Le menzogne di Trump

 Factcheck: il rapporto di Trump sul clima include più di 100 affermazioni false o fuorvianti

Immagine della mappa interattiva a disposizione sul sito di Carbon Brief: le pagine evidenziate in rosso contengono affermazioni false, mentre quelle evidenziate in arancione contengono affermazioni fuorvianti. Le pagine possono contenere più di un'affermazione falsa o fuorviante. Le pagine non colorate rappresentano parti del rapporto che sono state dichiarate accurate dall'autore citato o che non hanno ricevuto alcun commento dagli esperti invitati. 

No. Non è un commento dei fatti recenti e relativi all'incontro con Putin; ma potrà comunque servire a capire con chi il mondo ha avuto e avrà a che fare.

Fin dall’inizio del suo secondo mandato, con diversi segnali fin dalla campagna elettorale, in tema ambientale s’era capito dove stesse andando a parare Trump, e ne avevo scritto lo scorso gennaio. Immediatamente a seguire una serie di colpi, definiti mortali non a caso, alla stragrande maggioranza delle agenzie federali, soprattutto quelle che si occupano di ambiente, agli istituti di ricerca, alle università, e via dicendo.

Ultima tra le azioni dell’amministrazione attuale quella di aver incaricato il Dipartimento dell’Energia (DoE) degli Stati Uniti di redigere e pubblicare un rapporto intitolato "A critical review of impacts of greenhouse gas emissions on the US climate” a cui ho fatto riferimento in un mio recente post, anche se per introdurre tutt’altro. In sintesi, il rapporto rivede radicalmente il cosiddetto consenso scientifico in tema di cambiamento climatico, contrapponendosi a quanto, pressoché quotidianamente, viene confermato dalle sintesi di migliaia di pubblicazioni scientifiche, e soprattutto al contenuto del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC (AR6), la sintesi più autorevole, completa e condivisa della letteratura scientifica sul clima.

La pubblicazione del DoE è volta a sostenere la recente iniziativa dell’EPA (Environmental Protection Agency) che prova a confutare la “Endangerment Finding” del 2009 (rilevamento del pericolo), ossia il riconoscimento ufficiale da parte dell’EPA che la CO₂ e altri gas serra rappresentano una minaccia per la salute e il benessere pubblico, e che costituisce, almeno finora, la base legale per tutte le successive politiche federali di mitigazione del cambiamento climatico negli Stati Uniti. Il rapporto del DoE rappresenta quindi il tentativo di giustificare, dal punto di vista scientifico, l’abbandono di qualsiasi politica di contenimento delle emissioni di gas serra, usando vecchi argomenti del negazionismo climatico degli ultimi 20 anni, come i presunti benefici della CO₂ per l’agricoltura, l’incertezza dei modelli climatici e le presunte esagerazioni dei danni stimati per i cambiamenti climatici. Una vera e propria manna per i negazionisti e gli scettici radicali.

In altre parole l’amministrazione Trump ha commissionato ciò che ritiene essere una “valutazione critica” che giustifichi l’inversione di tendenza delle normative statunitensi sul clima.

Il documento DoE contiene almeno 100 affermazioni false o fuorvianti.

Fact-checking
Ebbene, ad appena un mese dalla pubblicazione del documento del DoE, su incarico di “Carbon Brief”, un ente britannico specializzato nell'analisi e nella comunicazione di questioni legate al clima, alla scienza e alla politica energetica, un gruppo costituito da decine di scienziati del clima, ha prodotto un ricco ed ampiamente documentato documento di fact-checking, ovverosia di controllo delle affermazioni e delle dichiarazioni, effettuando un vero e proprio processo peer review. Il documento, in modalità interattiva, è disponibile sul sito di Carbon Brief e accessibile con il link ripetuto qui sotto.

Nota importante: in seguito agli attacchi dell'amministrazione Trump alla scienza , alcuni collaboratori hanno chiesto di rimanere anonimi.

In un mio successivo post mi occuperò di analizzarlo in parte, lasciando gli approfondimenti all’originale.

Factcheck: Trump’s climate report includes more than 100 false or misleading claims

Questo rapporto, di ben 140 pagine, guarda caso è stato pubblicato dal DoE  il 23 luglio scorso, pochi giorni prima che il governo presentasse i piani per revocare qualsiasi provvedimento che sia basato sulla certezza scientifica che il riscaldamento climatico in atto è di origine antropica e causato dalle emissioni di gas serra, in primo luogo di CO₂. Revocare quindi quanto attinente al controllo delle emissioni, in perfetta linea, tanto per fare un esempio, con lo slogan drill, baby drill! di entrambe le campagne elettorali di Trump.

