E mentre la nuova-vecchia amministrazione USA continua il lavoro iniziato nella precedente presidenza Trump è in arrivo il rapporto che ancora una volta metterà in evidenza quanto ormai noto e accettato dalla comunità scientifica internazionale. Sarà ancora una volta predicare ai convertiti?
Anticipazioni dal rapporto
Entro marzo 2025 dovrebbe uscire,
come ogni anno, la versione definitiva del rapporto
annuale sullo stato del clima globale per l’anno appena trascorso,
realizzata dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM, WMO in inglese). Nel frattempo è possibile accedere
alla sintesi di quanto verrà dettagliatamente riportato.
L’OMM fin dal 1993 produce annualmente un documento sullo stato del clima
globale, esteso all’intero pianeta, per fornire sia una sintesi annuale che un
aggiornamento dei principali indicatori climatici. Questi rapporti integrano la
sintesi più dettagliata e che, con minore frequenza, viene rilasciata con i
documenti di valutazione dell'IPCC. Dal 2016
l'OMM inoltre riporta anche i risultati preliminari sui principali indicatori
climatici allo scopo di informare la Conferenza delle Parti dell'UNFCCC, prima della fine di ogni anno (COP,
qui
e qui
le mie considerazioni su due recenti conferenze).
Nel luglio 2024, un workshop
internazionale organizzato dall'OMM e ospitato dal Deutscher Wetterdienst (il
servizio meteorologico tedesco), ha concordato un formato più condensato,
incentrato soprattutto sui messaggi chiave per le esigenze dei responsabili
politici alla COP. L'aggiornamento sullo stato del clima 2024 per la COP29 ha
per esempio evidenziato gli indicatori climatici principali preliminari
consolidando i set di dati più aggiornati disponibili al momento della stesura
del documento, insieme a esempi di eventi estremi e progressi, nonché un
sommario delle azioni atte a contrastare il cambiamento climatico così come definito appunto da UNFCCC: "attributed directly or indirectly to human activity that
alters the composition of the global atmosphere and which is in addition to
natural climate variability observed over comparable time periods".
I dati che emergono dallo stato
dell'aggiornamento sul clima 2024 destano grande preoccupazione. Le
concentrazioni di gas serra continuano ad aumentare costantemente, determinando
ulteriori aumenti di temperatura a lungo termine, evidenziando i rapidi
cambiamenti nel nostro sistema climatico nell'arco di una singola generazione. Il
2024 è stato l'anno più caldo mai registrato, e insieme al 2023 i due anni più
caldi mai registrati, la tendenza 2025 ancorché basata su appena due mesi di
misurazioni, promette un andamento al rialzo. I valori del contenuto di calore
degli oceani hanno continuato a crescere nel 2023 e nel 2024, alimentandone gli
effetti collaterali quali l'innalzamento del livello del mare per espansione
termica e alimentando intense tempeste. L'estensione del ghiaccio marino
antartico e artico nel 2024 è stata ben al di sotto della media.
Le piogge e le inondazioni
record, i cicloni tropicali in rapida intensificazione, il caldo mortale,
la siccità implacabile e gli incendi furiosi che abbiamo visto in diverse parti
del mondo sono purtroppo la nostra nuova realtà e un assaggio del nostro
futuro. Dobbiamo continuare a impegnarci
per limitare il più possibile il riscaldamento, riconoscendo che rimanere ben
al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, e proseguire gli
sforzi per limitare il riscaldamento a 1,5 °C rimane fondamentale per ridurre
significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico. Allo
stesso tempo, dobbiamo intensificare il sostegno all'adattamento
ai cambiamenti climatici attraverso enti dedicati ad erogare servizi correlati
e guidati dalla climatologia ed in grado di generare allarmi rapidi a scopo
preventivo.
