24 settembre 2025

No! Il cambiamento climatico non è una truffa con dati manipolati

Sommario

Introduzione
Origine dei dati climatici: raccolta, elaborazione e verifica
La realtà innegabile: la scienza del cambiamento climatico
Sfatare i miti: affrontare le accuse di manipolazione
Il pericolo della sfiducia: conseguenze per la politica e la percezione pubblica
Conclusioni

Introduzione

In linea con le dichiarazioni di gennaio scorso, con la richiesta di redazione di un rapporto pieno di imprecisioni e falsità, ecco il recentissimo intervento di Trump all'ONU, che se non fosse tragico sarebbe esilarante. Questo sì che è un esempio evidente di manipolazione!

L'affermazione che il cambiamento climatico sia una montatura  è quasi diventata un luogo comune, un inganno perpetuato dagli scienziati al soldo di chissà quali poteri occulti, che manipolano dati e informazioni allo scopo di favorire ora una cosa ora l’altra. Tuttavia, questa affermazione si sgretola sotto il peso di prove schiaccianti e di rigorosi processi scientifici che hanno reso la realtà del cambiamento climatico in atto pressoché inequivocabile, al di là di ogni ragionevole dubbio. La verità è che i dati climatici sono solidi, credibili e meticolosamente verificati, e le accuse di manipolazione sono infondate. Per cambiamento climatico[1] si intende qui quanto indicato dal punto 2 dell’Art. 1 della costituzione della UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change, nata nel 1992): «(…) si intende un cambiamento del clima attribuito direttamente o indirettamente all'attività umana che altera la composizione dell'atmosfera globale e che si aggiunge alla variabilità climatica naturale osservata in periodi di tempo comparabili.». Ed è questo, uno dei processi che può condizionare fortemente la rivalità e la competizione tra le grandi potenze del pianeta, oltre ai nuovi equilibri che gli assetti geopolitici globali stanno vedendo nascere.

Le voci negazioniste hanno forme molteplici, le forme della bugia, dell’imbroglio, della malafede e del complottismo. Con metodo, ovviamente scientifico, senza ardire a proclamarne la verità assoluta, di contro la voce scientifica è una, chiarissima. La voce dei fatti incontrovertibili, delle evidenze sperimentali, dei risultati matematici della modellizzazione, dei confronti tra posizioni fino al cosiddetto consenso scientifico. Fortunatamente le prime sembrano avviarsi infine ad essere sempre più flebili e arroccate sulle loro posizioni sbagliate tanto quanto, e tanto per iniziare, quanto quelle degli astrologi che credono che ancora oggi, tra gennaio e febbraio, la Terra sia in Acquario.

Mettere in dubbio persino il significato dei dati che portano a pensare che una determinata teoria scientifica sia un «fatto», come fa lo scettico radicale, è analogo a quello che conduce a dubitare dell’esistenza stessa del mondo esterno. E il dubbio sull’esistenza di un mondo presuppone la volontà di ricercare come stanno le cose, e quest’ultima presuppone che ci sia un modo in cui le cose sono che, per lo scettico radicale, o non possiamo conoscere o è completamente illusorio. Ma anche l’essere illusorio rispetto a noi, se le cose stessero così, sarebbe qualcosa, sarebbe appunto il modo di essere del mondo. Un ragionamento simile in genere provoca il collasso del negazionista alla quinta riga: e nonostante non sia la famosa supercazzola, il più delle volte si ritira nel nulla, altre diventa aggressivo, e pericoloso.

La posizione «ormai è troppo tardi» è un'altra delle tipiche posizioni negazioniste a cui arriva o cerca di arrivare il negazionista tipico, o chi esprima scetticismo radicale. L'ultima posizione, la più disperata dopo averle tentate tutte. I negazionisti, che si tratti di clima, virus, danni da inquinamento o da tabagismo, prima negano, poi negano le responsabilità quando non possono più farlo con i fatti, scaricano colpe altrove, poi minimizzano; quando non riescono più a fare tutto questo cercano di salvaguardare il profitto il più possibile, se si parla di regole iniziano a dire questo no, quest'altro nemmeno, non potete fermare tutto ecc. E alla fine, disperati «tanto ormai è tardi» buttato lì. Il negazionismo in cinque mosse.

