[Nota - Proprio mentre stavo completando questo post, l’amico Aldo Piombino sul suo blog pubblicava più o meno quanto stavo andando a fare. Oltre al piacere di sapermi nel novero di quanti ci hanno pensato, non mi resta altro che completare il lavoro e sottoporvelo, anche perché i media, di questa cosa, non ne stanno praticamente parlando]
I media, per ora,
tacciono. Salvo pochi siti specialistici o vicini ai paesi a cui è
principalmente indirizzata, non si trovano notizie. Al contrario di quel che
accadde nel 2019 quando venne fuori la famigerata lettera dei 500 che, con gran clamore,
annoverava ben 500 scienziati tra i firmatari che, in breve, negavano
del tutto il cambiamento climatico. E come non ricordare il clamore mediatico
che se ne fece, amplificato dalla grancassa dei social. Come un disco rotto la
si citava dappertutto, poi dice che dietro il negazionismo climatico non ci sia
una strategia. Peccato che allora di quei 500, supposto che ci fossero davvero,
nessuno apparteneva ai necessari settori di ricerca e di competenza per
poter commentare fatti e dati, esprimere ipotesi e produrre teorie e modelli
scientifici concreti. Di contro, si guardi in coda al post l’elenco di questi
40 firmatari, le materie e gli istituti di ricerca di provenienza dei firmatari
di questa lettera. I cui curricula mi sono preso la briga di riportare in collegamento,
uno per uno.
Pubblico quindi la
traduzione della lettera siglata da 40
scienziati del clima. Il Consiglio Nordico dei Ministri, istituito nel 1971 è l'organizzazione intergovernativa
istituita da Danimarca, Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e dai loro
territori autonomi (Groenlandia, Faroe e Åland) nel quadro della cooperazione
nordica. Si tratta di un insieme di consigli che riuniscono i ministri di
ciascun paese su un argomento specifico.
Dell’AMOC (Atlantic
Meridional Overturning Circulation), di cui la Corrente del Golfo fa parte, e
dei relativi rischi dati dal suo collasso ne ho accennato qui,
e del suo equivalente nel Pacifico qui.
Per un approfondimento ed un viaggio appassionante lungo la corrente
cito il bel libro di Lorenzo Colantoni che ho avuto il piacere di leggere e
recensire per la rubrica Sigea “La scienza
e la tecnica raccontate”. Qui
la recensione che contiene, come sempre, un mio approfondimento.
Insomma, come ho già
avuto modo di dire, siamo al tipping point.
Lettera aperta degli scienziati del clima al Consiglio Nordico dei Ministri
Reykjavík, ottobre 2024
Noi sottoscritti, scienziati che lavorano nel campo della ricerca sul clima, riteniamo urgente richiamare l'attenzione del Consiglio Nordico dei Ministri sul preoccupante rischio di un grave cambiamento della circolazione oceanica nell'Atlantico. Una serie di studi scientifici condotti negli ultimi anni indica come questo rischio sia stato finora notevolmente sottovalutato. Un tale cambiamento della circolazione oceanica avrebbe impatti devastanti e irreversibili soprattutto per i paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo.
La scienza conferma sempre più che la regione artica è strategica [NdA: “ground zero” nell’originale] per la modellazione dei rischi climatici da punto di non ritorno [NdA: “tipping point”] e per la regolazione del clima in tutto il pianeta. In questa regione, la calotta glaciale della Groenlandia, il ghiaccio marino del Mare di Barents, i sistemi di permafrost boreale, la formazione di vortici subpolari in acque profonde e il “Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica” [NdA: Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC)] sono tutti fenomeni vulnerabili a causa di importanti cambiamenti non lineari interconnessi tra loro. L'AMOC, il meccanismo dominante del trasporto verso nord del calore nell'Atlantico settentrionale, determina le condizioni di vita di tutte le persone nella regione artica e oltre ed è sempre più a rischio di superare un punto di non ritorno.