Messaggi chiave
Le concentrazioni dei tre principali gas serra nell'atmosfera – biossido di carbonio, metano e protossido di azoto – hanno raggiunto i livelli record osservati nel 2023, l'ultimo anno per il quale esistono dati consolidati a livello globale. Le misurazioni effettuate in singole località, come Mauna Loa, nelle Hawaii (dove da oltre 60 anni si raccolgono i dati che contribuiscono a realizzare la famosa “Curva di Keeling”) e Kennaook/Cape Grim in Tasmania, suggerivano già nel settembre 2024 che le concentrazioni dei tre gas serra sarebbero di nuovo state più elevate nel 2024, e così è accaduto. La concentrazione atmosferica di CO2 è aumentata da circa 278 ppm nel 1750 al livello attuale di 420 ppm, con un aumento del 51% (in questo post c’è il paragrafo che spiega come si ottengono i dati dal passato). Il tasso medio di crescita del CO2 nell'ultimo decennio è stato di 2,4 ppm l'anno. Le emissioni da combustibili fossili sono state la principale fonte di emissioni umane dagli anni '50 del XX secolo. Le concentrazioni medie globali di metano (CH4) sono aumentate da 729 ppb durante il periodo preindustriale a 1934 ppb nel 2023, con un aumento del 165%. La concentrazione di protossido di azoto (N2O) è aumentata da 270 ppb nel 1750 a 336,9 ppb nel 2023, il che rappresenta un aumento del 24%.
Le anomalie annuali riferite alla Terra ricavate usando sei dataset diversi. Il periodo gennaio-settembre 2024 ha registrato un’anomalia di 1,54±0,13 °C |
Nel 2023 le temperature hanno raggiunto livelli record. I dati in tempo reale indicano che hanno continuato a crescere nel 2024.
Non c’è ancora consenso completo ma a quanto pare il 2024 ha visto superare il famoso limite di 1,5 °C, ovvero temperature mediamente più alte di 1,5 °C: ma come sapremo quando il riscaldamento avrà superato questo limite inferiore stabilito dall’Accordo di Parigi? Uno o più anni individuali che mostrino incrementi medi superiori a 1,5 °C non significano necessariamente che proseguire gli sforzi per limitare l'aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali sia ormai inutile o fuori portata. Il cambiamento climatico è tale che lo stato del clima deve persistere per un periodo prolungato, in genere decenni, o più, sebbene l'accordo stesso non fornisca una definizione specifica. Inoltre, la temperatura media globale non aumenta gradualmente di anno in anno a causa della notevole variabilità interannuale, dovuta alla mutevolezza climatica naturale (ad esempio causata da eventi come El Niño e La Niña, all’attività vulcanica ed ai cambiamenti nella circolazione oceanica), sovrapposta al riscaldamento a lungo termine causato principalmente dalle emissioni di gas serra in corso. Ciò sottolinea la necessità di concentrarsi su tendenze sostenute nel tempo. Tuttavia, poiché il mondo continua a riscaldarsi, c'è una crescente necessità di definire, misurare e monitorare chiaramente un indicatore per riferire a che punto sia il riscaldamento rispetto all'obiettivo specificato nell'Accordo di Parigi. L'ultimo rapporto di valutazione dell'IPCC ha definito i livelli di riscaldamento globale in termini di medie ventennali rispetto alla media del periodo 1850-1900. L'anno di superamento di un particolare livello, quale può essere quello di 1,5 o 2,0 °C, è tipicamente considerato il punto medio del periodo di 20 anni a quel livello. In base a questa definizione, 1,5 °C di riscaldamento sarebbero confermati una volta che l'aumento della temperatura osservato avesse raggiunto in media quel livello per un periodo di 20 anni, che sarebbe quindi possibile segnalare soltanto nel decennio successivo. E ciò significa un ritardo di 10 anni nel riconoscere il superamento a lungo termine e reagire. Anche considerando medie su almeno un quinquennio si ottiene comunque un ritardo di 5 anni. Diversi approcci alternativi sono allo studio dell'OMM e della comunità scientifica internazionale per consentire una segnalazione più tempestiva sull'anno di superamento dei livelli di temperatura globale.