In fondo, tutti vorremmo sperare che i negazionisti climatici abbiano ragione. Se per caso venisse fuori che, veramente, è stato tutto un abbaglio, che il clima non sta cambiando così velocemente come sembra o che, perlomeno, l’uomo non c’entra nulla…sarebbe come risvegliarsi da un incubo: il mostro che ti stava rincorrendo non esiste. Ma così non è.

Origine dei dati climatici: raccolta, elaborazione e verifica

Classifica mensile di temperatura media globale per il periodo 2001-oggi. Conoscendo le temperature globali medie per ogni mese, è stata ricostruita la classifica dei mesi più caldi a partire dal 1880. Per vedere quale sia stato il marzo più caldo, o il secondo agosto più caldo, o il terzo novembre più caldo, si deve far riferimento al numero corrisponde alla posizione in classifica. Quindi ad esempio  1  sulla riga del mese di aprile indica l'anno dall'aprile più caldo,  2  l'anno del secondo aprile più caldo,  20  l'anno del ventesimo aprile più caldo, e così via. Il cromatismo rosso-blu più o meno intensi indicano dal più caldo al più freddo, rosso e blu scuri rispettivamente. Dal grafico si nota come i mesi più vicini ai nostri giorni siano effettivamente tra i più rossi, e quindi più caldi. Notiamo anche come non serva andare troppo indietro negli anni per trovare il mese più caldo mai misurato. Questo ancora una volta mostra che il nostro pianeta si sta scaldando come mai sia stato registrato fino ad ora. (@galselo su chpdb.it)

Per comprendere l'integrità della climatologia, la scienza del clima, è fondamentale definire cosa intendiamo per dati, informazioni e manipolazione. I dati si riferiscono a fatti e cifre grezze, come le letture della temperatura e della pressione, il livello del mare e le concentrazioni dei gas componenti l’atmosfera. Quando questi dati vengono analizzati, interpretati e contestualizzati, diventano informazioni che otteniamo sulle tendenze climatiche. Questa cospicua parte del lavoro dei climatologi o di altri scienziati è una noiosissima normalizzazione e omogeneizzazione di milioni (!) di valori. E laddove manchino dati derivanti da misurazioni dirette esistono gli annuari, i diari, gli appunti ed altri documenti tramandatici dalla storia e realizzati, fin da quando furono inventati termometri e barometri. E prima? Ci sono i cosiddetti proxy data, dati per procura, indiretti, come quelli relativi al polline dei vegetali o alla presenza (o assenza) di determinati microrganismi fossili, testimoni di condizioni climatiche particolari, i rapporti isotopici di alcuni elementi chimici, fino all’analisi della composizione delle bolle d’aria rimaste intrappolate nel ghiaccio accumulatosi migliaia o decine di migliaia di anni fa, estratto dalla profondità dei ghiacciai o delle calotte polari (paleoclimatologia).

Ed ecco che già si delinea un quadro in cui la manipolazione, in questo contesto, che implica l'alterazione deliberata di dati o informazioni per presentare una falsa narrazione diventa qualcosa di assai improbabile, dovendo essere coordinata e normalizzata a livello globale. La raccolta di dati climatici è uno sforzo globale e collaborativo, fatto da migliaia di scienziati provenienti da diverse istituzioni in tutto il mondo, che raccolgono queste enormi quantità di dati utilizzando metodi standardizzati e strumenti calibrati, dalle stazioni meteorologiche e dai satelliti alle boe oceaniche e alle carote di ghiaccio. Dati quindi sottoposti a rigorosi controlli di qualità, tra cui la verifica indipendente, il cosiddetto peer review[2] e l'accessibilità pubblica, rendendo praticamente impossibile qualsiasi manipolazione coordinata su larga scala. Infine, molto spesso, gli scienziati contribuiscono alla ricerca volontariamente e gratuitamente, azzerando qualsiasi sospetto di interesse.

