Il futuro è già qui - Tipping Point

Premessa

«E’ difficile fare delle previsioni, soprattutto sul futuro». Questa ironica affermazione, quasi paradossale, che l’abbia o meno davvero pronunciata Niels Bohr, uno dei padri fondatori della moderna fisica atomica (pare sia apocrifa), apre comunque a degli scenari da non sottovalutare affatto, anche se forse sarebbe opportuno fare previsioni solo su quel che accadrà tra dozzine di miliardi di anni, quando il cosmo sarà buio e freddo, e soprattutto senza nessuno a controllare la qualità del predetto.

Ma ci sono delle previsioni che, con altissima probabilità di accadimento, sono come affermazioni scolpite nella pietra. E queste generano a loro volta degli assunti che gli anglosassoni chiamano tipping point. Punti di non ritorno. Eccone alcuni relativi ad uno dei tanti effetti collaterali inequivocabili del cambiamento climatico: la fusione dei ghiacci[1].

Il ghiaccio galleggiante della banchisa, o quello continentale dei ghiacciai, fonde a causa del cambiamento climatico. Ma questo espone le acque o le terre sottostanti, più scure, che quindi riflettono meno luce solare e ne assorbono di più, causando un ulteriore scioglimento del ghiaccio, e così via.
Sta succedendo nell'Artico.

Il ghiaccio delle calotte fonde e riduce l'altezza della calotta, ma la temperatura a quote più basse è più alta, dunque la sommità del ghiaccio scende di livello, si riscalda ancora di più e si scioglie più velocemente.
Sta succedendo in Groenlandia.

Le acque calde causano l'erosione delle piattaforme glaciali galleggianti e le frantumano, ma queste ultime facevano da contrafforte a enormi ghiacciai, che ora sono liberi di riversarsi in mare destabilizzando ulteriormente la calotta retrostante.
Sta succedendo in Antartide.

Quale futuro?

clip_image002Nel conosciutissimo racconto “Canto di Natale” di Charles Dickens è il Natale Futuro lo scenario più inquietante di tutti, perché prospetta a Scrooge le possibili conseguenze future, chiedendogli di impegnarsi affinché non accadano, col Natale Presente che lo invita da immaginare a ciò che potrebbero portare le scelte di quel giorno. Il Natale Passato è intoccabile, ciò che è stato è stato e nulla potrà cambiarlo, né sarebbe possibile cambiare alcune delle attuali e future conseguenze delle azioni compiute in passato.

Per quanto riguarda il futuro del riscaldamento globale siamo divisi tra scenari probabili, plausibili o possibili, spesso con linee di confine ben poco nette: ma la differenza tra ciò che sarà e ciò che potrebbe essere, come disse Dickens, è abissale.

Cosa accadrebbe se smettessimo di emettere gas serra adesso? Indipendentemente dalle considerazioni fatte in altri post, soprattutto in questo, sappiamo che la temperatura superficiale è aumentata di un grado nel secolo scorso, a causa dell’emissione di circa 450 Gt di carbonio in atmosfera; anche qualora smettessimo immediatamente, la maggior parte di quanto emesso resterà in atmosfera per lo meno fino al 3000. Salvo inventare nuove tecnologie, o perfezionare e rendere efficienti le tecniche di cattura e stoccaggio tuttora pressoché sperimentali. C’è un enorme inerzia planetaria che è coinvolta nel ciclo, soprattutto per quanto riguarda l’assorbimento da parte degli oceani, con cicli che superano i 1000 anni.

Nel mio precedente post abbiamo visto, dalla curva di Keeling, un aumento nel tenore di CO2 in atmosfera, di circa il 30 percento in 60 anni: lo 0,5% l’anno.

Certezze

Ma questo accadeva. Ci sono studi che dimostrano che, a partire dal 2008, i tassi annuali sono passati al 2% raggiungendo concentrazioni, tra il 2050 e il 2100 (praticamente domani…), tra le 450 e le 1200 ppm. Il grafico riassuntivo seguente è chiaro (in ascissa l’anno di riferimento): che ci si fermi subito (2050) a 450 ppm o si continui imperterriti fino a 1200 ppm (2100) si ha dapprima una rapida diminuzione di CO2 del 20 percento in circa un secolo, dovuta all’assorbimento da parte della biosfera, e che la restituirà circa un altro secolo dopo, ma passato questo periodo iniziale avremo comunque, dopo circa altri 1000 anni, il valore iniziale di 280 ppm (livello preindustriale) maggiorato di circa un 40% in eccesso. Studi simili dimostrano scenari analoghi pur partendo da ipotesi diverse. Ed ecco che il Natale Passato si affaccia per lo meno sulle prime due curve in basso, con picchi a 450 e 550 ppm, di un futuro che, in pratica, sembra essere già qui.