Questi approcci si dividono in
tre categorie. La prima categoria combina il riscaldamento storico osservato
con le proiezioni dei modelli climatici. La seconda categoria mira ad adattare
una tendenza o una funzione, come il livellamento statistico stimato a livello
locale, ai dati storici per stimare meglio dove si trova oggi il riscaldamento
a lungo termine. La terza categoria mira a stimare il fattore umano nel
cambiamento storico stimando il riscaldamento sottostante derivante dai
cambiamenti storici nei principali fattori umani del sistema climatico, come i
gas serra.
Tutti e tre questi approcci indicano che il riscaldamento globale fino al 2023 è di circa 1,3 °C rispetto al periodo 1850-1900. In confronto, prendendo la media degli ultimi 10 anni (2014-2023) seguendo l'approccio quinquennale, si ottiene un riscaldamento di circa 1,2 °C. Prendendo infine la media per il periodo 2011-2020, come è stata utilizzata nel primo bilancio globale, si ottiene un riscaldamento di circa 1,1°C. Per migliorare l'uso di questi approcci, e potenzialmente di altri, l'OMM ha istituito un gruppo internazionale di esperti definire la metrica migliore, oltre a proporre una metodologia per il monitoraggio allineata con quelle in uso all'IPCC: il tutto con lo scopo di garantire coerenza ed affidabilità delle proiezioni e delle interpolazioni degli aumenti della temperatura globale. In definitiva, è essenziale riconoscere che, indipendentemente dalla metodologia utilizzata per il monitoraggio, ogni frazione di grado di riscaldamento è importante. Che si trovi a un livello inferiore o superiore a 1,5 °C di riscaldamento, ogni ulteriore aumento del riscaldamento globale porta a cambiamenti negli estremi e rischia di diventare rapidamente più grande.
Non va infine dimenticato che gli scienziati per diversi motivi tendono a sottostimare l’entità del riscaldamento globale, come ricordato in questo articolo non molto tempo fa. Tra questi quello di evitare, visto il tema scottante e il diffuso negazionismo, di coprirsi di ridicolo, e per una innata prudenza altrettanto giustificabile.
I valori dell'anomalia in base ai diversi modelli o periodi adottati |
In questo post c’è un paragrafo dedicato a spiegare alcuni meccanismi che determinano il collasso e la fusione del ghiaccio antartico, inteso soprattutto come perdita della copertura glaciale dalle aree continentali.
Il contenuto di calore
dell'oceano e il livello del mare continuano a salire. Circa il 90%
dell'energia che si accumulata nel sistema Terra è immagazzinata negli oceani e
nei mari in generale. Man mano che l'energia si accumula la temperatura media
delle acque sale e il contenuto globale di calore dell'oceano aumenta, così
come aumenta la sua energia potenziale. Più calore vuol dire più evaporazione,
più vapore acqueo. Un aumento termico che comporta un’enorme quantità
di energia intrappolata nell’atmosfera, che a sua volta alimenta fenomeni
meteorologici sempre più violenti e imprevedibili: per ogni incremento di
1 °C nella temperatura, l'atmosfera può contenere circa il 7% in più di vapore
acqueo, con conseguente aumento della probabilità di eventi meteo estremi e,
non ultimo, innescando inoltre un classico feedback di
rinforzo, visto che il vapore acqueo è esso stesso un gas serra.
Di conseguenza, alluvioni che in
passato si verificavano ogni 10 o 20 anni ora si ripresentano con una cadenza
sempre maggiore. L’aumento di 1,5 °C da non superare in base a quanto
sancito nel famoso Accordo di Parigi, già da solo è sufficiente per far
sì che le alluvioni considerate eccezionali diventino il 50% più frequenti. E
con un aumento di 2 °C questa frequenza potrebbe crescere fino al 70%.