La realtà innegabile: la scienza del cambiamento climatico

Le prove del cambiamento climatico non sono aneddotiche; sono un arazzo tessuto da innumerevoli linee di indagine indipendenti. Organizzazioni come l'IPCC, che sintetizza il lavoro di migliaia di scienziati in tutto il mondo, riportano costantemente una chiara tendenza al riscaldamento, strettamente associato all’attività umana, con una sovrapposizione più che evidente della crescita di quest’ultima, a partire dalla rivoluzione industriale, su quella del quantitativo di gas cosiddetti climalteranti (il più famoso dei quali è il biossido di carbonio, più noto come anidride carbonica).  Assistiamo all'aumento delle temperature globali, alla fusione dei ghiacciai e delle calotte glaciali, all'innalzamento del livello del mare e a eventi meteorologici estremi più frequenti e violenti. Il consenso scientifico sui cambiamenti climatici causati dall'uomo è schiacciante, con studi che dimostrano che oltre il 97% degli scienziati del clima che pubblicano attivamente concordano sul fatto che le tendenze del riscaldamento climatico nell'ultimo secolo sono pressoché inequivocabilmente dovute alle attività umane, a partire da quelle legate al consumo di combustibili fossili, ovvero carbone, petrolio e gas naturale. Questo consenso non si basa su un singolo studio, ma su decenni di prove accumulate in varie discipline. Il 97%, e forse anche più, concorda: risulta abbastanza difficile ipotizzare che anche in questo caso abbiano ragione coloro che soffrono di paranoia da complotto, come diceva Umberto Eco, e che vede noi italiani un po’ più ossessionati dall’idea che in qualche modo esista un potere che menta continuamente; idea che nasce soprattutto dal fatto che le spiegazioni più evidenti di molti dati preoccupanti non ci soddisfano, e spesso non lo fanno perché ci fa male accettarle. Certamente, lo insegna la scienza col suo metodo, ogni conclusione scientifica è vera fino a prova contraria, soprattutto sulle ricerche più recenti occorre sempre mantenere un atteggiamento di cautela e gli scienziati devono continuamente, in un certo qual modo, generare dubbi, persino sul loro stesso operato, ai dubbi seguono nuove ipotesi, nuovi modelli, nuove verifiche e, laddove necessario, un cambio di paradigma. Ma sull’argomento in oggetto i modelli realizzati, gli scenari futuri previsti, sembra proprio non abbiano bisogno di ulteriori conferme, e sono ormai passati diversi decenni da quando furono impostate le prime ricerche sul cambiamento climatico, tristemente confermate dalle evidenze osservate.

Nella figura sopra l'andamento della variazione media di temperatura rispetto alla media globale: si è modellato uno scenario dovuto alla sole attività naturali, solare e vulcanica, rispetto ad uno dove la forzante antropogenica si somma alle tendenze naturali. I dati osservati, cioè misurati, concordano col secondo modello. (ResearchGate, agosto 2023)

Sfatare i miti: affrontare le accuse di manipolazione

Le accuse di manipolazione dei dati emergono spesso. Una delle, se non la più famosa fu quella chiamata controversia sul bastone da hockey. Nel 1998, sulla base dell’analisi di migliaia di proxy data, fu presentato e discusso un diagramma - la cui forma ricorda appunto una mazza da hockey su ghiaccio - che presentava la temperatura media dell’emisfero settentrionale dell’ultimo millennio. Le ricostruzioni evidenziano costantemente mostrato una lenta tendenza al raffreddamento a lungo termine di raffreddamento a lungo termine, che si è improvvisamente trasformato in un riscaldamento accelerato a partire dalla fine del XIX secolo e impennatosi a metà del XX. Oggi sappiamo che le cose sono andate proprio così, se non peggio in termini di valori. Ma già allora era una prova del riscaldamento globale in atto e del conseguente cambiamento climatico.

La ricostruzione del 1998 fu subito messa in discussione da parte di alcuni critici, non molti, ma spesso fonti autorevoli perché famosi in altri campi della scienza. Alcuni in buona fede e operanti con spirito scientifico ma la maggior parte si scoprì a breve legati a gruppi di pressione finanziati dall'industria dei combustibili fossili, nel tentativo di mettere in dubbio nemmeno solo quei risultati, ma addirittura tutta la climatologia. In sostanza i critici ritenevano che i dati fossero stati manipolati per dare alla curva questa forma. Tuttavia, numerosi studi indipendenti, compreso uno del nostro CNR, utilizzando diverse metodologie e insiemi di dati anche diversi furono in grado di replicare il modello del bastone da hockey, convalidando i risultati iniziali.

