23 ottobre 2025

COP30. Dal processo all'azione?


La COP30 è alle porte: quest’anno si terrà a Belém, in Amazzonia, Brasile, location altamente simbolica. E quest’anno anticipo il mio commento, sentendomi abbastanza sicuro del fatto che, anche stavolta, sarà stato bello argomentare e fare accademia intorno a parentesi e virgole…dopo tutto se saltaste alle ultime due righe potrebbe essere amaramente divertente.

Con l’avvicinarsi della COP30 l'attenzione deve spostarsi dal processo all'azione, all’impatto che questa dovrà avere: occorre definire non una mera dichiarazione d’intenti, le solite linee guida che da anni stanno accompagnando senza efficacia le annuali conferenze delle parti. Serve una risposta credibile per contrastare gli attacchi ai molteplici aspetti del cambiamento climatico, per silenziare le voci negazioniste e per promuovere azioni volte a ridurre le emissioni, a definire l'adattamento, la mitigazione, a contenere le perdite e i danni, soprattutto in termini finanziari.

Non dovrà essere solo il solito vertice, ma una dichiarazione sulla nostra serietà nell'affrontare la crisi climatica.

Per avere successo questa COP, tutte le COP, non hanno bisogno, non soltanto, della definizione dei programmi tradizionali, ancorché importanti, e nemmeno solo dei risultati attesi o conseguiti in tema di adattamento, transizione, mitigazione, o di implicazioni economiche: tutto ciò è definito, misurabile e controllabile in quanto presente nel cosiddetto Global Stocktake (GST), il bilancio globale, ovvero il meccanismo di valutazione dei progressi ottenuti a livello globale nella risposta alla crisi climatica e nell’implementazione delle contromisure. Mitigazione, adattamento, mezzi economici di attuazione e sostegno, ripetiamolo, sono conosciuti e definiti, ma questi, privi del necessario supporto, portano e hanno portato rapidamente ad una gestione che non ho esitato a definire fallimentare.

Indubbiamente sono tutte tematiche importanti ed essenziali, ma anche tutte insieme, non costituiscono il “grande obiettivo” di cui questa COP ha bisogno per avere successo.

Non retorica, ma credibilità

Occorre in primo luogo una cover decision: un documento chiave alla fine della conferenza internazionale sul clima che delinea i principali obiettivi e traguardi politici, un accordo primario, basato sul consenso, che stabilisca l'agenda e tenga traccia dei progressi per le azioni future, come fu per il Patto di Glasgow della COP26 o prima ancora l’Accordo di Parigi della COP21; rappresentare una strategia volta a colmare le significative carenze complessivamente riscontrate, soprattutto quelle legate ai piani ambiziosi di azioni riguardanti il cambiamento climatico. Continuerò ad usare la sua definizione inglese, noi lo chiameremmo documento programmatico: lo so, richiama subito alla mente tante belle chiacchiere nostrane[1]

La credibilità della COP30 si basa proprio sul come affronterà tutto questo. I tentativi di spacciare, ancora una volta la COP30 per un successo, senza una risposta del genere, sembrano vani, soprattutto dopo le precedenti edizioni piuttosto scarse in termini di risultati, e a volte paradossali, almeno in termini di sede. Se la COP30 deve colmare il vuoto decisionale lasciato dopo tante belle dichiarazioni d’intenti, ecco che emerge ancora più forte l’esigenza di una cover decision.

All'ultima COP, si è assistito ad un gran parlare di mitigazione e adattamento, senza però affiancarci un serio programma di provvedimenti economici e finanziari legati al cambiamento climatico. Ed è questo è il punto più critico. I paesi in via di sviluppo e quelli più vulnerabili esigono meccanismi di finanziamento più solidi e concreti. Sarà cruciale definire come sbloccare i flussi di capitale per l'adattamento agli impatti e per la mitigazione delle emissioni, superando le promesse generiche. La finanza climatica è la chiave per costruire fiducia tra le nazioni.

Un’azione climatica davvero efficace deve introdurre e partire dalla più grande delle emergenze: le disuguaglianze economiche. Omettere dal quadro generale tutti gli aspetti di giustizia sociale e redistribuzione delle risorse non porta da nessuna parte. Se l’umanità non capirà che la transizione energetica è innanzi tutto un problema sociale non sarà mai davvero conscia della gravità del cambiamento climatico. E, amara considerazione, dei fondi stanziati, a chiacchiere, non un solo dollaro finora è realmente giunto nelle casse dei paesi più bisognosi.