Si prevede che il riscaldamento degli oceani continuerà, un cambiamento irreversibile su scale centenarie e millenarie, perché l’inerzia termica delle acque è tale per cui anche smettendo ora di aumentare le temperature del pianeta gli effetti dell’aumento di calore ad oggi si verificheranno comunque. Il contenuto di calore dell'oceano nel 2023 è stato il valore annuale più alto mai registrato, superando il valore del 2022 di 13 ± 9 ZJ (Zetta Joule, Zetta = 1021). I dati preliminari dei primi mesi del 2024 indicavano già che il contenuto di calore degli oceani sarebbe proseguito fino a livelli paragonabili a quelli osservati nel 2023, e così è stato. I tassi di riscaldamento degli oceani hanno mostrato un aumento particolarmente forte negli ultimi due decenni. Il tasso di riscaldamento degli oceani per lo strato fino a 2.000 metri di profondità è stato in media di 0,7 ± 0,1 W/m2 dal 1971 al 2023, ma di 1,0 ± 0,1 W/m2 dal 2005 al 2023 . Questo tasso corrisponde a un assorbimento medio di circa 3,1 milioni di TWh di calore all'anno dal 2005 al 2023, più di 18 volte il consumo energetico mondiale nel 2023. Dal 2023 al 2024, l’aumento globale del contenuto di calore oceanico nei primi 2000 m è di 16 ZJ, circa 140 volte la produzione totale di elettricità del mondo nel 2023. [1]
Inoltre, quando
l'acqua si riscalda, si espande. Questa espansione termica, combinata
con lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali, contribuisce
all'innalzamento del livello del mare. Contrariamente a quel che si potrebbe
pensare ciò non vale per quella artica: trattandosi in questo caso di ghiaccio
galleggiante, in equilibrio tra quanto emerso e quanto sommerso, la sua fusione
non contribuisce alla variazione del livello medio del mare se non in termini
ininfluenti.
Il tasso
di innalzamento a lungo termine del livello del mare è più che raddoppiato dall'inizio
delle registrazioni satellitari, passando da 2,13 mm all'anno tra il 1993 e il
2002 a 4,77 mm all'anno tra il 2014 e il 2023. Ciò riflette il continuo riscaldamento degli oceani e l'espansione termica, nonché lo scioglimento dei
ghiacciai continentali e delle calotte glaciali; in questo caso anche l’artico
contribuisce perché la scomparsa del ghiaccio diminuisce il potere riflettente
esponendo acque più scure che quindi esercitano un assorbimento maggiore. Il
2023 ha stabilito un nuovo record osservativo per il livello medio globale
annuale del mare, con un rapido aumento probabilmente guidato in gran parte da
El Niño. I dati preliminari del 2024 mostrano che il livello medio globale del
mare è sceso a livelli coerenti con la tendenza all'aumento dal 2014 al 2022,
dopo che El Niño si è attenuato, nella prima metà del 2024. Questo sarà
riportato nel rapporto annuale definitivo sullo stato del clima globale 2024
che sarà prodotto più o meno a marzo 2025.
Se un innalzamento medio del
livello del mare pari a pochi centimetri o qualche decimetro vi sembra poca
cosa pensate al Delta del Mekong, più di 40.000 kmq di terreno di appena due metri più alto del
livello medio del mare, o alle sconfinate pianure costiere del Bangladesh.
A tutto ciò si aggiungano quantità di precipitazioni inferiori alla media osservate nel Sud America settentrionale e centrale, nell'Africa nord-occidentale e nell'Africa centro-meridionale, nel nord-ovest e nord-est del Nord America, nell'Europa sud-orientale, nell'Asia settentrionale e nelle isole del Pacifico.
Di contro precipitazioni
insolitamente elevate sono state registrate nella regione del Sahel, intorno al
Grande Corno d'Africa e in alcune parti dell'Africa orientale. Inoltre, alcuni
punti della costa orientale del Sud America, alcune delle isole dei Caraibi e alcune
zone del Nord America hanno ricevuto eccezionalmente più pioggia rispetto alla
media a lungo termine. Un insolito eccesso di precipitazioni è stato registrato
anche nella penisola arabica, nella regione dei monsoni indiani e nell'Asia
occidentale e centrale. Il continente marittimo e l'Australia settentrionale e
centrale hanno ricevuto precipitazioni totali superiori al solito.
