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03 settembre 2025

Una parentesi...logica

In un mio recente post c’era un breve capitolo dedicato alla matematica, ovvero alla contrapposizione tra la dimostrazione matematica e la prova scientifica in termini di validità e/o veridicità. Vi si afferma che «la conoscenza che deriva dalla logica matematica, invece, è ben più assoluta e definitiva di quella di ogni altra disciplina. Perderemo le nostre città, l'ultima delle piramidi d'Egitto si sgretolerà a terra come accadde alle altre meraviglie del mondo antico, dimenticheremo storie, poemi e le opere d'arte verranno inghiottite nella marea dei secoli, ma le intuizioni di Euclide, l'algebra o il calcolo infinitesimale no, quelli ci accompagneranno anche su un altro pianeta». 

Insomma, sicuramente per colpa mia e delle mie scarse conoscenze, per quanto nella pratica le affermazioni siano condivisibili, ho attribuito ai teoremi dimostrati un valore di verità un tantinello eccessivo. Un mio conoscente, ottimo matematico, me lo ha fatto notare e, grazie a lui, mi accingo a modificare il tiro, parlandovi di tale Kurt Gödel, definito il più grande logico dopo Aristotele, un colosso nel suo campo.

Conclusi brillantemente gli studi nel 1929 discute la sua tesi di dottorato in logica matematica. Il suo lavoro contribuisce a una grande impresa collettiva che in quegli anni sta interessando tutta la comunità scientifica: dimostrare che la matematica poggia su basi solide. È diventato un compito urgente, perché Bertrand Russell, un altro famosissimo logico, con i suoi famosi paradossi ha iniziato a far vacillare l'edificio della logica, mettendo in allarme i matematici di tutto il mondo. Che valore ha la matematica se la logica che la sorregge conduce a paradossi? Che lo dimostro a fare un teorema se i postulati che stanno alla base di tutto portano a contraddizioni? L'edificio era insomma così pericolante che la comunità matematica non vedeva l'ora di fare una bella ristrutturazione. E fu proprio questa la sfida definitiva lanciata dal celebre matematico David Hilbert che mirava a formalizzare tutta la matematica e dimostrarne la coerenza: troviamo un bel sistema assiomatico[1] che non porti a contraddizioni, dimostriamo una volta per tutte che i nostri postulati e le leggi da cui partiamo e che assumiamo sono coerenti, troviamo il modo di mettere tutto a posto. Quando Hilbert ribadisce questa necessità siamo nel 1928, durante una conferenza a Bologna, e Gödel è tra il pubblico. La sua tesi di dottorato, un anno dopo, mette effettivamente a posto un pezzetto dell'impianto logico matematico, fornendo un risultato rassicurante, ma i suoi studi successivi non saranno affatto rassicuranti. Al Circolo di Vienna presenterà per la prima volta la scoperta per cui ancora oggi è famoso: una scoperta destinata a rovesciare la matematica, la filosofia, la nostra stessa concezione del sapere e della conoscenza. Per mezzo di due teoremi traccia i limiti del nostro accesso alla verità.

questa frase non è dimostrabile

Bastano cinque parole per far crollare le certezze di generazioni dopo generazioni di pensatori. A soli 25 anni dimostra che la matematica come la conosciamo fa acqua, e non c'è niente da fare.

Dai tempi di scuola ricordiamo tutti il paradosso del mentitore, “questa frase non è vera”. Ne cambia appena una parola e scatena tutta la differenza del mondo, spostando l'attenzione da un concetto assoluto al di fuori del nostro controllo, la verità, a uno perfettamente formalizzabile, la dimostrabilità. Le parole di “questa frase non è dimostrabile” sono il cuore di un ragionamento formale complesso, difficile da cogliere anche per i suoi colleghi più brillanti, a cui Gödel mostra come millenni di storia del pensiero poggino in realtà sull’argilla. Se la frase in questione è dimostrabile, se cioè possiamo trarla come conseguenza dagli assiomi, allora è vera, e se è vera è anche vero quel che asserisce e quindi non è dimostrabile! E allora i nostri assiomi, cioè quegli enunciati che prendiamo per buoni come regole fondanti della nostra matematica, portano a una contraddizione: il nostro sistema assiomatico è incoerente. Cosa che non piace per niente portandoci ad affrontare la cosa da un altro punto di vista. Che succede se la frase incriminata non è dimostrabile? Significa che il nostro sistema permette effettivamente enunciati indecidibili, che cioè non si possono dimostrare, ma nemmeno negare! E allora il nostro sistema è incompleto. E se aggiungessimo come assiomi gli enunciati indecidibili? Niente da fare: ne salteranno fuori altri, a loro volta indecidibili: non se ne esce. Qualsiasi sistema di assiomi che contenga le nozioni base dell'aritmetica ha questo limite: o è incoerente oppure è incompleto, o avremo contraddizioni oppure avremo enunciati indecidibili.

E non è nemmeno finita qui. A partire da qualunque sistema assiomatico, cioè  un insieme di enunciati che scegliamo di dare per buoni, non c'è modo di dimostrare, partendo da quegli stessi assiomi, che non si contraddicano. Ovvero, nessuna matematica può provare la propria stessa validità.

Queste idee sono la sintesi semplificata di molte pagine di ragionamenti formali estremamente complessi, che passeranno alla storia come «I teoremi di incompletezza di Gödel».

Inizialmente l'accoglienza degli studiosi è tiepida: qualcuno pensa che ci sia un errore, altri semplicemente non capiscono o non ci credeno. Reazioni attese, visto che i suoi teoremi andavano in direzione opposta rispetto a quella immaginata e sperata dal programma di Hilbert, che invece mirava a garantire per la matematica un impianto solido e infallibile.

Gödel però non se ne rammarica. Le critiche non le legge affatto come una cattiva notizia o come una sconfitta del pensiero, anzi. Se attorno a lui le reazioni sono quanto meno scettiche,  gli piace invece che esista una differenza tra ciò che è vero e ciò che è dimostrabile: è un matematico platonico. Per lui la matematica non si inventa ma si scopre, e l'esistenza di verità intrinsecamente inaccessibili rende ancora più salda la sua visione.

Comunque, che sia perché le sue scoperte sono un po’ impopolari, perché soffre di disturbi nervosi o per le sue frequentazioni riprovevoli per la società dell’epoca, nel 1939 Kurt Gödel, ben dieci anni dopo la pubblicazione dei suoi clamorosi teoremi di incompletezza, non ha ancora una posizione permanente all'università di Vienna e la sua carriera accademica è molto ostacolata dal clima politico che si respira. Da tempo andava spesso negli Stati Uniti, il Circolo di Vienna era inviso ai nazisti (il suo fondatore fu assassinato nel 1936), finisce anch’egli nella lista nera dei nazisti, e dopo una ridicola aggressione (sua moglie li mise in fuga ad ombrellate) da parte di studenti di estrema destra decide: complice anche il richiamo nelle liste di proscrizione per il servizio militare espatria e con la Transiberiana arriva sul Pacifico, da qui in Giappone e infine, l’Università di Princeton, Stati Uniti.


[1] Un assioma è un enunciato che per principio è evidente di per sé, e che perciò non ha bisogno di esser dimostrato. I famosi postulati di Euclide possono essere considerati assiomi.