Passare da questi dati di concentrazione di CO2 pressoché certa, a scenari di aumenti di temperatura non è cosa semplice, ma assumere più che plausibile lo scenario riportato nel grafico seguente non è affatto sbagliato. Osservate le prime due curve, i soliti scenari a 450 e 550 ppm, con aumenti tra 1,5 e 2 °C (in ordinata le temperature sono espresse in gradi Kelvin, equivalenti ai centigradi). Vi ricorda qualcosa? E già, proprio quello, il famoso “Accordo di Parigi” della COP21 del 2015, accordo che, con il condizionale voluto, impegnerebbe a mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e – se possibile – sotto 1,5° rispetto ai livelli preindustriali.

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clip_image008Il messaggio è chiaro: l’aumento di temperatura relativamente recente coincide con le emissioni continue di CO2 degli ultimi 50 anni, ma si arresterà se queste cesseranno, prima possibile. Questo però non significa che la temperatura inizierà a diminuire in modo apprezzabile, anche qualora i livelli di biossido di carbonio dovessero diminuire lentamente nel corso del prossimo millennio. E questo perché gli oceani continueranno a scaldarsi impiegando molto tempo per rimescolare ed equilibrare il calore aggiuntivo accumulato dal pianeta. Per molte centinaia di anni dopo che il calore in eccesso sarà scomparso gli oceani continueranno a scaldarsi mentre le masse continentali si raffredderanno più rapidamente. Fatte le debite distinzioni, chi conosce il fenomeno dell’alternanza lungo le coste della brezza di mare alla brezza di Terra, avrà certamente compreso come il mare possa trattenere calore latente.

La figura illustra il fenomeno di questa sorta di inerzia planetaria, proprio e ancora una volta, a dimostrazione che la Terra non è soltanto un sasso al sole. Molto sarà dovuto alla distribuzione delle terre emerse rispetto agli oceani, e l’emisfero australe contiene molto più oceano e molta meno terra del boreale. Nella parte superiore della figura le variazioni relative di temperatura tra il 1850 e il 2105, da uno scenario di emissioni continue fino al 2100, mentre nella parte superiore tra il 2015 e il 2995. Inizialmente il riscaldamento avrà un impatto maggiore nell’emisfero boreale, molto più ricco in terre emerse, e soprattutto nell’Artico, dove un oceano poco profondo è circondato da terre emerse; ma centinaia di anni dopo (figura in basso) l’Artico avrà già iniziato a raffreddarsi mentre l’Antartide e l’oceano che lo circonda continueranno a scaldarsi ancora molto dopo che il biossido di carbonio avrà cessato di aumentare.

Nelle profondità oceaniche è trattenuto un enorme calore latente e si stima che se le emissioni non cesseranno prima del 2100 la temperatura media delle acque aumenterà fino a 3 °C.

E sale e salirà...

Ma c’è uno scenario certo. Quello in cui le emissioni cessavano nel 2010, col futuro che sarà, anzi peggio, visto che nel frattempo dal 2010 le emissioni sono proseguite. Un aumento di temperatura media degli oceani di 0,5 °C è scolpito nella roccia visto che questo calore è stato depositato nel corso dell’ultimo secolo.

Non amo essere plateale ma la differenza di temperatura misurata (ribadisco, mi-su-ra-ta) e confrontata tra il 2019 e la media 1981-2010, pari a 0,075 °C, corrisponde al calore prodotto da 3,6 miliardi di atomiche come quella di Hiroshima fatte esplodere nell’oceano: 5 esplosioni al secondo, 24 ore al giorno per 365 giorni negli ultimi 25 anni!

C’è un altro effetto scolpito nella roccia: l’espansione termica dell’acqua all’aumentare della temperatura.

Ogni volta che si parla aumento del livello medio dei mari a causa del cambiamento climatico si fa spesso riferimento solo alla fusione dei ghiacciai continentali, delle calotte polari e della Groenlandia. In realtà la causa principale dell’innalzamento del livello del mare in tempi recenti è dovuto all’espansione termica seguita all’aumento della temperatura degli oceani.

Ed ecco gli scenari, in analogia con i due grafici precedenti. Più tardi si smette più alta sarà la crescita del livello. E se 1 m o 1,5 m vi sembrano pochi vi ricordo quel che ho scritto in questo post, prendendo ad esempio il delta del Mekong.

