E’ ormai prassi consolidata, alla quale non mi rassegno comunque, che ogni qual volta mi trovi a commentare o ad intervenire sui social in tema di cambiamento climatico, di riscaldamento globale o di argomenti a ciò connessi, debba confrontarmi nel solito stancante dibattito con taluni laddove dibattito non c’è. E, citando me stesso, fluctuat nec mergitur, non mollo, e continuerò incaponito, a cercare di contrastare le voci del dissenso ignorante, anche se il risultato fosse ricondurre sulla via della ragione, uno solo delle dozzine di inutili idioti che si incontrano quotidianamente.
Sulla pagina da cui ho preso questa immagine (l’anomalia di temperatura di oggi, 19 febbraio 2024, comparata con le medie del periodo 1979-2020) è triste e desolante osservare ogni volta i soliti commenti. Triste perché questi esperti da tastiera, guardando solo al loro orticello, non si rendono conto che, stante il cambiamento climatico in atto, ci saranno dozzine di regioni del pianeta che andranno soggette a trasformazioni talmente importanti da rendere impensabile qualsiasi tipo di adattamento.
Non sono un climatologo. Ma nonostante questo, conoscendo quanto basta di fisica, di chimica, di geologia e di biologia, leggendo e studiando molto un tema che mi sta particolarmente a cuore, ho scritto almeno una dozzina di post divulgativi in tema: e l'ho fatto soprattutto perché nemmeno coloro i quali li hanno letti o li leggeranno sono climatologi. Sono persone che devono districarsi tra affermazioni contrastanti dei politici e dei media, schivare le bordate fatte di pura idiozia del commentatore medio(cre) dei social o del negazionista di turno. Quello che ha sempre un cugino che conosce un tipo che ne sa e la sa più lunga o che sciorina a pappagallo dei copia&incolla presi a casaccio senza nemmeno leggerli, figuriamoci capirli.
Se non è possibile spiegare le basi scientifiche e le predizioni associate al cambiamento climatico in modo semplice e accessibile, come possiamo pensare di ottenere un dibattito pubblico e un processo decisionale ragionevole sull'argomento?
L'obiettivo è innanzi tutto dare ai lettori una prospettiva informata sull'argomento: e ci sono dozzine di pagine, che grazie alla pazienza dei loro autori ci provano, così come ci provo su questo blog.
Se da un lato possono intimorire i dettagli dei modelli climatici su larga scala in grado di fornire previsioni accurate, la fisica del riscaldamento globale è semplice e si basa su principi scientifici elementari. E, per i più interessati, un gran numero di dati è accessibile su Internet liberamente.
Fate uno sforzo. Perché la scienza del cambiamento climatico deve essere il fondamento di ogni discussione e scelta politica. Non serve fare appello alle emozioni ed è del tutto sbagliato usare la strategia del terrore, tanto quanto è fuori luogo e deleterio adottare l'immobilismo negando le evidenze e la scienza.
Cercate di ottenere le corrette visione e comprensione per capire se quanto verrà proposto in termini di strategie specifiche sarà condivisibile, o per rifiutare i rischi dell'inazione.
E' il futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti e pronipoti in gioco. E dipende da noi, da quanto vorremo e sapremo capire.
Il delta del Mekong. Anche quel che non vediamo ci riguarda
Il cambiamento climatico è un fenomeno globale, e ciò significa innanzi tutto che non possiamo permetterci di evitare di porre attenzione su ciò che potrebbe succedere chissà dove: come tematica di portata globale, può manifestarsi in migliaia di modi diversi in migliaia di luoghi diversi (un accenno alle interconnessioni globali è disponibile in questo mio vecchio post sul fenomeno “ENSO - El Niño Southern Oscillation”).
Una delle più strazianti e straordinarie esplorazioni del XIX secolo fu quella del 1866 della Commissione francese per il fiume Mekong. In due anni fu coperta una distanza pari all’intera lunghezza dell’Africa: su venti uomini partiti da Saigon e arrivati fino alla Yangtze in Cina, sette non tornarono.
