Negare, come distruggere, è facile. Capire, come costruire, è difficile.

 


No, non è un post contro il tabagismo, su cui ho già avuto modo di portare la mia testimonianza diretta, ma partendo dal comportamento suicida del fumatore cercherò ancora una volta di entrare nelle teste dei negazionisti climatici, soprattutto i pochissimi in buona fede (lo so, è un ossimoro…).

Di fronte ad una minaccia incombente a nessuno piace sentirsi dire, di primo acchito, che occorre cambiare radicalmente le proprie abitudini, che il presente consolidato non è più adeguato. Di fronte agli scenari che il cambiamento climatico prospetta sapere che occorre cambiare il sistema economico e comportamentale fa ancora più paura, e in molti, scatta lo spettro del complotto in atto, che dietro tutto ciò ci sia qualcuno che paventa situazioni pro domo sua. Nella sua lectio magistralis del 2015 Umberto Eco aveva ben inquadrato il problema. 

Se tutto ciò da un lato è psicologicamente normale, d’altra parte in realtà è ancora più insidioso il fatto che porti ad una specie di dissociazione cognitiva verso le conseguenze temporali delle nostre azioni, quello che è comunemente chiamato bias, una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio, condizionati da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.

Più o meno quel che accade nella testa di un fumatore che, nonostante su ogni pacchetto ci sia scritto che fumare uccide, o che provoca malattie invalidanti, continua a farlo imperterrito, e se glielo fai notare ti guarda male dandoti come minimo dello iettatore (per esperienza, da ex fumatore, confermo); anche qualora il fumatore sia conscio, in un lampo di razionalità, dei pericoli che sta correndo il fastidio viene immediatamente soppresso dietro lo schermo della mancata percezione del problema causata dall’intervallo temporale anche molto lungo che gli si prospetta davanti: la dissociazione permette di distinguere tra il morire subito causato dall’ingestione di una capsula di cianuro, e il morire lentamente, magari ammalandosi, tra 30 o 40 anni, o peggio, con un velo di complottismo, trincerandosi dietro il sillogismo personale, che come noto non fa statistica, che mio nonno fumava come un turco ed è campato 100 anni!

Ebbene, e torniamo in tema, Il bias cognitivo che affligge le menti intorpidite dei negazionisti climatici (o negazionisti in genere, come quelli che affermano che l’uomo non è mai stato sulla Luna o che la Terra è piatta), è come quello dei fumatori, che nonostante vedano scritto ovunque 'il fumo uccide' (e lo sappiano benissimo) continuano imperterriti a fumare, con la tosse mattutina, iniziando a vedere qualche problema senza nemmeno immaginare quelli che potranno essere i problemi veri.

Più volte su queste pagine è stato scritto che la mente umana non è preparata a gestire problemi e sistemi complessi, e soprattutto non riesce a ragionare in termini temporali che riguardino un futuro lontano; non ha, per dirla con una metafora, la mentalità dei costruttori di cattedrali che, progettandole e realizzandole, sapevano che sarebbero dovute durare secoli o addirittura millenni!

Così come il fumo è inequivocabilmente e scientificamente provato sia letale, in tema di cambiamento climatico legato alle attività umane a partire da un paio di secoli a questa parte, ci sono più di cento anni di verifiche scientifiche, tutte estremamente autorevoli, e che sono già state discusse nei decenni precedenti ad oggi, rendendo inutile tornarci su; quindi, chi continua a proporre e rispondere con le tesi che definiamo negazioniste non ha fondamentalmente accettato le acquisizioni della ricerca precedente. Avere dubbi nel 1950 poteva andar bene, al limite anche nei primi anni Settanta quando, soprattutto uno stimato ricercatore, a causa di un modello climatico incompleto, prospettò un raffreddamento.

Ma oggi questi dubbi sono stati tutti confutati e addirittura, a voler essere precisi, sono stati fugati, tant'è che il primo rapporto di consenso scientifico sul cambiamento climatico di origine antropogenica, generato cioè dalle attività umane, è del 1979, un rapporto di consenso siglato dall’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti.