Un altro degli esempi più frequentemente citati di su presunte manipolazioni fu la controversia sul Climategate del 2009, parafrasando il famoso scandalo presidenziale americano del Watergate. Furono sottratte con l’inganno, ad opera di hacker prezzolati, dozzine di messaggi di posta elettronica dall'Università dell'East Anglia, selezionate e travisate per suggerire che gli scienziati stavano complottando per sopprimere i veri dati o esagerare il tasso del riscaldamento. Diverse indagini indipendenti sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito hanno successivamente scagionato gli scienziati da qualsiasi illecito, concludendo che i dati non furono manipolati e che furono seguite correttamente tutte le pratiche scientifiche standard.

Questo tipo di accuse spesso selezionano i dati ad hoc, quelli che fanno comodo, travisano i metodi scientifici o ignorano il più ampio corpo di prove. I climatologi, non diversamente da altri scienziati, sono trasparenti riguardo ai loro dati e alle loro metodologie, anzi lo fanno proprio in cerca di conferme, e il loro lavoro è sottoposto a un esame approfondito, rendendo incredibilmente difficile perpetrare inganni diffusi.

Nella figura sopra la curva smussata mostrata in blu con il suo intervallo di incertezza in azzurro, è sovrapposta a punti verdi che mostrano la media globale trentennale data da una ricostruzione del 2013. La curva rossa mostra la temperatura media globale misurata con dati dal 1850 al 2013. (Wikipedia)

Il pericolo della sfiducia: conseguenze per la politica e la percezione pubblica

La libertà d'opione è libertà di mentire? Il persistente tentativo di indebolimento della climatologia ha gravi implicazioni. La sfiducia nei dati scientifici può paralizzare l'azione politica, ostacolando la nostra capacità di affrontare una crisi che richiede un'urgente cooperazione globale. Quando il pubblico è indotto a credere che i dati climatici siano fabbricati, erode la fiducia nelle istituzioni scientifiche e rende difficile l'attuazione di strategie efficaci di mitigazione e adattamento. Affidarsi ad affermazioni non verificate e disinformazione, piuttosto che a ricerche peer-reviewed e al consenso degli esperti, crea un ambiente pericoloso in cui le decisioni critiche si basano sull'ideologia piuttosto che sui fatti.

E spesso, in buona o cattiva fede che sia, il clima di sfiducia, che sfoga spesso in violenza verbale o derisione, è scatenato da appartenenti al mondo scientifico che, pur non avendo competenze specifiche né esperienza in materia di climatologia o geofisica, si dilettano di interessarsi al tema. Curiosa, ad esempio, fu l’attenzione che si rivolse a un Nobel per la fisica (premiato per i suoi lavori sulla Meccanica Quantistica nel 2022, e che non ha mai lavorato su nulla relativo al clima o alla fisica dell’atmosfera) che esprimeva dubbi profondi sui risultati delle ricerche climatiche, mentre si è talvolta preferito ignorare i Nobel del 2021, sempre in fisica, conferiti a tre climatologi proprio per aver correttamente previsto e modellato il riscaldamento globale originato dalle attività umane. L’opinione non suffragata di un singolo, per quanto illustre, non conta nulla a fronte dei tre pilastri principali del consenso scientifico: i dati, le equazioni e i modelli. Al momento attuale, la stragrande maggioranza di coloro che si occupano di climatologia è soddisfatta dalla spiegazione antropogenica del riscaldamento globale, a fronte dei dati, delle equazioni e dei modelli a nostra disposizione, e nessuna delle ipotesi alternative, e men che meno le opinioni alternative, soddisfa questi criteri.

Per non parlare di quei casi in cui la montatura e la manipolazione sono costruiti e diffusi da manipoli di scienziati al soldo dell’industria o della politica, da comitati think tank o da organizzazioni sovranazionali con interessi soprattutto economici: sono qui i veri manipolatori, come hanno ottimamente raccontato, fin dal 2015, Oreskes e Conway nel loro libro “Mercanti di dubbi” (a breve sarà disponibile qui la mia recensione).