I
rischi di punto di non ritorno sono reali e possono verificarsi nell'intervallo
climatico di 1,5-2 °C stabilito dall'Accordo di Parigi. Il mondo si sta
attualmente dirigendo ben oltre questo intervallo (> 2,5 °C). Nel
rapporto di sintesi dell'IPCC (2023) si afferma con elevata sicurezza che la
probabilità di cambiamenti bruschi o irreversibili nel sistema climatico
aumenta con il livello di riscaldamento globale, e allo stesso modo aumenta
la probabilità di esiti che possono essere considerati a bassa probabilità ma
sono associati a impatti negativi potenzialmente molto ampi. L'IPCC inoltre,
specifica che «i rischi associati a eventi singolari su
larga scala o punti di non ritorno ... si trasformano in rischio elevato nel
caso in cui si passi all’intervallo 1,5 °C-2,5 °C» di riscaldamento globale.
Un recente rapporto dell'OCSE [NdA: 2021] ha
concluso che «le attuali prove
scientifiche sostengono inequivocabilmente l’urgenza con cui che
dovranno essere intraprese ambiziose contromisure per contrastare i rischi i
rischi dati dai punti di non ritorno del sistema climatico».
Recenti ricerche successive all'ultimo rapporto dell'IPCC suggeriscono che l'IPCC abbia sottovalutato questo rischio e che il superamento di questo punto di non ritorno sia una seria possibilità già nei prossimi decenni.
Nonostante
le significative ricerche sulla possibilità e sui meccanismi di un collasso, la
probabilità di un tale evento rimane altamente incerta. Lo scopo di
questa lettera è quello di attirare l'attenzione sul fatto che solo la “media
confidenza” nel fatto che l'AMOC non collassi non è rassicurante, e lascia
chiaramente aperta la possibilità di un collasso dell'AMOC durante questo
secolo. E c'è una probabilità ancora maggiore che un collasso possa innescarsi
in questo secolo, ma si manifesti pienamente solo nel prossimo.
Alla
luce delle crescenti prove di un rischio più elevato di collasso dell'AMOC,
riteniamo che sia di fondamentale importanza che i rischi da punto di
non ritorno nell'Artico, in particolare il rischio AMOC, siano presi sul
serio nella governance e nella politica. Anche con una probabilità media di
accadimento, dato che l'esito sarebbe catastrofico e avrebbe un impatto
sull'intero mondo per i secoli a venire, riteniamo che sia necessario fare
di più per ridurre al minimo questo rischio.
Gli
impatti, in particolare sui paesi nordici, sarebbero probabilmente catastrofici,
tra cui un forte raffreddamento nella regione, mentre le regioni circostanti si
riscaldano (si veda la figura). Ciò costituirebbe un allargamento e un
approfondimento della "macchia fredda" [NdA: “cold blob”]
che si è già sviluppata sull'Oceano Atlantico subpolare, e probabilmente
porterebbe a condizioni meteorologiche estreme senza precedenti. Sebbene
gli impatti sui modelli meteorologici, sugli ecosistemi e sulle attività umane necessitino
di ulteriori studi, essi potrebbero potenzialmente minacciare la
redditività dell'agricoltura nell'Europa nordoccidentale.
È
probabile che molti altri impatti si facciano sentire a livello globale,
tra cui uno spostamento delle cinture pluviometriche tropicali, una riduzione
dell'assorbimento di biossido di carbonio negli oceani (e quindi un
aumento atmosferico più rapido), nonché un ulteriore innalzamento del
livello del mare, in particolare lungo la costa atlantica americana, e uno sconvolgimento
degli ecosistemi marini e della pesca.
Riconoscendo
che l'adattamento a una catastrofe climatica così grave non è un'opzione
praticabile, esortiamo il Consiglio Nordico dei Ministri ad (a)
avviare una valutazione di questo rischio significativo per i paesi nordici
e (b) adottare misure per ridurre al minimo questo rischio il più
possibile. Ciò potrebbe comportare sfruttare la forte posizione internazionale
dei paesi nordici per aumentare la pressione per una maggiore urgenza e
priorità nello sforzo globale per ridurre le emissioni il più rapidamente
possibile, al fine di rimanere vicini all'obiettivo di 1,5 °C fissato
dall'accordo di Parigi.
