Sommario
Introduzione
Origine dei dati climatici: raccolta,
elaborazione e verifica
La realtà innegabile: la scienza del
cambiamento climatico
Sfatare i miti: affrontare le accuse
di manipolazione
Il pericolo della sfiducia:
conseguenze per la politica e la percezione pubblica
Conclusioni
Introduzione
In linea con
le dichiarazioni di
gennaio scorso, con la richiesta di redazione di un rapporto pieno
di imprecisioni e falsità, ecco il recentissimo intervento di
Trump all'ONU, che se non fosse tragico sarebbe esilarante. Questo sì che
è un esempio evidente di manipolazione!
Le voci negazioniste
hanno forme molteplici, le forme della bugia, dell’imbroglio, della malafede e
del complottismo. Con metodo, ovviamente scientifico, senza ardire a
proclamarne la verità assoluta, di contro la voce
scientifica è una, chiarissima. La voce dei fatti incontrovertibili, delle
evidenze sperimentali, dei risultati matematici della modellizzazione, dei
confronti tra posizioni fino al cosiddetto consenso scientifico. Fortunatamente le prime sembrano
avviarsi infine ad essere sempre più flebili e arroccate sulle loro posizioni
sbagliate tanto quanto, e tanto per iniziare, quanto quelle degli astrologi che
credono che ancora oggi, tra gennaio e febbraio, la Terra sia in
Acquario.
Mettere in
dubbio persino il significato dei dati che portano a pensare che una
determinata teoria scientifica sia un «fatto», come fa lo scettico radicale, è
analogo a quello che conduce a dubitare dell’esistenza stessa del mondo
esterno. E il dubbio sull’esistenza di un mondo presuppone la volontà di
ricercare come stanno le cose, e quest’ultima presuppone che ci sia un modo in
cui le cose sono che, per lo scettico radicale, o non possiamo conoscere o è
completamente illusorio. Ma anche l’essere illusorio rispetto a noi, se le cose
stessero così, sarebbe qualcosa, sarebbe appunto il modo di essere del
mondo. Un ragionamento simile in genere provoca il collasso del negazionista
alla quinta riga: e nonostante non sia la famosa supercazzola, il
più delle volte si ritira nel nulla, altre diventa aggressivo, e pericoloso.
La posizione «ormai
è troppo tardi» è un'altra delle tipiche posizioni negazioniste a cui
arriva o cerca di arrivare il negazionista tipico, o chi esprima scetticismo
radicale. L'ultima posizione, la più disperata dopo averle tentate tutte. I
negazionisti, che si tratti di clima, virus, danni da inquinamento o da
tabagismo, prima negano, poi negano le responsabilità quando non possono più
farlo con i fatti, scaricano colpe altrove, poi minimizzano; quando non
riescono più a fare tutto questo cercano di salvaguardare il profitto il più
possibile, se si parla di regole iniziano a dire questo no, quest'altro
nemmeno, non potete fermare tutto ecc. E alla fine, disperati «tanto ormai è
tardi» buttato lì. Il negazionismo in cinque mosse.
In fondo,
tutti vorremmo sperare che i negazionisti climatici abbiano ragione. Se per
caso venisse fuori che, veramente, è stato tutto un abbaglio, che il clima non
sta cambiando così velocemente come sembra o che, perlomeno, l’uomo non c’entra
nulla…sarebbe come risvegliarsi da un incubo: il mostro che ti stava
rincorrendo non esiste. Ma così non è.
Origine dei dati climatici: raccolta, elaborazione
e verifica
Per comprendere l'integrità della climatologia, la scienza del clima, è fondamentale definire cosa intendiamo per dati, informazioni e manipolazione. I dati si riferiscono a fatti e cifre grezze, come le letture della temperatura e della pressione, il livello del mare e le concentrazioni dei gas componenti l’atmosfera. Quando questi dati vengono analizzati, interpretati e contestualizzati, diventano informazioni che otteniamo sulle tendenze climatiche. Questa cospicua parte del lavoro dei climatologi o di altri scienziati è una noiosissima normalizzazione e omogeneizzazione di milioni (!) di valori. E laddove manchino dati derivanti da misurazioni dirette esistono gli annuari, i diari, gli appunti ed altri documenti tramandatici dalla storia e realizzati, fin da quando furono inventati termometri e barometri. E prima? Ci sono i cosiddetti proxy data, dati per procura, indiretti, come quelli relativi al polline dei vegetali o alla presenza (o assenza) di determinati microrganismi fossili, testimoni di condizioni climatiche particolari, i rapporti isotopici di alcuni elementi chimici, fino all’analisi della composizione delle bolle d’aria rimaste intrappolate nel ghiaccio accumulatosi migliaia o decine di migliaia di anni fa, estratto dalla profondità dei ghiacciai o delle calotte polari (paleoclimatologia).
