Factcheck: il rapporto di Trump sul clima include più di 100 affermazioni false o fuorvianti
Ultima tra le azioni
dell’amministrazione attuale quella di aver incaricato il Dipartimento
dell’Energia (DoE) degli Stati Uniti di redigere e pubblicare un rapporto
intitolato "A critical review of impacts of greenhouse gas emissions on the US climate” a cui ho
fatto riferimento in un mio recente post, anche se per
introdurre tutt’altro. In sintesi, il rapporto rivede radicalmente il
cosiddetto consenso scientifico
in tema di cambiamento climatico, contrapponendosi a quanto, pressoché
quotidianamente, viene confermato dalle sintesi di migliaia di pubblicazioni
scientifiche, e soprattutto al contenuto del Sesto Rapporto di Valutazione
dell’IPCC (AR6),
la sintesi più autorevole, completa e condivisa della
letteratura scientifica sul clima.
In altre parole l’amministrazione
Trump ha commissionato ciò che ritiene essere una “valutazione critica”
che giustifichi l’inversione di tendenza delle normative statunitensi sul
clima.
Il documento
DoE contiene almeno 100 affermazioni false o fuorvianti.
Fact-checking
Ebbene, ad appena un mese dalla
pubblicazione del documento del DoE, su incarico di “Carbon Brief”, un ente britannico specializzato
nell'analisi e nella comunicazione di questioni legate al clima, alla scienza e
alla politica energetica, un gruppo costituito da decine di scienziati del
clima, ha prodotto un ricco ed ampiamente documentato documento di fact-checking,
ovverosia di controllo delle affermazioni e delle dichiarazioni, effettuando un
vero e proprio processo peer review. Il
documento, in modalità interattiva, è disponibile sul sito di Carbon Brief e
accessibile con il link ripetuto qui sotto.
Nota importante: in seguito agli attacchi dell'amministrazione
Trump alla scienza , alcuni collaboratori hanno chiesto di rimanere
anonimi.
In un mio successivo post mi
occuperò di analizzarlo in parte, lasciando gli approfondimenti all’originale.
Factcheck: Trump’s climate report includes more
than 100 false or misleading claims
Questo rapporto, di ben 140 pagine,
guarda caso è stato pubblicato dal DoE il 23 luglio scorso, pochi giorni prima che il
governo presentasse i piani per revocare qualsiasi provvedimento che sia basato
sulla certezza scientifica che il riscaldamento climatico in atto è di origine
antropica e causato dalle emissioni di gas serra, in primo luogo di CO₂.
Revocare quindi quanto attinente al controllo delle emissioni, in perfetta
linea, tanto per fare un esempio, con lo slogan drill, baby drill! di
entrambe le campagne elettorali di Trump.
Il riassunto esecutivo del
controverso rapporto afferma, erroneamente,
che il «riscaldamento indotto dal CO2 potrebbe essere meno
dannoso dal punto di vista economico di quanto comunemente si creda». Afferma
inoltre, in modo fuorviante che «politihe
di mitigazione [delle emissioni] eccessivamente aggressive potrebbero rivelarsi
più dannose che benefiche».
Come più volte spiegato, è un
errore basilare ritenere che nella scienza incertezza significhi ignoranza, e
usare l’incertezza come scusa per l’inazione o per la negazione; al contrario, affidarsi
all’incertezza per rimandare interventi in grado di rallentare cambiamenti così
veloci, o di limitarne le conseguenze, è pericoloso. La storia della scienza
del clima insegna che le proiezioni fatte in passato si sono rivelate molto
spesso ottimiste, e l’iniziale incertezza si è risolta in maggiori motivi di
preoccupazione: l’incertezza prepara ad affrontare gli scenari peggiori.
Sul ruolo del dubbio nella ricerca
scientifica ne ho scritto tempo fa qui.
Il rapporto, come anticipato, è stato
concepito per fornire un fondamento scientifico a uno dei piani
dell'amministrazione Trump di revocare le
disposizioni “Endangerment finding” dell’EPA, che costituiscono il
prerequisito legale per la regolamentazione federale delle emissioni, oltre a
mettere in dubbio che l’EPA possa avere l’autorità legale sulla
regolamentazione delle stesse. Anche questo è un deja vu. Quando le
industrie produttrici di tabacco da fumo decisero di chiamare il fumo passivo fumo
ambientale, pensando di mitigare l’impatto psicologico, si diedero la zappa
sui piedi, perché entrò nella questione proprio l’EPA: se è ambientale è di
loro competenza, si disse. Da quel momento partì una campagna di negazione e
decostruzione delle evidenze scientifiche note che l’EPA avrebbe poi usato per
ergersi ad ente federale di controllo, limitazione e divieto.
Tornando al rapporto, questa constatazione di pericolo, emanata dall’amministrazione Obama nel
2009, afferma che esistono ben sei gas serra
che contribuiscono agli impatti netti negativi del cambiamento climatico e che,
quindi, mettono in pericolo la popolazione.
Ed ecco invece che, con un comunicato stampa del 29 luglio scorso, l'agenzia per la
protezione ambientale degli Stati Uniti ha affermato che «studi e
informazioni aggiornati hanno messo in discussione le precedenti ipotesi»,
quanto fu dichiarato nel 2009. Si noti l’uso del termine ipotesi, ad
indicare che già allora solo di questo si trattava, nulla di certo: il dubbio…
Carbon Brief ha chiesto a un'ampia
gamma di climatologi, compresi tutti quelli che gli autori della revisione
critica hanno citato, di verificare i fatti a sostegno delle varie
affermazioni e delle dichiarazioni contenute nel rapporto.
Fonte Climalteranti.it |
Difetti evidenti del rapporto DoE
Nella tabella precedente sono riportate le principali differenze macroscopiche tra le affermazioni contenute nel rapporto del DoE e quanto presente invece nel documento IPCC AR6. Per non appesantire troppo la lettura in un mio post successivo esaminerò qualcuna delle considerazioni fatte dal gruppo di Carbon Brief, a ribadire ed ampliare quanto ho già esposto di recente in un altro mio post.
Per un approfondimento ovviamente rimando al sito Carbon Brief.
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