E già allora inizia a germogliare la gramigna del negazionismo climatico, sovvenzionata ed alimentata da tutti coloro i quali ritenevano che qualsiasi regolamentazione avrebbe ridotto, se non impedito, la regola d’oro: profitto ad ogni costo e a breve termine.

In testa a tutti proprio il mondo «Big Oil» (il mondo delle aziende direttamente coinvolte nella estrazione, produzione e vendita dei combustibili cosiddetti fossili).  Per ovvi motivi quindi, ma in ottima compagnia di imprenditori e politici, e quanto più si intensificavano le reazioni o le azioni genericamente dette ambientaliste, quanto più il negazionismo si espandeva e faceva proseliti cercando di dimostrare che diverse posizioni contrastanti erano in dibattito tra loro: nulla di tutto ciò, nessun dibattito o possibilità di dibattere, da un lato fatti e dati scientifici e dall’altro menzogne manipolate ad arte, con tecniche così sofisticate da rendere plausibili le loro tesi, così come un fotomontaggio potrebbe rendere plausibile la scalata dell’Everest per chiunque. Dopo tutto, se «Big Tobacco» per decenni ha negato persino l’evidenza che il fumo è dannoso per la salute fino ad uccidere può non averlo fatto «Big Oil»?

Ma nonostante le grandi manovre della negazione da allora in poi non si è fatto altro che acquisire nuovi dati e nuove conferme: e purtroppo le tesi negazioniste prosperano rilanciate dalla grancassa che i social forniscono e alimentate da un rumore di fondo, da un disturbo, generato essenzialmente dalla paura di cambiare, di affrontare qualcosa di diverso. Basta seguire una qualsiasi pagina social che si occupi di cambiamento climatico e leggere i molti commenti di stampo negazionista. Ma al peggio non c’è mai fine si dice.  

C'è tuttora una parte di mondo scientifico che nega questa acquisizione scientifica, facendo proseliti disinformati. Ad esempio ho trovato quanto meno curiosa l’attenzione che si è rivolta al Nobel per la fisica John Clauser (premiato per i suoi lavori sulla Meccanica Quantistica nel 2022, e che non ha mai lavorato su nulla relativo al clima o alla fisica dell’atmosfera), mentre si è talvolta preferito ignorare i Nobel del 2021, sempre in fisica, conferiti a tre climatologi proprio per aver correttamente previsto e modellizzato il riscaldamento globale antropogenico.

L’opinione non suffragata di un singolo, per quanto illustre, non conta nulla a fronte dei tre pilastri principali del consenso scientifico: i dati, le equazioni e i modelli. Al momento attuale, la stragrande maggioranza di coloro che si occupano di climatologia è soddisfatta dalla spiegazione antropogenica del riscaldamento globale, a fronte dei dati, delle equazioni e dei modelli a nostra disposizione, e nessuna delle ipotesi alternative, e men che meno le opinioni alternative, soddisfa questi criteri.

E qui sta il punto. Le voci discordanti, ancorché da parte di persone acculturate scientificamente, vengono da un mondo che non appartiene alla climatologia ma occupano altre categorie di discipline scientifiche che purtroppo si inseriscono in questo dibattito o per motivi di interesse economico o semplicemente per motivi ideologici, e quindi remano contro usando la scienza, ma non quella della climatologia. Se ci addentriamo nel variegato settore delle scienze del sistema Terra, che sono ormai molto più ampie della climatologia in sé, comprendendo come minimo anche l'oceanografia, la glaciologia, la biologia e la geologia, tutte stanno riscontrando gli effetti dell'aumento di temperatura e c'è consenso totale sulla responsabilità dell'uomo di questo aumento di temperatura; chi si inserisce a gamba tesa, spesso forzatamente cercando di creare dibattito dove non c’è, negando le evidenze consolidate molto spesso non appartiene all'ambito disciplinare delle scienze del sistema terra, della meteorologia e del clima. E figuriamoci quanto possa contare l’opinione non suffragata da fatti di tutti coloro i quali non hanno nemmeno quelle conoscenze scientifiche minime per affrontare gli argomenti. Dopo tutto, se i fumatori riescono a negare a loro stessi quanto ormai evidente in fatto di rischi sulla salute nell’immediato delle loro stesse vite (e altrui, considerati anche i danni da fumo passivo) è, per quanto assurdo, comprensibile che possano negare quanto non riescono a materializzare, nemmeno di fronte a record continui di temperature in crescita o ad un aumento esponenziale dei fenomeni meteorologici estremi.