Più della metà dell’effetto di innalzamento registrato ad oggi è causato dall’espansione termica e, mentre possiamo avere incertezze sulle modalità e le tempistiche che riguardano la fusione dei ghiacci, non ce ne sono in questo caso. Anche molto tempo dopo la cessazione delle emissioni di gas serra il livello del mare continuerà a salire.

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Last but not least, come effetto indiretto causato dalla modifica delle correnti oceaniche, in parte dovuta alla variazione differenziale[2] della temperatura globale, dal rimescolamento termico di profondità e dall’aumento di acqua fredda proveniente dalla fusione dei ghiacci, si avrà inoltre una variazione della distribuzione geografica e temporale delle precipitazioni, con impatto significativo su varie regioni della Terra: pioggia e neve, siccità, inondazioni, stagioni monsoniche modificate o abolite, tutto rimescolato e cambiato.

Quaranta generazioni
E tutto ciò perché la CO2 resterà in atmosfera molto tempo dopo che le sue emissioni saranno cessate. Almeno 1000 anni.

La fonte dei grafici è tratta da un lavoro disponibile qui.

clip_image012La COP21 auspicava come minimo un tetto a 1,5 °C. Siamo già al 90% del percorso da fare per arrivarci e restano meno di 10 anni. E’ estremamente probabile che l’obiettivo resti utopia. La stessa COP più realisticamente parlava di 2 °C. Indipendentemente dai pretestuosi messaggi che dichiarano inapplicabile economicamente tale obiettivo se continuiamo a rimandare di anno in anno i tentativi di limitare l’aumento di temperatura dovuto all’effetto serra, diventerà sempre più difficile, e sempre più costoso, raggiungere l’obiettivo.

Lasciamo, ancora una volta, la parola ai grafici, implacabili.

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Il diagramma precedente è detto a “pista da sci” (un approfondimento qui).

Se vogliamo restare entro i 2 °C di aumento rispetto ai livelli preindustriali con una probabilità del 66% abbiamo che: se avessimo iniziato nel 2011 (pista da principianti) avremmo dovuto tagliare le emissioni del 3,7% l’anno, nel 2015 (intermedia) del 5,3% l’anno e infine, nel 2020 (esperti) del 9% in meno ogni anno! Inesorabilmente siamo già al 9%.

Ed ecco la situazione simile con proiezioni fino al 2035. Più si aspetta più la pista da sci si trasforma, continuando ad usare il linguaggio di questo sport, in un difficilissimo muro insuperabile.

Anche qualora le emissioni si stabilizzassero, senza aumentare né diminuire, dovremo fermarle del tutto, cosa ovviamente del tutto impossibile.

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Una di quelle curve è il futuro e tanto minore sarà l’impegno politico nei confronti del cambiamento climatico tanto peggiore saranno gli scenari futuri, dal mantenere tutto così com’è fino all’attuale e forse irrealizzabile obiettivo di sostenere un aumento di 3,6 °C!

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clip_image020I numeri dimostrano in maniera inequivocabilmente convincente che le emissioni di gas serra di origine antropica non sono insignificanti su scala geologica globale. Nel giro di 200 anni gli esseri umani avranno emesso un quantitativo di CO2 doppio rispetto a quello presente in atmosfera per gran parte dell’arco temporale coperto dai dati geologici.

I due grafici successivi, tratti da “Climate Action Tracker” riassumono i concetti espressi.

Se, parafrasando il famoso film, a qualcuno piace caldo, non è questo il caso, nemmeno di riderci su.

 

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Note bibliografiche:
Lawrence M. Krauss - La fisica del cambiamento climatico
Susan Solomon - Irreversible climate change due to carbon dioxide emissions
Our World in Data - CO₂ and Greenhouse Gas Emissions Data Explorer


[1] Nel testo e in questo blog si usa a volte il verbo “sciogliere” per indicare la fusione del ghiaccio. Tempo fa un "negazionista", volendo dimostrare di saperne più di me, ha tentato di deridermi facendomi notare che avevo usato il verbo sciogliere, o il sostantivo scioglimento, in alternativa a fondere o fuso, per parlare di fusione dei ghiacci. Sappiamo tutti che (di)sciogliere non è un passaggio di stato, qual è invece fondere, ma non stiamo tanto a cavillarci su e accettiamone di buon grado l’uso comune. Anche in inglese si usa melt sia per sciolto che per fuso.

[2] Parti diverse del pianeta si scaldano e reagiscono diversamente nei modi e nei tempi.

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