Fidarsi della scienza

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All'alba dell'era nucleare, negli anni '50, Hannah Arendt osservò che un mondo che relega questioni esistenziali al solo linguaggio tecnico e scientifico - definendolo dominio esclusivo di donne e uomini in camice bianco che dicono «fidatevi di noi» - rischia di essere un mondo in cui le persone hanno perso la capacità di essere artefici della propria vita. Una preoccupazione per lo stato tecnocratico estrema, questa della Arendt, dettata dalla sua esperienza di vita e frutto dei tempi in cui viveva.

Ma la sfida fondamentale da lei indicata resta: occorre certamente un linguaggio accessibile che possa sottoporre le scelte al dibattito pubblico altrimenti non sarà possibile affrontare problemi che sono definiti scientificamente in modo che possano essere risolti col contributo dei sistemi politici sostenuti dalla collettività.

Lo stiamo vedendo da anni e lo stiamo vivendo quotidianamente da quasi due anni, un numero significativo di persone non si fida della scienza, degli esperti, e il punto è: il modo in cui abbiamo concepito i fatti, in cui abbiamo pensato la scienza è insufficiente nell’affrontare la sfida che ci si pone oggi.

L’individualismo delle persone che rifiutano la scienza, coloro che ad esempio oggi non vogliono vaccinarsi, deriva dalla loro convinzione che debbano sempre e necessariamente essere soggetti ad autodeterminazione, che nessuno né tanto meno i governi debbano decidere per loro, delle loro vite o delle loro famiglie: è una questione politica ma soprattutto sociale perché riguarda il modo in cui ci si rapporta con il prossimo.

I mercanti di dubbi in questo clima prosperano e chi non vuole accettare certe decisioni basate sulla realtà dei fatti rifiuta anche la base scientifica aggiungendo inoltre dubbio ai dubbi affermando ad esempio che chi indica loro la strada giusta da percorrere è lo stesso soggetto che fornisce i dati. I modelli di mistificazione sono sempre gli stessi: da chi negava i danni da tabagismo, a chi nega la responsabilità umana del cambiamento climatico fino a chi oggi nega sia la pandemia che i rimedi ad essa necessari. Si comincia col negare e si finisce col dire che ormai è tardi. L’affermazione "ormai è troppo tardi" è una delle tipiche posizioni negazioniste. L'ultima, la più disperata dopo averle tentate tutte. I negazionisti, che sia clima o virus, prima negano, poi negano le responsabilità quando non possono più farlo con i fatti, scaricano colpe altrove, poi minimizzano; quando non riescono più a fare tutto questo cercano di salvaguardare il profitto il più possibile, se si parla di regole iniziano a dire questo no, quest'altro nemmeno, non potete fermare tutto ecc. E alla fine, disperati "tanto ormai è tardi" buttato lì. Il negazionismo in 5 mosse. Fino ad appellarsi al pensiero magico come fece Donald Trump all’inizio della pandemia dicendo che prima o poi sarebbe magicamente scomparsa.
Ma riflettiamo su questo punto di partenza. Nella scienza contemporanea parlare di scienziati che escono urlanti “Eureka!” dalle loro stanze, dopo aver passato giorni isolati, è assurdo oltre che praticamente realizzabile. Nessuno scienziato lavora da solo e, per quanto strano possa apparire, la storia della scienza ci dimostra che è già così da almeno un paio di secoli se non di più. Le conclusioni che gli scienziati presentano non sono le *loro* conclusioni ma sono quelle basate su un lavoro collettivo di un’intera comunità di scienziati, di migliaia di persone capaci e soprattutto, conclusioni che vengono scrupolosamente sottoposte al vaglio ed alla revisione da parte dell’intera comunità. Nel mondo globalizzato anche la scienza lo è.

La domanda che sorge nella mente degli scettici, di coloro i quali non si fidano della scienza, è normalmente questa: «Perché dovremmo fidarci di migliaia di persone? Forse hanno tutte torto.». Ma proviamo ad argomentare in maniera un po’ più probabilistica: «E’ possibile che si sbaglino tutte ma è maggiormente probabile che abbia torto una sola persona rispetto a migliaia che hanno lavorato e collaborato insieme.». Che abbiamo tutte torto è poco plausibile e considerando il rispetto che la comunità scientifica ha da sempre nei confronti del famoso monaco inglese (Gugliemo di Occam e il suo “rasoio”) è decisamente più semplice adottare questa posizione.

Inoltre, essendo la comunità scientifica molto eterogenea, con differenti punti di vista nell’analisi di un problema, le probabilità di capire cosa accade sono molto maggiori.

I fatti sono fondamentali, il loro valore assoluto è indiscutibile, ma per fermare il negazionismo, le fake news, i mercanti di dubbi, non bastano. Per capire la scienza dobbiamo capire sia le situazioni in cui ha funzionato sia quelle in cui non lo ha fatto: arroganza, antipatia, edonismo porteranno la maggior parte delle persone a reagire negativamente (anche se, ammettiamolo, molte di queste persone la rispostaccia se la cercano, soprattutto quando si cerca di mettere su il teatrino del dibattito laddove dibattito non c’è). Se invece ci si presenta con l’umiltà e l’onesta che contraddistinguono da sempre gli scienziati, se si ammette la fallibilità e soprattutto se si evidenzia che gli scienziati hanno un metodo, il metodo scientifico, che mette alla prova qualsiasi affermazione e governa il processo della ricerca dai tempi di Galileo Galilei, allora le dichiarazioni saranno molto efficaci, vincenti. La scienza è un processo di apprendimento, si sbaglia ma si impara dagli errori commessi. I fatti non parlano da soli, sono numeri su carta: gli scienziati danno voce ai fatti e devono metterli in una sorta di quadro, una struttura che abbia senso per le persone, che possano capire e ricordare, ovvero imparare.

«Ci si può fidare della scienza non perché fa volare gli arei o ci fa conquistare verità eterne, ma proprio perché è un’impresa sociale fallibile, in cui si raggiunge un consenso crescente su evidenze oggettive grazie ad una disamina collettiva e trasformativa.» (Naomi Oreskes)

Potete non *fidarvi* di qualcuno, sia pure uno scienziato, ma fidatevi della Scienza.

Del consenso ne parleremo qui.

(liberamente ispirato all'intervento di Naomi Oreskes a "La fabbrica del mondo" di sabato 8 gennaio 2022)