Il negazionismo del clima da 70 anni trova il modo per inquinare la scienza e screditare la comunità scientifica seria e purtroppo, la cosa è spesso guidata: una ricerca pubblicata su Nature pochi anni fa svelò come i gruppi di interesse e dell'industria dell'energia fossile ostacolano le politiche ambientaliste. E la disinformazione si adatta ai tempi.

Ma quali sono gli argomenti che, come un disco rotto, i negazionisti climatici cavalcano, spesso scimmiottando il sentito dire per puro spirito di contrapposizione?

Il fattore CO2 – Tesi negazionista #1
Innanzi tutto tutte le tesi negazioniste fanno leva sul non accettare la correlazione tra tenore di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera e aumento della temperatura. Per approfondire suggerisco la rilettura di questo post, e di quest’altro.


Da 800.000 anni a questa parte non abbiamo mai avuto una concentrazione di CO2 in atmosfera così alta (siamo poco sopra le 420 ppm) e il valore attuale è di circa il 30% superiore a quello massimo registrato andando indietro nel tempo (circa 300 ppm durante l’interglaciale di 300.000 anni fa), di poco inferiore a quanto si aveva nel 1960, seguito da una crescita vertiginosa. Questo 30 per cento in più che abbiamo oggi in atmosfera deriva da un fattore esterno: l’attività dell’uomo che in un tempo enormemente breve ha liberato il carbonio trattenuto dei depositi di petrolio, gas naturale, carbone che hanno impiegato milioni di anni per formarsi, o che è stato liberato dall’abbattimento e dalla distruzione di dozzine di milioni di ettari di foreste, alterando pesantemente il ciclo di questo elemento chimico, sia quello atmosferico più veloce che quello geologico, lentissimo. Ed è questa la causa principale che sta creando l'aumento di temperatura che osserviamo. 

Quando un negazionista in grado di capirlo, osserva un grafico come quello precedente tendenzialmente tende a invertire il rapporto causa-effetto con cui fenomeni si verificano. Se da un lato si afferma, correttamente, che all’aumentare del tenore di CO2  la temperatura aumenta, loro dicono che è invece l'aumento della temperatura dovuto un fattore esterno ad aumentare il quantitativo di questo gas; ma, come ha ben detto qualcuno, “I polli non fanno le uova, perché nascono dalle stesse”. La relazione tra CO2 e temperatura è nota e studiata almeno dal 1861, ed è stata definitivamente consacrata dal lavoro di Svante Arrhenius del 1896. Che specifici incrementi di CO2 possano seguire gli incrementi di temperatura è dovuto all’immissione in atmosfera di CO2 intrappolata nella criosfera e nell’idrosfera, nelle quali la solubilità del CO2 decresce proprio a seguito degli incrementi di temperatura. 