Senza tra l'altro dimenticare il danno causato da quella sorta di catastrofismo climatico che va diffondendosi, e che genera un pericolo altrettanto serio, quello dell'inazione o, ancora più gravemente, una gestione fallimentare del cambiamento climatico, che ho trattato in una serie di tre post; quadro già molto ben tratteggiato, purtroppo.

Conclusioni

In definitiva, le affermazioni sulla manipolazione dei dati e delle informazioni riguardanti il cambiamento climatico sono palesemente false. La natura robusta, trasparente e collaborativa a livello globale della scienza del clima, unita a prove schiaccianti e al consenso degli esperti, confuta fermamente queste accuse. Fidarsi di dati scientifici credibili non è un'opzione ma una necessità per prendere decisioni informate e salvaguardare il nostro futuro. Dobbiamo valutare criticamente le fonti di informazione e sostenere l'azione per il clima, guidati dalle prove innegabili fornite da una rigorosa indagine scientifica.

Il cambiamento climatico va affrontato con una sfida relativa alla gestione complessiva, che va spiegata ai cittadini perché ciò che oggi definiamo emergenza rappresenta qualcosa che sarà molto più comune in futuro.

Il dibattito odierno è tuttavia ancora bloccato su posizioni pressoché dogmatiche, inutili e sterili. Da una parte c'è chi dice che l'agire deve avvenire solo in risposta al rischio evidente di catastrofe climatica, posizione stupida perché, quando e se coloro che la sostengono avranno avuto ragione, sarà troppo tardi per le reazioni; d'altra parte, gli oppositori non esprimono più che far finta di nulla, accusando di catastrofismo i primi. Possiamo discutere sull'utilità, soprattutto politica, di una narrazione catastrofista, ma non possiamo negare che, se non verrà posto un freno o un limite alle emissioni di gas che alterano il bilancio termico del pianeta, le conseguenze saranno disastrose.

La scienza ovviamente non deve legittimare le scelte politiche, perché la tecnologia, sua derivazione, è fonte di potere; ma è indiscutibile che deve fornire i mezzi per supportarle, per guidarle, e la politica al tempo stesso deve innanzitutto fare in modo che il linguaggio scientifico sia reso accessibile alla cittadinanza, sia capito in modo che questa possa sostenere e legittimare le scelte politiche, affinché le scelte condivise siano sottoposte al vaglio della comunità.

I risultati scientifici sono comunque chiari: il clima sta cambiando, rapidamente. Resta da capire quanto e con quali impatti anche se le idee in proposito sono già parecchio chiare.

Questi risultati non derivano da domande poste da ambientalisti in cerca di conferme alle loro tesi particolari ma da interrogativi che nacquero quando si cercava di capire come funziona il sistema, senza scopi politici reconditi, quando la climatologia muoveva i primi passi.

Veicolare questi risultati al grande pubblico è fondamentale, soprattutto perché bombardato continuamente dalla diffusione di false notizie amplificate dalla cassa di risonanza dei social e realizzate perlopiù per strumentalizzare, in un'epoca di incremento del disinteresse e dell'ignoranza generalizzata.

La climatologia ha già fatto la sua parte, occorrono adesso scelte che non siano solo basate su principi di precauzione, notoriamente inutili in questi casi perché non indicano una strada univoca.




[1] Anche se numerose sono le fonti che utilizzano il concetto di “cambiamenti climatici” al plurale, perché ritenuto più inclusivo e accurato a sottolineare la complessità del fenomeno, personalmente preferisco il singolare “cambiamento climatico”, derivata dall’originale Climate Change introdotta nel 1992 con la nascita di UNFCCC. Il termine era in origine utilizzato come riferimento al riscaldamento globale; è mia opinione che il cambiamento, per quanto complesso, sia unico come causale di molteplici conseguenze.

[2] Pratica indispensabile nel mondo della ricerca, permette di discriminare un articolo con fondamenta scientifiche da uno che non ne ha, accreditando il primo e screditando il secondo. Questo lavoro viene svolto dalle riviste scientifiche, che con i propri revisori, operano una valutazione critica (revisione) del lavoro che verrà pubblicato. I revisori sono protetti dall'anonimato e generalmente privi di qualsiasi conflitto di interesse.



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