Normale a chi? La Natura non è un ente morale.

Recentemente ho ricordato come la natura non sia un ente morale, come aveva già ben capito il grande filosofo scozzese David Hume, ed è per questo che non è nella natura che vanno ricercati il bene e il male. Insomma, prima di mettere la N, maiuscola, pensiamoci bene.

L’immagine appena inserita è del tutto arbitraria. Avrei potuto metterci qualsiasi cosa per rappresentare la natura come viene spesso immaginata, persino una di quelle pubblicità di prodotti “bio” che ti connettono con la natura.

Ciò nonostante, ci viene istintivo pensare che, se qualcosa è naturale allora è anche normale e giusto. Eppure in natura potremmo fare centinaia di esempi di eventi naturali che possono risultare disgustosi, o inaccettabili, se visti con il metro dell’etica e della morale umane.

Innanzi tutto che vuol dire normale? Chi non si conforma allo standard, alla norma appunto, è quindi deviante? Quanti pregiudizi e discriminazioni si sono avuti e si hanno tuttora adottando questa metrica?

E, di contro, non sono forse state le idee e le azioni di chi, persino da dentro una cella, non ha mai smesso di credere in idee che non seguivano la normalità di quelle che hanno portato a tirannie e schiavitù? Di chi non seguiva alcun «ordine naturale delle cose».

Le forme di normalità connesse alla natura possono essere distinte in tre forme diverse.

Normalità è la frequenza statistica di un certo comportamento o di un tratto morfologico o fisiologico. I lupi formano branchi e in branco cacciano. È normale: così facendo hanno maggiori probabilità di successo ed accesso a più carne. Ma non è affatto normale per altri predatori. E questo è vero in un determinato momento di qualcosa che è invece un processo in continuo svolgimento. Se cambiano le condizioni ambientali ciò che era stato normale fino ad un determinato momento potrebbe non esserlo più. Quali sono infatti le specie che soccombono per prime ai cambiamenti ambientali? Quelle che erano perfettamente adattate.

Ogni individuo è portatore di unicità a causa delle mutazioni, e sono queste che nutrono l’evoluzione, se la normalità diventa eccessiva in biologia non è mai una buona idea. Meglio tollerare un margine di devianza. 







Un’altra forma di normalità è quella che pretende di vedere da qualche parte
essenze naturali o genetiche. Quelle famose caratteristiche scritte nel DNA che diventano luoghi comuni fasulli: c’è di tutto, da chi afferma che è la mente l’espressione vera del DNA a chi usa il DNA per affermare che no, il male non è scritto. Peccato che nel DNA non c’è scritto un bel niente perché è una molecola sensibile all’ambiente in cui è immessa; tra l’altro la famosa “metafora del libro” applicata al codice genetico ha da tempo perso parecchi colpi: un famoso genetista ha scherzosamente detto che l’ambiente potrebbe essere considerato una sorta di terza elica da affiancare alla più famosa doppia elica del DNA. Qui c’è un articolo molto bello per approfondire.

Tornando in tema, ciascun organismo è un insieme di diversità multiple e stratificate, compresa la diversità di origine geografica. Ci sono e abbiamo degli universali biologici comuni a tutti, peculiarità individuali, influssi ambientali e storie contingenti. L’evoluzione biologica e culturale poi è talmente intrecciata che sappiamo ad esempio che era ben poco «naturale» l’adozione dei feroci vincoli patriarcali dai quali, con fatica e solo in alcune parti del mondo, ci stiamo lentamente affrancando, altro che sostenere che «fanno parte della cultura».

E infine, la terza e più insidiosa forma con cui si cerca la normalità in natura. Le cose anormali, o «contro natura», quindi da inappropriato ad immorale, passando per inaccettabile; da azioni da biasimare a comportamenti che non piacciono. Pensate al settore dell’alimentazione. È in atto da alcuni anni una vera e propria corsa all'alimentazione naturale, eppure le nostre idee sul tema non sono così chiare come vogliamo credere. Sempre più spaventati e confusi dai messaggi allarmistici dei media, ci siamo convinti che la manipolazione del cibo sia uno dei tanti mali della società odierna, dimenticando che l'intervento umano sulle specie vegetali è antico quanto l'invenzione dell'agricoltura stessa. La Natura, con la maiuscola, qui diventa un’entità astratta e generalizzata. Ma, come già aveva ben capito Charles Darwin, la natura non deve essere personalizzata, non è un agente intenzionale, ma un insieme di fenomeni regolati da leggi, e soprattutto non è un’autorità morale. L’aggettivo «naturale» non è sinonimo di buono, saggio e armonioso, che sia dato a un cibo, a un dentifricio o ad un modello familiare. 