Ecco come uno scrittore descrive l’ultimo tratto del Mekong verso il mare.
«Il Mekong scende di soli sei metri negli ultimi ottocento chilometri, ma il delta è così basso che il fiume sembra, e spesso lo è, l'elemento più alto del paesaggio. Il terreno è così piatto che, da un ponte superiore, è necessario tenere conto della curvatura terrestre nel contare i piani di una pagoda distante…Dopo essersi spinto per migliaia di chilometri attraverso gole montane e fitte foreste, è come se il fiume non fosse convinto di farcela. Come dopo l'apertura di una paratoia, si diffonde attraverso la pianura, dipanandosi in fiumiciattoli, strattonando i ponti, crogiolandosi in lagune e, in generale, approfittando dei suoi primi e ultimi chilometri privi di ostacoli…Si dice che il delta produca più riso di qualsiasi altra regione al mondo di pari estensione. Prati e fango si trovano poco al di sotto della superficie d'acqua luccicante. Ma poiché la produzione del riso è una forma di coltura idroponica, negli ultimi sei mesi dell'anno i campi diventano laghi e il paesaggio diventa acquatico.» (da “Mad about the Mekong” di John Keay)
Poiché la parte inferiore del delta del Mekong, a sud di Phnom Penh, si trova poco al di sopra del livello del mare ed è straordinariamente piatta, la scarsa profondità del fiume genera una notevole variazione nel corso dell'anno. Nei pressi di Phnom Penh il fiume si unisce al Tonlé Sap e al suo sistema lacustre. A seconda delle stagioni e della profondità variabile del fiume, la direzione di scorrimento del Tonlé Sap si inverte: in alcuni periodi dell'anno diventa un affluente del Mekong, in altri periodi il flusso si inverte e le piene risalgono il fino al suo grande lago. Ma non è tutto.
Oltre ai suoi alti e bassi annuali, il delta del Mekong è sottoposto a una variazione giornaliera che, sebbene non sia unica al mondo, è in ogni caso abbastanza rara da aver attirato l'interesse dei primi viaggiatori occidentali - e da sorprendere tutti noi che ne sentiamo parlare per la prima volta. Per gran parte dell'anno, il delta sperimenta una sola alta marea giornaliera proveniente dal Mar Cinese circostante, e ovviamente una sola bassa marea, contrariamente alle più comuni due alte maree e due basse maree (maree diurne, questo è il nome che si da alle singole maree nel corso delle 24 ore).
Senza ricorrere alle ottime e tuttora valide spiegazioni che diede Newton a proposito del fenomeno delle maree e nonostante taluni che affermano che ancora oggi nessuno ha capito cosa le causi (…) la reale ampiezza e frequenza delle maree dipende dalle condizioni locali, soprattutto dalla conformazione e dalla combinazione di terre emerse e bacini marini.