La realtà innegabile: la scienza del cambiamento
climatico
Nella figura sopra l'andamento della variazione media di temperatura rispetto alla media globale: si è modellato uno scenario dovuto alla sole attività naturali, solare e vulcanica, rispetto ad uno dove la forzante antropogenica si somma alle tendenze naturali. I dati osservati, cioè misurati, concordano col secondo modello. (ResearchGate, agosto 2023)
Sfatare i miti: affrontare le accuse di
manipolazione
La ricostruzione del 1998 fu
subito messa in discussione da parte di alcuni critici, non molti, ma spesso
fonti autorevoli perché famosi in altri campi della scienza. Alcuni in buona
fede e operanti con spirito scientifico ma la maggior parte si scoprì a breve
legati a gruppi di pressione finanziati dall'industria dei combustibili fossili,
nel tentativo di mettere in dubbio nemmeno solo quei risultati, ma addirittura
tutta la climatologia. In sostanza i critici ritenevano che i dati fossero stati
manipolati per dare alla curva questa forma. Tuttavia, numerosi studi
indipendenti, compreso uno del nostro CNR, utilizzando diverse metodologie e insiemi
di dati anche diversi furono in grado di replicare il modello del bastone da
hockey, convalidando i risultati iniziali.
Un altro degli esempi più
frequentemente citati di su presunte manipolazioni fu la controversia sul Climategate del
2009, parafrasando il famoso scandalo presidenziale americano del Watergate. Furono
sottratte con l’inganno, ad opera di hacker prezzolati, dozzine di
messaggi di posta elettronica dall'Università dell'East Anglia, selezionate e
travisate per suggerire che gli scienziati stavano complottando per sopprimere
i veri dati o esagerare il tasso del riscaldamento. Diverse indagini
indipendenti sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito hanno successivamente
scagionato gli scienziati da qualsiasi illecito, concludendo che i dati non furono
manipolati e che furono seguite correttamente tutte le pratiche scientifiche
standard.
Questo tipo di accuse spesso
selezionano i dati ad hoc, quelli che fanno comodo, travisano i metodi
scientifici o ignorano il più ampio corpo di prove. I climatologi, non
diversamente da altri scienziati, sono trasparenti riguardo ai loro dati e alle
loro metodologie, anzi lo fanno proprio in cerca di conferme, e il loro lavoro
è sottoposto a un esame approfondito, rendendo incredibilmente difficile
perpetrare inganni diffusi.
Nella figura sopra la curva smussata mostrata in blu con il suo intervallo di incertezza in azzurro, è sovrapposta a punti verdi che mostrano la media globale trentennale data da una ricostruzione del 2013. La curva rossa mostra la temperatura media globale misurata con dati dal 1850 al 2013. (Wikipedia)
Il pericolo della sfiducia: conseguenze per la
politica e la percezione pubblica
E spesso, in buona o cattiva
fede che sia, il clima di sfiducia, che sfoga spesso in violenza verbale o
derisione, è scatenato da appartenenti al mondo scientifico che, pur non avendo competenze specifiche né
esperienza in materia di climatologia o geofisica, si dilettano di
interessarsi al tema. Curiosa, ad esempio, fu l’attenzione che si rivolse a un
Nobel per la fisica (premiato per i suoi lavori sulla Meccanica Quantistica nel
2022, e che non ha mai lavorato su nulla relativo al clima o alla fisica
dell’atmosfera) che esprimeva dubbi profondi sui risultati delle ricerche
climatiche, mentre si è talvolta preferito ignorare i Nobel del 2021, sempre in
fisica, conferiti a tre climatologi proprio per aver correttamente previsto e modellato
il riscaldamento globale originato dalle attività umane. L’opinione non
suffragata di un singolo, per quanto illustre, non conta nulla a fronte dei tre
pilastri principali del consenso scientifico: i dati, le equazioni e i modelli.