Senza impegni concreti – in particolare nuovi finanziamenti credibili da parte dei paesi ricchi – la storia rischia di ripetersi. Il processo da solo non è garanzia di successo, ma un processo mal gestito è la ricetta per il fallimento.

La COP30 dovrebbe chiudere il ciclo di ambizioni del Global Stocktake, lanciato alla COP28, e non basta affatto inquadrare queste velleità o buoni propositi che sia, in termini di temperatura media globale da non superare.

La COP30 è considerata una tappa cruciale, arrivando a 10 anni di distanza dall'Accordo di Parigi. L'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale a 1.5 °C è ancora lontano. C'è l'urgente necessità che paesi presentino i loro piani relativi agli obiettivi di riduzione delle emissioni, in linea con le indicazioni scientifiche, ma finora, quasi il 95 percento dei paesi non ha rispettato la data di presentazione! Il Brasile, come ospite, cercherà di posizionarsi come leader di questa spinta, possibilmente tutt’altro che nudging.

Tra i paesi che hanno fatto i compiti a casa ci sono gli Emirati Arabi Uniti, il Brasile, la Svizzera, il Regno Unito, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti, il cui piano però dovrebbe essere abbandonato dal presidente Trump che vuole uscire dall'Accordo di Parigi a partire dal 2026. Nella lista figurano anche Uruguay, Andorra, Ecuador e Santa Lucia, Isole Marshall, Singapore e Zimbabwe. Anche il Canada si è aggiunto, nonostante le critiche. 

Cina, Unione Europea e India non hanno ancora presentato i loro piani climatici, paesi tra i principali responsabili della crisi climatica. I segnali politici sull’azione climatica globale non sono positivi.

Dalle parole ai fatti?
Ciò nonostante, una cover decision potrebbe non essere il mezzo più efficace, per lo meno non da sola. È tempo che la COP vada oltre la negoziazione continua, a volte una vero e proprio conflitto, sulla formulazione delle decisioni, e si dedichi davvero a sostenere e facilitare l'attuazione. Ovviamente una COP, ma nemmeno UNFCCC, non sono organi decisionali, legislativi, ma non devono nemmeno essere ridotti al ruolo di portavoce, più o meno ufficiale e ascoltato, dei problemi legati al cambiamento climatico: quelli sono sotto gli occhi di tutti. Facendo inoltre attenzione all’aspetto, in un certo qual modo, burocratico: una cover decision non fornisce necessariamente una migliore panoramica dei risultati, né facilita il raggiungimento di un equilibrio tra diverse priorità.

In secondo luogo, mentre la giustificazione iniziale a Glasgow nel 2021 era la valida necessità di affrontare gli ambiziosi (irrealizzabili?) processi di mitigazione (argomento validissimo anche a Belém), proporre una cover decision inevitabilmente apre la porta all'inserimento di una serie di altri argomenti: il dibattito si amplia e rischia rapidamente di trasformarsi in un ginepraio. Anche se c’è chi vede tutto ciò come un modo per garantire l'equilibrio tra gli argomenti, man mano che i problemi si moltiplicano il prezzo da pagare sale. Un esempio? Dopo la COP27 del 2022 a Sharm el-Sheikh, in Egitto, fu presentato un documento conclusivo (cover decision) contenente ben 17 sezioni! Tutte rimaste lettera morta. Non ci credete? Leggete voi stessi, al primo punto stiamo ancora al ringraziamento e al riconoscimento del contributo scientifico. E qui potete trovare, in italiano, quanto prodotto a Glasgow alla COP26.

In terzo luogo, le cover decision spesso danno origine a mandati mal preparati. Il programma di lavoro sulla mitigazione di Glasgow e il programma di lavoro sulla giusta transizione di Sharm El Sheikh avevano buone ragioni, ma la loro portata e i loro obiettivi sono stati poco discussi prima dell'adozione delle decisioni, e da allora le parti hanno faticato a trovare un accordo su come attuarli. Lettera morta, ancora.

Occorre invece razionalizzare e migliorare i mandati già esistenti, assicurando l’istituzione di processi che facciano la differenza e non che li ostacolino ulteriormente.

Allora, cos’altro opporre, o affiancare, ad una cover decision tutta da realizzare?