Precipitazioni totali anomale sono state registrate anche nell'Europa centrale
e sudoccidentale.
Ciò nonostante i fiumi, a livello planetario, registrano
l'anno più secco degli ultimi tre decenni. Il rapporto sullo stato delle
risorse idriche globali per il 2023 fornisce una panoramica quantitativa dello
stato di vari componenti del ciclo globale dell'acqua, come il flusso dei
fiumi, le acque sotterranee, l'umidità del suolo, la neve e il ghiaccio, i
laghi e i bacini idrici. Il rapporto rivela che il 2023 è stato l'anno più
secco per i fiumi da almeno tre decenni, in coincidenza con le temperature record
osservate. Gli ultimi cinque anni hanno visto alcune delle percentuali più
basse di aree in condizioni normali di flusso fluviale, con afflussi di bacini
idrici che seguono un modello simile, riducendo ulteriormente la disponibilità
di acqua per le comunità e gli ecosistemi. Nonostante il predominio della siccità
a livello globale, le inondazioni in connessione con eventi di precipitazioni
estreme hanno continuato a causare gravi perdite e danni in molti luoghi del
mondo. Nonostante i miglioramenti nella disponibilità e nell'accessibilità dei
dati condivisi dai membri dell'OMM, permangono lacune significative, in
particolare in Africa, Sud America e Asia. Il rapporto sottolinea il potenziale
delle osservazioni satellitari e dei sistemi di modellazione per aiutare i
paesi, in particolare quelli con capacità di monitoraggio limitate e grandi
lacune nei dati, ad affrontare queste sfide e migliorare la raccolta dei dati
idrologici.
Eventi estremi hanno causato ingenti danni in tutto il mondo: siccità, inondazioni, cicloni tropicali, ondate di calore e ondate di freddo causano danni significativi, perdita di vite umane e ostacolano lo sviluppo sostenibile. La mappa sottostante evidenzia alcuni degli eventi più importanti da gennaio a settembre 2024, con dati sugli impatti raccolti da varie agenzie delle Nazioni Unite.
L'effetto combinato degli shock,
come l'intensificarsi dei conflitti, la siccità indotta da El Niño e gli alti
prezzi alimentari interni, ha portato al peggioramento delle crisi alimentari
in 18 paesi fin dalla metà del 2024. In Nigeria, Sudan, Myanmar, Etiopia,
Zimbabwe, Malawi, Ciad e Yemen almeno un milione di
persone in più che hanno affrontato alti livelli di insicurezza
alimentare acuta rispetto al picco del 2023. I livelli globali di scarsità
alimentare e fame sono aumentati bruscamente dal 2019 al 2021 restando allo
stesso livello nel 2023. L'Africa ha registrato elevati tassi di denutrizione
nel 2023 (20,4%), con livelli ancora più elevati (circa il 30%) lungo l'Africa
centrale e orientale. La riduzione del raccolto di
cereali in tutto il mondo è il risultato di una diffusa siccità legata a
El Niño che ha causato cattivi raccolti, forti cali delle rese e riduzioni
delle aree coltivate.
Migrazione e sfollamento. Gli eventi meteorologici estremi nella prima metà del 2024, tra cui inondazioni, siccità, cicloni, tifoni e uragani, hanno portato a nuovi, continui e prolungati sfollamenti di un numero significativo di persone in diversi luoghi in tutto il mondo. Oltre alla distruzione di abitazioni, infrastrutture critiche, foreste, terreni agricoli e perdita di biodiversità, tali eventi meteorologici estremi minano si trasformano in rischi significativi per la protezione delle persone in movimento e di coloro che già vivono in condizioni di sfollamento, spesso esclusi dai piani nazionali di preparazione e risposta.