Sono forse buoni e giusti il cannibalismo o l’infanticidio, di cui la natura abbonda, o le più atroci malattie, i virus? Fu proprio Darwin, osservando il comportamento di alcune vespe, a dire che non c’era nulla di più orribile se osservato con la metrica umana, nel vedere questo insetto paralizzare col suo veleno il corpo di un bruco, iniettarci le uova e lasciare che queste si schiudano dentro quel corpo e inizino a nutrirsene mentre è ancora vivo. L’omosessualità è il tema più scottante. Spesso questo comportamento sessuale è definito «contro natura»: nulla di più sbagliato, visto che l’omosessualità maschile e femminile è registrata stabilmente in oltre 200 specie.

Volete un altro esempio di ciò che etichetteremmo come anormale e che invece è del tutto normale in natura? Aumentare l'aspettativa di vita non è sostenibile. Una pandemia, come fu quella di Covid-19, è assolutamente prevedibile (e in effetti David Quammen lo fece). In ogni ecosistema si tende al punto di equilibrio tra prede e predatori, se aumentano gli uni calano gli altri e viceversa. Chi preda l'essere umano? Oltre a sé stesso ovviamente, le malattie rappresentano il nostro predatore, con una ricerca del punto di equilibrio interrotto o alterato dalla medicina e dalla farmacologia, oltre che dalle maggiori o minori condizioni generali di vita.

La malattia non è un'imperfezione o un imprevedibile evento, ma fa parte della natura stessa agendo come un meccanismo in grado di mantenere il sistema complessivamente in equilibrio.

Ma la malattia non è un predatore naturale, non si muore ovunque nello stesso modo. I paesi ricchi possono guarire facilmente dalla polmonite un bambino, ma in altre parti del mondo si muore così, soffocati, a pochi mesi di vita. Non si può avere tutto da una parte quando dall'altra si muore per una sciocchezza.

Fateci caso. A seconda del momento o dell’opportunità la natura viene vista con struggente solidarietà o estremamente brutale: in essa ci si mette di tutto e il suo contrario. E contemporaneamente  una vera e propria biofilia (letteralmente “passione per la vita”) si manifesta col nostro bisogno fisico, psicologico ed emotivo di venire in contatto con gli altri esseri viventi, di apprezzarne le forme e ricrearle, di adattare ad essi le nostre vite e culture.

Soprattutto oggi, nel mezzo della «sesta estinzione di massa» (qui e qui), si manifesta con crescente urgenza  la necessità di una sorta di «etica della Terra» e di nuovi modi di vivere nel mondo: l’esistenza e il benessere della nostra specie dipendono dalla sopravvivenza del nostro ancestrale legame con la natura, e dall’umana esigenza di amare, temere e semplicemente convivere con tutte le altre forme di vita.

La natura è il dominio delle possibilità e non delle necessità, è in antitesi quindi con la normalità. Anche se la diversità si misura a livello individuale ciò non deve giustificare come naturali atteggiamenti egoistici o le disuguaglianze, sfruttate da sedicenti liberali che vorrebbero riportare in auge le teorie del cosiddetto «darwinismo sociale», locuzione coniata nel 1879, con intento peggiorativo, per applicare allo studio delle società umane i principi darwiniani della «lotta per la sopravvivenza»  e della selezione naturale del più adatto, sostenendo che questi debbano essere la regola delle comunità umane, e inoltre con intento e significato polemico per indicare le teorie razziste usate anche nel periodo del colonialismo.

Se siamo tutti diversi allora nemmeno l’uguaglianza è un dato di natura in senso stretto, ma possiamo decidere che l’uguaglianza di diritti e opportunità sia un principio a cui attenersi anche se non prescritto dalla natura. Un’uguaglianza male interpretata ci massifica nel conformismo, la cui patria di elezione è oggi rappresentata dai social. Il branco ci difende ma oltre un certo limite ci acceca.

La capacità di innovazione deriva direttamente dalla devianza, dall’uscita dalla normalità, fin dagli albori dell’evoluzione del genere Homo, in più specie umane. La creatività è sorta in questo modo.

Se Homo sapiens non avesse sfidato, più volte, consuetudini e regolarità consolidate, non sarebbe andato sulla Luna. E continua. Ciò che oggi ci sembra normale e naturale verrà presto messo in discussione dagli sviluppi al seguito del progresso e soprattutto delle biotecnologie.

Le giustificazioni per le nostre idee di normalità non vanno cercate nella natura.

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