Inoltre, il punto chiave è che la Luna non compie un’orbita intorno all’equatore terrestre ma ha un piano orbitale inclinato rispetto all’asse equatoriale (in cicli di 18 anni passa da 28 a 18 gradi). Anche se siamo abituati a vedere i mappamondi con l’asse terrestre inclinato di circa 23 gradi rispetto al piano orbitale visualizziamo la coppia Terra-Luna in un sistema di riferimento in cui l’asse di rotazione è verticale: aiuterà a vedere il piano orbitale della Luna intorno alla Terra, inclinato rispetto all’equatore. Come nella figura seguente:
A grandi linee, data la latitudine del Vietnam e la posizione della Luna, mentre il delta del Mekong ruota insieme alla Terra, il mare della regione tende a sperimentare un’alta marea quando il Vietnam meridionale si trova sul lato esposto verso la Luna, dove il rigonfiamento è grande, e una bassa marea dodici ore dopo quando si trova dal lato opposto, dove l’acqua si è ritirata e non c’è alcun rigonfiamento. Tutto questo gioca un ruolo importante nel futuro dell’ecosistema del Mekong. Ancora Keay:
«Questa madre-di-tutte-le-maree giornaliera potrebbe, ovviamente, causare disastri al delta. Un'inondazione salata, anche solo una volta al giorno, potrebbe rapidamente inacidire la scodella di riso più grande del mondo e trasformare il verde abbagliante delle risaie in fangose boscaglie di mangrovie come quelle lungo il Donnai a valle di Saigon. Ciò che impedisce un tale disastro è l'imponenza del maestoso Mekong. La marea che avanza incontra il fiume che discende e, nel miglior esempio di equilibrio ecologico, scendono a patti. Il fiume si innalza, trovando la strada sbarrata dalla marea. L'arretramento del fiume, causato da una grande diurna, è evidente a monte fino a Phnom Penh e oltre. Ma lì, e nei successivi trecento o quattrocento chilometri a valle, la salinizzazione è pressoché assente…Il fiume protegge il delta dal suo nemico più letale perché l'innalzamento riguarda in massima parte le sue acque, e non quelle del Mar Cinese.»
Il Mekong contiene la più alta densità al mondo di pesci d'acqua dolce, e si stima che ospiti oltre mille specie ittiche. Considerando che il Mekong sostenta una popolazione di oltre 60 milioni di persone, da esso vengono pescati ogni anno più pesci d'acqua dolce che in tutti i laghi e i fiumi degli Stati Uniti messi insieme. Nel corso dell’anno, le sue inondazioni nutrono le risaie con acqua e limo, e rendono il delta la scodella di riso più grande del mondo. Credo non occorra aggiungere altro su cosa accadrebbe a causa dell’innalzamento medio del livello dei mari causato dall’aumento delle temperature.
E veniamo al punto
Mentre alcuni dei più drammatici impatti del cambiamento climatico a livello globale potrebbero non manifestarsi per decenni, o persino secoli, il Mekong potrebbe essere una delle prime vittime nella battaglia per scongiurare queste conseguenze. La scarsa profondità del fiume, la piattezza del delta e le inondazioni causate sia dalle stagioni sia dal delicato equilibrio tra le maree e la dinamica fluviale rendono il delta del Mekong particolarmente sensibile persino al più piccolo cambiamento in uno qualsiasi di questi sistemi nel breve periodo. Abbiamo già avuto modo di descrivere quanto preziosi possano essere i sistemi fluviali, a livello globale, in questo post.
Il delta del Mekong è come il canarino che i minatori si portavano in miniera che sarebbe stato il primo a morire per esalazioni di gas tossici. Ma c’è di più.
Come ho già avuto modo di dire in passato, proprio a causa della sua ricchezza e del suo impatto diretto sull’enorme popolazione che lo circonda, il delta del Mekong genererebbe conseguenze molto al di là dei confini del Sudest asiatico. Anche se le caratteristiche del Mekong sono molto particolare ci sono diverse altre regioni del mondo in condizioni simili, in precario equilibrio tra forze ambientali opposte: le pianure del Bangladesh o quelle della Florida, la foce del Mississippi, tanto per citarne qualcuna.
Non molto tempo si fornirono le evidenze che un miliardo e mezzo di persone sono pronte a migrare dal sud del mondo verso il nord del mondo, e questo siamo noi: l’Occidente. Anzi, entro la fine del secolo il cambiamento climatico potrebbe portare, tra siccità da un lato e paradossalmente inondazioni dall’altro, qualcosa come tre miliardi e mezzo di persone a migrare o cercare di farlo. Un quinto della superficie terrestre potrà subire un incremento significativo di gravi inondazioni della durata di settimane, costringendo gli abitanti a spostarsi; e in opposizione all’abbondanza d’acqua centinaia di milioni di persone che dipendono dall’acqua dei ghiacciai resteranno letteralmente a bocca asciutta.