Importanza della climatologia e dei suoi servizi. Con l'aggravarsi degli impatti dei cambiamenti climatici, i servizi e le organizzazioni dedicate alla climatologia e alle sue derivazioni sono sempre più necessari per il processo decisionale. Negli ultimi cinque anni sono stati compiuti notevoli progressi in termini di capacità dei servizi climatici. L'attuazione dei cosiddetti National Frameworks for Climate (NFCS) ha visto passare il numero dei paesi coinvolti da 36 nel 2019 a 98 nel 2024, con un aumento del 63%. Il rapporto sullo stato dei servizi climatici evidenzia che il numero di servizi meteorologici e idrologici nazionali (NMHS) che forniscono servizi climatici avanzati è quasi raddoppiato, passando da 8 nel 2019 a 15 nel 2024, e quelli che forniscono servizi a piena capacità sono aumentati da 11 a 17. Di conseguenza, il numero di NMHS in grado di fornire solo servizi climatici di base è stato quasi dimezzato, riflettendo una chiara tendenza verso servizi climatici più sofisticati. In particolare, l'Asia e l'Africa, che sono altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici, hanno compiuto notevoli progressi, sostenuti dalla maggior parte dei fondi per migliorare la loro capacità di servizio climatico. Interessante questo documento che illustra come i servizi nazionali, integrati in una rete di collaborazione e scambio dati, possano realizzare sistemi di Early Warning in vari scenari, compreso quello degli tsunami.
Progressi del sistema Early Warning for All. Da questo punto di vista la creazione di Early Warnings for All (EW4All) è un'iniziativa rivoluzionaria, volta a garantire che ogni individuo sulla Terra sia protetto da condizioni meteorologiche, acqua o eventi climatici pericolosi attraverso sistemi di allerta precoce salvavita entro la fine del 2027. I sistemi di allerta precoce hanno dimostrato di essere una soluzione economica e affidabile per proteggere le vite e i mezzi di sussistenza dai pericoli naturali. Dare un preavviso di sole 24 ore di un evento pericoloso imminente può ridurre i danni del 30%.
Stato attuale dei sistemi di allerta precoce multirischio (MHEWS). Nonostante i progressi, permangono numerose lacune: a marzo 2024 solo il 55% dei paesi segnala l'esistenza di un sistema di allerta precoce multirischio. Se, ad esempio, 98 paesi hanno dichiarato di essere in possesso di un sistema di diffusione e comunicazione degli allarmi, soltanto 53 paesi hanno segnalato di essere a conoscenza degli effettivi rischi di catastrofi. Le lacune, come atteso, sono più pronunciate nei paesi meno sviluppati e anche se esistono delle eccezioni la copertura è ancora carente soprattutto nei piccoli stati insulari. La copertura MHEWS è notevolmente bassa nelle Americhe e nella regione dei Caraibi, nonché in Africa. I piani nazionali di adattamento dei paesi (NAP) prevedono tutti la presenza di sistemi MHEWS come priorità. L'iniziativa EW4All mira quindi a incrementare ulteriormente gli sforzi in tal senso.
Conclusioni
Le informazioni
sul clima sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi di energia
rinnovabile, per individuare e mitigare le cause intervenendo quanto più possibile in maniera olistica e per sviluppare modelli di risposta, adattamento e prevenzione.
Comprendere la variabilità e il
cambiamento climatico è fondamentale per ottimizzare
la produzione di energia rinnovabile, garantire la resilienza del sistema
energetico e analizzare i modelli di domanda di energia, in particolare per il
riscaldamento e il raffreddamento.
È in corso di pubblicazione, a
tale proposito, realizzato dall'OMM, dall'Agenzia internazionale per le energie
rinnovabili (IRENA) e da Copernicus insieme, un documento che esaminerà
i cambiamenti in relazione a quattro indicatori chiave dell'energia rinnovabile
e della relativa domanda: eolico, solare, idroelettrico, allo scopo di
individuare come questi siano estremamente sensibili alle condizioni climatiche
non necessariamente legate ai soli aspetti geografici.
[1]
Per un confronto sugli ordini di grandezza la quantità totale di energia
che ogni secondo investe la Terra,
decurtata della parte riflessa (il 30% di quella incidente), è pari a 170.000
TW.