Cordiali saluti, i firmatari
Link all'originale della lettera
_________________________________
I firmatari, in ordine alfabetico. Fin dalla Tasmania e dalla Cina, nemmeno
un italiano. Che tristezza.
Prof. Guðfinna Th Aðalgeirsdóttir, University of Iceland, Faculty of Earth Science
Prof. Nathan Bindoff,
University of Tasmania, Australia
Dr. Halldór Björnsson, Icelandic Met Office, Iceland
Prof. Andreas Born,
Bjerknes Centre for Climate Research and University of Bergen, Norway
Prof. Niklas Boers,
Potsdam Institute for Climate Impact Research & Technical University of
Munich, Germany
Dr. Rei Chemke, Weizmann
Institute of Science, Israel
Dr. Lijing Cheng,
Institute of Atmospheric Physics, Chinese Academy of Sciences
Prof. John Church,
University of New South Wales, Australia
Dr. Femke de Jong,
NIOZ Royal Netherlands Institute for Sea Research, Netherlands
Prof. Peter Ditlevsen, University of Copenhagen
Prof. Sybren Drijfhout,
University of Utrecht, Netherlands; University of Southampton, UK
Prof. Matthew England,
University of New South Wales, Australia
Dr. Georg Feulner,
Potsdam Institute for Climate Impact Research, Germany
Dr. Kikki Flesche Kleiven, Bjerknes Centre for Climate Research, Norway
Prof. Áslaug Geirsdóttir,
University of Iceland, Faculty of Earth Science, Iceland
Dr. Sjoerd Groeskamp, NIOZ Royal Netherlands Institute for Sea Research, Netherlands
Prof. Steingrímur Jónsson, University of Akureyri and Marine and Freshwater Research
Institute, Iceland
Prof. Caroline Katsman,
Civil Engineering and Geosciences, Delft University of Technology, Netherlands
Dr. Torben Koenigk, Rossby Centre, Swedish Meteorological and Hydrological Institute,
Sweden
Prof. Joseph Henry Lacasce, University of Oslo, Norway
Prof. Tim Lenton, University of Exeter, UK
Prof. Anders Levermann,
Potsdam Institute for Climate Impact Research, Germany
Prof. Wei Liu,
University of California Riverside, USA
Prof. Gerrit Lohmann, Alfred Wegener Institute, Germany
Prof. Michael Mann,
University of Pennsylvania, USA
Dr. Gerard McCarthy, Maynooth University, Ireland
Dr. Elaine McDonagh, NORCE and Bjerknes Centre for Climate Research, Norway, &
National Oceanography Centre, UK
Prof. Trevor
McDougall, University of New South Wales, Australia
Dr. Joonas Merikanto, Finnish Meteorological Institute, Finland
Prof. Sebastian Mernild, SDU Climate Cluster, University of Southern Denmark
Prof. Ulysses Ninnemann, Bjerknes Centre for Climate Research and University of Bergen,
Norway
Prof. Stefan Rahmstorf,
Potsdam Institute for Climate Impact Research, Germany
Prof. Markus Rex, Alfred Wegener Institute, Germany
Prof. Katherine Richardson, University of Copenhagen, Denmark
Prof. Johan Rockström, Potsdam Institute for Climate Impact Research, Germany
Dr. Anastasia Romanou, NASA Goddard Institute for Space Studies, and Columbia University,
USA
Prof. Angel Ruiz-Angulo,
University of Iceland, Faculty of Earth Science
Prof. Thomas Stocker,
University of Bern, Switzerland
Dr. Didier Swingedouw, French National Center for Scientific Research (CNRS), France
Prof. David Thornalley, University College London, UK
Prof. Petteri Uotila, University of Helsinki, Finland
Prof. Yulia Yamineva, University of Eastern Finland, Finland
Dr. Chenyu Zhu,
Institute of Atmospheric Physics, CAS, China
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