Ho scritto all’inizio che, come tematica di portata globale, il cambiamento climatico può manifestarsi in migliaia di modi diversi in migliaia di luoghi diversi. Nessun uomo è un’isola in un mondo interconnesso, nessun luogo o paese al mondo può dirsi totalmente immuni dall’impatto dei cambiamenti, per quanto all’apparenza piccolissimi, persino se dalla parte opposta del pianeta.
Off topic ma non troppo. Nota sulle aree fredde.
Nell’immagine sull’anomalia termica presente all’inizio del post e da cui ho preso l’avvio sono presenti diverse aree mediamente più fredde.
Presi dalla nostra primavera non ci abbiamo fatto caso, ma nel cuore del mese di gennaio 2024, numerosi record di temperatura minima giornaliera sono stati infranti dal Montana al Texas (USA), facendo precipitare decine di milioni di persone in condizioni pericolosamente fredde. Questa eccezionale ondata di freddo è stata segnata dall'intrusione dell'aria polare artica in regioni raramente esposte a tali condizioni, lasciando intense tempeste di neve sui Grandi Laghi e nel nord-est degli Stati Uniti.
E’ paradossale, ma solo in apparenza: l’aumento delle temperature in genere diminuisce la frequenza delle ondate di freddo, ma in alcuni casi può portare a ondate di freddo molto intenso in posti insoliti. Come può succedere?
Nell’emisfero nord ci sono due vortici d’aria, uno sopra l’altro. Il più basso è la corrente a getto, un “fiume” d’aria piuttosto sinuoso, formato da venti che soffiano tutto l’anno da ovest a est, più o meno alle stesse quote degli aerei di linea. A una cinquantina di chilometri di quota c’è invece il vortice polare stratosferico, più o meno circolare, che anch’esso circonda il polo Nord, ma si forma solo in inverno. Entrambi questi vortici esistono in virtù delle grandi differenze di temperatura tra l’Artico e le medie latitudini. Differenze nel riscaldamento creano differenze di pressione, e l’aria tende a fluire dalle aree ad alta pressione per riempire i “vuoti” di bassa pressione, formando dei venti che poi sono trascinati verso est dal moto di rotazione della terra, disponendosi “a cintura”.
Ma se l’Artico si riscalda più delle medie latitudini, la differenza di temperatura tra zona polare boreale e medie latitudini diminuisce e con essa la differenza di pressione tra le due regioni. Ciò fa sì che le correnti d’aria perdano la loro spinta e la loro direzione ben determinata, diventando più tortuose. Parte dell’energia dissipata in tali ondeggiamenti, quando sono marcati e persistenti, si propaga verso l’alto e può “attaccare” il vortice polare stratosferico facendo sì che si divida in sotto-vortici. Questi tendono a sbandare verso sud, portando con sé aria molto fredda a discapito dell’Artico, che invece diventa più caldo del normale.
Attualmente, l’interazione tra clima e vortici polari è forse l’aspetto più incerto del legame tra riscaldamento globale ed eventi meteo estremi, ma le osservazioni sembrano comunque indicare che effettivamente il vortice polare stratosferico si stia trasformando. Prevedibilmente, qualcuno pensa che simili ondate di freddo smentiscano il riscaldamento globale, ma non è così: basta guardare le mappe delle anomalie di temperatura e la loro evoluzione negli anni. Non solo: anche i periodi più freddi di adesso sono, in media, più caldi delle ondate di freddo passate.
Per chi volesse giocherellare con tali mappe o con altre ancora questo sito offre tutto il necessario: Climate Reanalyzer.
Nessun commento:
Posta un commento
L'Amministratore del blog rimuoverà a suo insindacabile giudizio ogni commento ritenuto inadeguato od inappropriato.
Per motivi tuttora ignoti anziché un account Google come da impostazione, ne viene richiesto uno Blogger. In altre parole, per ora non potete sottoporre commenti, a meno che non abbiate, appunto, un account Blogger. Spiacente.