Il riassunto esecutivo del controverso rapporto afferma, erroneamente, che il «riscaldamento indotto dal CO2 potrebbe essere meno dannoso dal punto di vista economico di quanto comunemente si creda». Afferma inoltre, in modo fuorviante che «politihe di mitigazione [delle emissioni] eccessivamente aggressive potrebbero rivelarsi più dannose che benefiche».

Redatto, in soli due mesi, da cinque ricercatori indipendenti selezionati personalmente dal segretario all'energia statunitense Chris Wright, un noto scettico nei confronti del cambiamento climatico, e altrettanto noto imprenditore nel settore dei combustibili fossili. Fin dall’inizio il documento ha scatenato aspre critiche da parte degli scienziati del settore, che hanno evidenziato errori di fatto, travisamenti della ricerca, citazioni disordinate e una selezione accurata dei dati (il cosiddetto cherry picking). Il documento inoltre somiglia in moltissime sue parti ad una memoria legale prodotta per difendere l’imputato: in questo caso il biossido di carbonio.

Come più volte spiegato, è un errore basilare ritenere che nella scienza incertezza significhi ignoranza, e usare l’incertezza come scusa per l’inazione o per la negazione; al contrario, affidarsi all’incertezza per rimandare interventi in grado di rallentare cambiamenti così veloci, o di limitarne le conseguenze, è pericoloso. La storia della scienza del clima insegna che le proiezioni fatte in passato si sono rivelate molto spesso ottimiste, e l’iniziale incertezza si è risolta in maggiori motivi di preoccupazione: l’incertezza prepara ad affrontare gli scenari peggiori.

Sul ruolo del dubbio nella ricerca scientifica ne ho scritto tempo fa qui.

Il gruppo di lavoro di Wright, inoltre, sostiene che il rapporto, attualmente aperto al commento pubblico nell'ambito di una revisione di 30 giorni, è stato sottoposto al peer review…da parte di personale interno al DoE: insomma, come si dice, se la sono suonata e ora se la cantano. A sottolineare questo aspetto l'analisi di Carbon Brief rileva, inoltre, che dei 350 riferimenti inclusi nel documento, quasi il 10% è opera degli stessi autori del rapporto.

Il rapporto, come anticipato, è stato concepito per fornire un fondamento scientifico a uno dei piani dell'amministrazione Trump di revocare le disposizioni “Endangerment finding” dell’EPA, che costituiscono il prerequisito legale per la regolamentazione federale delle emissioni, oltre a mettere in dubbio che l’EPA possa avere l’autorità legale sulla regolamentazione delle stesse. Anche questo è un deja vu. Quando le industrie produttrici di tabacco da fumo decisero di chiamare il fumo passivo fumo ambientale, pensando di mitigare l’impatto psicologico, si diedero la zappa sui piedi, perché entrò nella questione proprio l’EPA: se è ambientale è di loro competenza, si disse. Da quel momento partì una campagna di negazione e decostruzione delle evidenze scientifiche note che l’EPA avrebbe poi usato per ergersi ad ente federale di controllo, limitazione e divieto.

Tornando al rapporto, questa constatazione di pericolo,  emanata dall’amministrazione Obama nel 2009, afferma che esistono ben sei gas serra che contribuiscono agli impatti netti negativi del cambiamento climatico e che, quindi, mettono in pericolo la popolazione.

Ed ecco invece che, con un comunicato stampa del 29 luglio scorso, l'agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti ha affermato che «studi e informazioni aggiornati hanno messo in discussione le precedenti ipotesi», quanto fu dichiarato nel 2009. Si noti l’uso del termine ipotesi, ad indicare che già allora solo di questo si trattava, nulla di certo: il dubbio…

Carbon Brief ha chiesto a un'ampia gamma di climatologi, compresi tutti quelli che gli autori della revisione critica hanno citato, di verificare i fatti a sostegno delle varie affermazioni e delle dichiarazioni contenute nel rapporto.

Fonte Climalteranti.it

Difetti evidenti del rapporto DoE
Nella tabella precedente sono riportate le principali differenze macroscopiche tra le affermazioni contenute nel rapporto del DoE e quanto presente invece nel documento IPCC AR6. Per non appesantire troppo la lettura in un mio post successivo esaminerò qualcuna delle considerazioni fatte dal gruppo di Carbon Brief, a ribadire ed ampliare quanto ho già esposto di recente in un altro mio post.

Per un approfondimento ovviamente rimando al sito Carbon Brief.

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