Quindi, la risposta da dare a questo tipo di negazione è che, cosa nota appunto fin dal XIX secolo, il CO2 è un cosiddetto fattore forzante dell’aumento di temperatura, una specie di interruttore del riscaldamento globale. In passato, in alcune situazioni innescate da fenomeni completamente naturali, in assenza del genere umano in definitiva, il CO2 è stato emesso come elemento di feedback che ha amplificato la forzante originale. Ad esempio, durante certi cicli interglaciali l’aumento di temperatura sul pianeta è stato inizialmente innescato da un cambiamento di intensità della radiazione solare, e questo aumento ha favorito la degassazione degli oceani per evaporazione, la liberazione di gas serra e la fusione dei ghiacci, soprattutto quelli contenuti nel permafrost. A questo punto il sistema Terra è entrato in risonanza: più caldo, più CO2, più biossido di carbonio più caldo…

Nella situazione attuale non abbiamo invece avuto nessuna forzante esterna al pianeta ad iniziare l’aumento di temperatura, ma è stata proprio la quantità in eccesso di CO2 liberata in atmosfera dalle attività umane ad iniziare la crescita delle temperature. E la fonte di questo eccesso è dovuta, lo ribadiamo, all’utilizzo di combustibili fossili, prodotti, in misura diversa per i vari comparti, dalle attività umane. Non ha tutto sommato molta importanza avere una causa giustificante il primo inizio di riscaldamento, l’importante è comprendere e accettare che l’accelerazione ha la sua causa nell’immissione in eccesso di gas serra, governandone l’andamento futuro, innescando altri feedback positivi (solo un paio di esempi: la fusione dei ghiacci innesca un lento ma inesorabile aumento dei livelli medi dei mari e l’immissione di acqua dolce può alterare i cicli delle correnti oceaniche in maniera drammatica). E si tenga inoltre conto che mentre ne parliamo si continua ad immettere in atmosfera gas serra ad un tasso praticamente uguale a quanto fatto finora ed avendo già attivato quel che chiamiamo tipping point, punti di non ritorno. Il passaggio da quel circa 300 ppm all’attuale 420 ha la sua causa principale nelle attività umane.

Cherry picking  - Fattore negazionista #2
Questa colorita espressione inglese altro non è che un modo popolare di descrivere una fallacia logica, caratterizzata dall'attitudine da parte di un individuo volta ad ignorare tutte le prove che potrebbero confutare una propria tesi ed evidenziando solo quelle a suo favore. Insomma, il suddetto nonno fumatore che è campato 100 anni…

Sulla pagina Wikipedia dedicata al cherry picking c’è giusto un bel grafico con didascalia applicato al negazionismo climatico basato su questi errori logici.

Ad esempio, alle nostre latitudini, dopo anni di temperature decisamente sopra la media, anche in inverno, quest’anno, con l’autunno piovoso e addirittura nevoso fin dai primi di settembre sulle Alpi, i negazionisti si sono scatenati. Che poi, fateci caso, se le temperature sono decisamente sopra la media, come nella torrida estate appena trascorsa, costoro tacciono; ma basta un po’ di tramontana, figuriamoci una nevicata inattesa, e subito si fanno sentire gridando a gran voce la loro negazione.

Proprio questo è un altro argomento su cui mediamente fanno leva i negazionisti. Occasionalmente capita in questi anni di aver avuto ondate di freddo anomalo (paradossalmente causate dal riscaldamento globale), molto intense e fuori stagione, e questi episodi vengono amplificati e rilanciati come prove che non c’è affatto nessun riscaldamento della Terra in atto, anzi: un giorno freddo automaticamente serve a cancellare centinaia di giorni caldi, basta un giorno freddo per farlo diventare tendenza climatica di lungo periodo.

Un classico: una confusione inestricabile tra eventi meteorologici, concentrati nel tempo e nello spazio, e tendenze climatiche che, per essere tali, devono essere durevoli su una scala ultradecennale. Se volessimo semplificare, il clima è la media ultradecennale delle condizioni meteorologiche, e queste sono quanto quotidianamente si verifica.

Così come speranza e aspettativa anche meteo e clima sono due cose completamente diverse, e lo si è ribadito spesso. Il famoso matematico e meteorologo Edward Lorenz diceva che “Il clima è ciò che ti aspetti, il meteo è ciò che ottieni”.