Al momento attuale, la stragrande maggioranza di coloro che si occupano di
climatologia è soddisfatta dalla spiegazione antropogenica del riscaldamento
globale, a fronte dei dati, delle equazioni e dei
modelli a nostra disposizione, e nessuna delle ipotesi alternative, e
men che meno le opinioni alternative, soddisfa questi criteri.
Per non parlare di quei casi
in cui la montatura e la manipolazione sono costruiti e diffusi da manipoli di
scienziati al soldo dell’industria o della politica, da comitati think tank
o da organizzazioni sovranazionali con interessi soprattutto economici: sono
qui i veri manipolatori, come hanno ottimamente raccontato, fin dal 2015,
Oreskes e Conway nel loro libro “Mercanti di dubbi” (a breve sarà disponibile qui
la mia recensione).
Senza tra l'altro dimenticare il danno causato da quella sorta di catastrofismo climatico che va diffondendosi, e che genera un pericolo altrettanto serio, quello dell'inazione o, ancora più gravemente, una gestione fallimentare del cambiamento climatico, che ho trattato in una serie di tre post; quadro già molto ben tratteggiato, purtroppo.
Conclusioni
Il cambiamento climatico va affrontato
con una sfida relativa alla gestione complessiva, che va spiegata ai cittadini
perché ciò che oggi definiamo emergenza rappresenta qualcosa che sarà
molto più comune in futuro.
Il dibattito odierno è tuttavia
ancora bloccato su posizioni pressoché dogmatiche, inutili e sterili. Da una
parte c'è chi dice che l'agire deve avvenire solo in risposta al rischio
evidente di catastrofe climatica, posizione stupida perché, quando e se coloro
che la sostengono avranno avuto ragione, sarà troppo tardi per le reazioni;
d'altra parte, gli oppositori non esprimono più che far finta di nulla,
accusando di catastrofismo i primi. Possiamo discutere sull'utilità,
soprattutto politica, di una narrazione catastrofista, ma non possiamo negare che,
se non verrà posto un freno o un limite alle emissioni di gas che alterano il
bilancio termico del pianeta, le conseguenze saranno disastrose.
La scienza ovviamente non deve
legittimare le scelte politiche, perché la tecnologia, sua derivazione, è fonte
di potere; ma è indiscutibile che deve fornire i mezzi per supportarle, per
guidarle, e la politica al tempo stesso deve innanzitutto fare in modo che il
linguaggio scientifico sia reso accessibile alla cittadinanza, sia capito in
modo che questa possa sostenere e legittimare le scelte politiche, affinché le
scelte condivise siano sottoposte al vaglio della comunità.
I risultati scientifici sono
comunque chiari:
il clima sta cambiando, rapidamente. Resta da capire quanto e con quali impatti
anche se le idee in proposito sono già parecchio chiare.
Questi risultati non derivano da
domande poste da ambientalisti in cerca di conferme alle loro tesi particolari
ma da interrogativi che nacquero quando si cercava di capire come funziona il
sistema, senza scopi politici reconditi, quando la climatologia muoveva i primi
passi.
Veicolare questi risultati al
grande pubblico è fondamentale, soprattutto perché bombardato continuamente
dalla diffusione di false notizie amplificate dalla cassa di risonanza
dei social e realizzate perlopiù per strumentalizzare, in
un'epoca di incremento del disinteresse e dell'ignoranza generalizzata.
La climatologia ha già
fatto la sua parte, occorrono adesso scelte che non siano solo basate su
principi di precauzione, notoriamente inutili in questi casi perché non
indicano una strada univoca.
[1] Anche se numerose sono le fonti che utilizzano il concetto di “cambiamenti climatici” al plurale, perché ritenuto più inclusivo e accurato a sottolineare la complessità del fenomeno, personalmente preferisco il singolare “cambiamento climatico”, derivata dall’originale Climate Change introdotta nel 1992 con la nascita di UNFCCC. Il termine era in origine utilizzato come riferimento al riscaldamento globale; è mia opinione che il cambiamento, per quanto complesso, sia unico come causale di molteplici conseguenze.
[2] Pratica indispensabile nel mondo della ricerca, permette di discriminare un articolo con fondamenta scientifiche da uno che non ne ha, accreditando il primo e screditando il secondo. Questo lavoro viene svolto dalle riviste scientifiche, che con i propri revisori, operano una valutazione critica (revisione) del lavoro che verrà pubblicato. I revisori sono protetti dall'anonimato e generalmente privi di qualsiasi conflitto di interesse.
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