top ten, si batte un primato, con una serie di temperature record.

Link a questo plot

Punti salienti

  • gli ultimi dieci anni, dal 2015 al 2024, sono i dieci anni più caldi mai registrati
  • abbiamo probabilmente assistito al primo anno solare con una temperatura media globale superiore di oltre 1,5 °C rispetto alla media del 1850-1900
  • per raggiungere la cifra globale consolidata dell'OMM vengono utilizzati sei set di dati internazionali
  • il 2024 ha visto temperature eccezionali della superficie terrestre e marina, oltre che un accumulo di calore oceanico
  • l'obiettivo a lungo termine sulla temperatura dell'accordo di Parigi non è ancora definitivamente superato, ma è in grave pericolo

Secondo l'analisi consolidata dei sei insiemi di dati condotta dall'OMM, la temperatura media globale della superficie terrestre è stata di 1,55 °C (con un margine di incertezza di ± 0,13 °C) superiore alla media del periodo 1850-1900. Ciò significa che probabilmente abbiamo appena vissuto il primo anno solare con una temperatura media globale superiore di oltre 1,5 °C rispetto alla media del periodo 1850-1900.

La valutazione odierna dell'OMM) dimostra ancora una volta che il riscaldamento globale è un dato di fatto inequivocabile. Il fatto che alcuni anni superino il limite di 1,5 gradi non significa che l'obiettivo a lungo termine sia stato infranto ma che le azioni da mettere in campo devono essere ancora più incisive e urgenti, opzioni che collidono fortemente con quanto ho cercato di raccontare nella recente serie di tre post dedicati alla gestione fallimentare del cambiamento climatico. La necessità di opporsi all’andamento con messa in opera di azioni quanto meno mitigatrici è inversamente proporzionale, purtroppo, a quanto fatto e quanto in programma. Le temperature torride del 2024 richiederebbero un'azione climatica pionieristica che avrebbe dovuto essere attuata già all’inizio di quest’anno: siamo praticamente verso la sua fine e nulla o pochissimo è stato fatto. Le parole del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres lo scorso gennaio «C'è ancora tempo per evitare il peggio della catastrofe climatica. Ma i leader devono agire, ora» sono andate del tutto a vuoto, affondate anche da una complessa crisi internazionale.

Le sei serie di dati utilizzati dall’OMM, rappresentati in colori diversi nel grafico precedente, non lasciano adito a dubbio alcuno: si tratta di una valutazione della temperatura basata su molteplici fonti di dati per supportare il monitoraggio climatico internazionale, che nasce soprattutto per fornire informazioni autorevoli a supporto delle decisioni e dei programmi delle Nazioni Unite in tema climatico, per mezzo soprattutto di IPCC e UNFCCC. I set di dati provengono dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF), dall'Agenzia meteorologica giapponese, dalla NASA, dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, dal Met Office del Regno Unito in collaborazione con la Climatic Research Unit dell'Università dell'EastAnglia (HadCRUT) e da Berkeley Earth.

Sotto gli occhi di tutti, per lo meno di quelli di chi vuol vedere davvero, l’evoluzione climatica e la sua storia raccontano che non si tratta di un paio di anni record consecutivi, ma di un'intera serie decennale. Il tutto accompagnato da condizioni ed eventi meteorologici estremi e devastanti, dall'innalzamento del livello del mare e dalla fusione dei ghiacci, con i cosiddetti tipping point (punti di non ritorno) superati più volte. E il tutto alimentato da livelli record di gas serra dovuti alle attività umane.

Un singolo anno con una temperatura superiore a 1,5 °C non significa che non abbiamo raggiunto gli obiettivi di contenimento della temperatura a lungo termine dichiarati dall'Accordo di Parigi, che si misurano su decenni anziché su un singolo anno, ma è essenziale riconoscere che ogni frazione di grado di riscaldamento in più è importante. Che si tratti di un livello inferiore o superiore a 1,5 °C di riscaldamento, ogni ulteriore incremento del riscaldamento globale aumenta l'impatto sulle nostre vite, sulle nostre economie e sul nostro pianeta.