Gli eventi meteorologici sono localizzati nel tempo e nello spazio: una nevicata in giugno non significa che si sta andando verso un’era glaciale, né una giornata particolarmente calda a fine gennaio è prova di riscaldamento globale. In altre parole è come un’analisi sociologica in grado di mediare su grandi numeri di esseri umani pur sapendo che, presi singolarmente, potrebbero comportarsi imprevedibilmente.

Ma persino un qualche tipo di evento meteorologico, come la temperatura in una determinata ora del giorno, la quantità di millimetri di pioggia caduta o il valore della pressione atmosferica, se cumulati a formare una base di dati sufficientemente grande da poter applicare la cosiddetta legge dei grandi numeri, sono stati in grado di fornire un’evidenza statisticamente significativa del cambiamento climatico in atto, a partire da dati giornalieri.

A quanto pare, scalzare questo pregiudizio è di una difficoltà quasi insormontabile, a nulla vale rendergli la cosa semplice con un esempio del genere: nel 2023 sono stati battuti quasi mille record di caldo in altrettanti luoghi della Terra, mentre i record di freddo sono stati qualche decina. Vorrà pur dire qualcosa?

L’uomo non c’entra niente, dipende tutto dal Sole – Tesi negazionista #3
Ma ecco infine l’argomento principale dei negazionisti, accecati, letteralmente, dal Sole: come un mantra ripetono ossessivamente che la temperatura della Terra è determinata essenzialmente, se non esclusivamente, dall'intensità della radiazione solare, che può aumentare a seconda dell'attività del Sole, o dai cambiamenti di orbita dell’asse terrestre. E stendiamo il famoso velo pietoso sulle cause dovute alle attività vulcaniche o, nel peggiore dei casi, a segretissimi esperimenti di geoingegneria, talmente segreti che tutti (tutti i negazionisti) però conoscono.

Ma la Terra non è soltanto un sasso al Sole, come ho scritto tempo fa.

Da non molto tempo una voce ricorrente tra i negazionisti dice che sta per arrivare un grande minimo solare, un periodo di ridotta attività che provocherebbe, come realmente accaduto in passato (Minimo di Maunder), un generale raffreddamento dell’atmosfera. A nulla valgono le smentite da parte di voci autorevoli e ufficiali.

Ammettiamo pure che le cose stiano così. Ci sono stati e ci saranno periodi di attività solare ridotta, diciamo per 40 o anche 100 anni di seguito, a provocare un generale raffreddamento, forse più intenso in alcune zone che non in altre della Terra, ma in ogni caso parliamo di eventi estremamente puntuali, passati i quali il riscaldamento riprenderà la sua corsa, e senza contare che nel frattempo avremo continuato ad emettere gas serra, magari più intensamente che prima! Non si nega ovviamente l’importanza fondamentale dell’attività solare sull’andamento del clima terrestre, ci mancherebbe altro. Comunque, a guardare il grafico precedente, se fosse dipeso solo dall’attività solare, le temperature dovrebbero essere scese, anziché salite.


La climatologia è materia estremamente complicata e multifattoriale, e che coinvolge rami della scienza spesso estremamente distanti tra loro, e in tutto questo enorme calderone di gas serra, radiazioni solari, spostamenti orbitali, meccanismi a feedback positivo, padroneggiarne le basi è piuttosto difficile.

Sono passati ormai anni a sufficienza per avere prove dirette raccolte e tramandate dalle generazioni che ci hanno preceduto. Basta arrivare al tempo dei nostri nonni, un paio di generazioni, per ascoltare dai loro stessi racconti di come fosse il clima allora, per vedere fotografie di ghiacciai o verdi colline di un tempo sostituite oggi dai loro depositi morenici o da aride distese.

Negare, come distruggere, è facile. Capire, come costruire, è difficile.

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Edit 10 novembre 2024
. L'amico Aldo Piombino ha oggi pubblicato un interessantissimo post che traccia il quadro su chi siano esattamente i climascettici, cosa cerchino di spacciare per scienza consolidata e soprattutto come confutarne gli argomenti. Qui il lavoro.

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