Argomenti principali della Action Agenda della COP30

Action! Agenda! Forum!
La cosa migliore sembra quella di realizzare un forum di attuazione, passare all’azione, all’impatto, come ho scritto in apertura. A parte le descrizioni di sintesi, molto utili per approfondire, di ciò che dovrebbe essere e fare un forum del genere a Belém sembra si sia già un bel pezzo avanti, perché esiste già una Action Agenda, che mobilita azioni volontarie per il clima in tutte le economie e le società, fornendo proprio lo strumento di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo, con il grande vantaggio di non richiedere risultati consensuali. La presidenza brasiliana si sta già muovendo nella giusta direzione, con la riorganizzazione dell'agenda d'azione.

Obiettivi della Action Agenda della COP30, 2025
Un attivista di Extinction Solution alla COP29, 2024


Troppi galli a cantar non fa mai giorno...
Ma ecco che il grillo parlante inizia a frinire: osservando le due immagini precedenti sembra proprio che anche stavolta si voglia fare di tutto per realizzare il solito ginepraio, un coro stonato e disarmonico di mille voci, tante chiacchiere e nulla di fatto. Per essere accettabile, un forum di attuazione deve correggere la debolezza principale dell'agenda d'azione finora adottata: non deve moltiplicare gli annunci ma garantire un seguito credibile e un'attuazione concreta. Questa tendenza deve cambiare.

Proteste alla COP29 contro la proposta di un accordo sui finanziamenti per il clima, chiedendo "trillions not billions" e gridando "nessun accordo è meglio di un cattivo accordo". 2024.

Perché di problemi sul tavolo ce ne sono già tanti, a cominciare dalle proteste degli attivisti dei paesi del cosiddetto “sud globale” (oggi meglio definiti come MAPA, Most Affected People and Areas) che, giustamente, protestano e invitano a disertare COP30. 

Gli ultimi giorni della COP non dovranno essere come in molte delle precedenti edizioni: un'ulteriore e tesa negoziazione su un ennesima cover decision che non avrà molto impatto. Dovrebbero invece essere il momento in cui viene presentato un piano di attuazione, con la garanzia del suo forum. 

Questo piano chiarirebbe come andranno avanti tutti i lavori messi in opera, specificando chi, cosa e quando, con risultati chiari nel giro di uno o due anni. Indicherebbe dove e quando si riunirà un forum di attuazione già nel 2026, per supervisionare i progressi. Tale processo dovrebbe essere guidato dalla presidenza della COP30, dai promotori e, auspicabilmente, entro quella data, dalla presidenza entrante della COP31.

Massimizzare l'azione nel mondo reale

Un piano di questo tipo sarebbe inclusivo, coinvolgendo non solo le parti in causa, ma anche altre organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie, imprese, governi subnazionali e la società civile. Fondamentalmente, potrebbe comunque catturare messaggi politici chiave – sugli obiettivi di mitigazione, adattamento, finanza, perdite e danni – ma in termini di risultati da raggiungere attraverso l'azione, non con la solita retorica.

Cambiare l'abitudine della UNFCCC di negoziare le decisioni sarà difficile. Anche se il risultato dovrà includere una sorta di testo decisionale questo dovrà essere breve e mirato, ma dovrà sicuramente essere affiancato da un forum di attuazione parallelo per conferirgli credibilità.

Il vertice dei leader, che si terrà poco prima dell'apertura della COP30, potrebbe offrire ulteriori opportunità per raccogliere richieste di intervento più incisive e da quello si capiranno molte cose.

Partire dal presupposto che una (ennesima) cover decision a Belém sarebbe sufficiente e prova di successo non è soddisfacente, poiché comporterebbe un alto rischio di fallimento in seguito. Alla COP30 si dovrà puntare più in alto a rappresentare il momento in cui il mondo sposterà la propria attenzione per garantire una maggiore credibilità e, soprattutto, iniziare a massimizzare il proprio impatto nel mondo reale.

Come dite? Un bel discorsetto anche questo? Un altro gallo che canta?
Sono d’accordo…


Il ministro dell'Ambiente brasiliano Marina Silva interviene alla cerimonia di apertura pre-COP a Brasilia, 13/10/2025

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[1] Chissà, riuscirebbe forse meglio in questo compito uno di quei software di AI specializzati? Ce ne sono in grado di tener traccia di quel che si dice in qualsiasi riunione, realizzando un abstract, uno schema per punti chiave, mappe concettuali e addirittura un'agenda del chi fa cosa e quando. Certo, da usare con attenzione, visto quel che davvero fanno questi software.

 

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