L’esistenza di un margine di incertezza in tutte le valutazioni della temperatura non è sinonimo di ignoranza, come i negazionisti vorrebbero far credere, ma fa parte del normale procedere del metodo scientifico, alimentato da dubbi e dalla ricerca di risposte. Tutti e sei i set di dati indicano il 2024 come l'anno più caldo mai registrato e tutti evidenziano il recente tasso di riscaldamento. E tuttavia, non tutti mostrano l'anomalia della temperatura superiore a 1,5 °C a causa delle diverse metodologie.

Uno studio separato, pubblicato su Advances in Atmospheric Sciences, ha inoltre scoperto che il riscaldamento degli oceani nel 2024 ha giocato un ruolo chiave nel generare temperature record. Le temperature medie degli oceani sono le più calde mai registrate e non solo in superficie, ma anche fino a 2000 metri di profondità, dati confermati da un altro studio pubblicato dall’Accademia Cinese delle Scienze, per un team totale di di 54 scienziati provenienti da sette paesi e 31 istituti di ricerca.

Come noto, circa il 90% del calore in eccesso dovuto al riscaldamento globale è immagazzinato nell'oceano, rendendo il contenuto di calore oceanico un indicatore critico del cambiamento climatico. Calore che viene poi rilasciato molto lentamente ed i cui effetti possono protrarsi anche per molto tempo dopo che un eventuale riscaldamento si interrompa, seguito da un’inversione di tendenza. Secondo lo studio, basato su dati dell'Institute of Atmospheric Physics, dal 2023 al 2024 l'aumento del contenuto di calore oceanico a livello globale, nella parte superiore dei primi 2000 metri, è stato pari a 16 ZettaJoule (zetta = 1021)[1], circa 140 volte la produzione totale di elettricità mondiale nel 2023.

Il rapporto globale sul clima dell’OMM, di cui ho anticipato qualcosa lo scorso marzo, ha fornito i dettagli completi sui principali indicatori del cambiamento climatico, tra cui ovviamente il quantitativo di gas serra, le temperature superficiali, il calore degli oceani, l’innalzamento del livello del mare, il ritiro dei ghiacciai e dell’estensione del ghiaccio marino; oltre che dettagli sugli eventi ad alto impatto.

Se gli oceani si scaldano il Mediterraneo lo fa ancora più velocemente…

Istituto di fisica atmosferica (Accademia cinese delle scienze)

 

Sebbene l’accordo di Parigi, di cui ho scritto anche di recente, non fornisca una definizione specifica, quanto allora concordato suggeriva (di più non poteva fare) di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C e comunque di non andare oltre 1,5 °C. Riferendosi a periodi di almeno un decennio, e il decennio è passato.

Lo scorso gennaio Guterres aveva anche invitato i governi a presentare quest'anno nuovi piani nazionali d'azione per il clima, per limitare l'aumento della temperatura globale a lungo termine a 1,5°C e a sostenere l'accordo per i paesi più vulnerabili che soffriranno del cambiamento climatico con impatti devastanti (per approfondire l’aspetto sociale si veda anche qui, e qui).

A parte il trovarsi probabilmente fuori tempo massimo di…buone intenzioni sono lastricate le strade dell’inferno. I programmi? Non pervenuti.

I picchi di temperatura a breve termine, nel quadro complessivo del riscaldamento a lungo termine, possono certamente esser stati causati da fenomeni naturali come El Niño, che si è verificato da metà 2023 a maggio 2024; così come il suo complemento, La Niña, è stata la causa di anomalie di temperatura e fenomeni meteorologici non conformi al periodo estivo di quest’anno e sarà probabilmente causa di eventi futuri.

Poiché comunque il riscaldamento globale continua, sono necessari monitoraggio e comunicazione continui, soprattutto rispetto all'obiettivo di temperatura a lungo termine dell'accordo di Parigi: il cui scopo principale è aiutare i decisori politici nelle loro deliberazioni.



[1] Per avere un riferimento la quantità totale di energia che ogni secondo investe la Terra, decurtata della parte riflessa (il 30% di quella incidente), è pari a 170.000 TW, ovvero 1,717 Joule/s; per fare un confronto la quantità totale che viene utilizzata a scopi energetici sul pianeta, per tutto, dal traffico aereo ai caricabatteria, è pari a 13 TW, l'umanità nel suo complesso circa 40 TW.