“Il libero arbitrio è un concetto filosofico e teologico che afferma la capacità umana di fare scelte autonome, senza essere determinati da forze esterne o interne. In sostanza, l'idea è che le persone abbiano il potere di decidere gli scopi del proprio agire e pensare, scegliendo tra diverse alternative disponibili.”
Introduzione
Dalla pur scarna definizione data
qui sopra emerge che quello del libero arbitrio è un tema centrale nella
filosofia e nella teologia, con implicazioni che riguardano la responsabilità
morale, la natura dell'umanità e il ruolo della divinità.
Supponiamo che un pomeriggio ti ritrovi moderatamente affamato, quindi ti dirigi verso la fruttiera in cucina, dove vedi una mela e una banana e, capita, tra queste scegli la banana. Sembra assolutamente ovvio che eri libero di scegliere la mela, o nessuna delle due, o entrambe. Questo è il libero arbitrio spiegato facile: se riavvolgessi il nastro della storia del mondo, all'istante appena prima di prendere la tua decisione, con tutto nell'Universo esattamente uguale, saresti stato in grado di prenderne una diversa.
Niente potrebbe essere più ovvio.
Eppure, secondo un crescente coro di filosofi e scienziati, che hanno una serie
di ragioni diverse a sostegno della loro opinione, non può essere nemmeno
possibile che sia così: questo tipo di libero arbitrio, semplicemente e
decisamente, è escluso dalle leggi della fisica,
afferma un filosofo e biologo evoluzionista, uno degli scettici più agguerriti.
E già che di biologia evoluzionistica si parla, ricordo come il grande Stephen Jay Gould,
scritto altre volte su queste pagine, affermava che, se potessimo riavvolgere
da capo il nastro della storia dell’evoluzione della vita su questo pianeta, dopo
ogni ripartenza avremmo percorsi e finali completamente diversi ogni volta.
Il consenso a idee come questa viene anche da molti psicologi di spicco, da
scienziati del calibro del defunto Stephen Hawking,
insieme a numerosi neuroscienziati di fama internazionale, che ritengono il
libero arbitrio «un concetto intrinsecamente imperfetto e incoerente».
Secondo altri inoltre il libero arbitrio è un mito anacronistico, utile forse in
passato, un modo per motivare le persone a combattere contro i tiranni o le
ideologie oppressive, ma reso obsoleto dal potere della moderna scienza derivata dal mondo dei
cosiddetti big data che appare conoscerci molto meglio di quanto
conosciamo noi stessi, e quindi in grado di prevedere e manipolare le nostre
scelte.
Argomenti
La convinzione dualista, che
separa appunto la mente dal cervello, distinguendo aree
immateriali da elementi materiali, è talmente radicata e tenacemente diffusa,
persino negli atei, da porre il problema della sua origine evolutiva, che
potrebbe essere analoga a quella delle religioni, cioè della credenza nell’aldilà
e della sopravvivenza dopo la morte.
L’uomo s’illude di decidere, mentre in realtà non fa ciò che vuole, ma vuole ciò che fa e le neuroscienze cognitive, con gli studi su coscienza e autocoscienza, hanno dimostrato con numerosi esperimenti che prima di ogni azione, meccanica o mentale, le aree cerebrali specifiche di quella attività sono attive prima che si sia coscienti di quel che succederà. Nel momento in cui le aree dell’autocoscienza nei lobi prefrontali ricevono l’informazione di ciò che le aree specifiche hanno deciso di fare, si diventa non solo consapevoli di quel che il cervello ha disposto, ma anche sicuri che la nostra volontà abbia compiuto quella scelta in modo totalmente libero dai meccanismi fisico-chimici delle aree del cervello. E ciò è un’illusione, perché noi siamo ciò che il cervello ci fa essere e niente di più. Inquietante vero?
Pericolo sociale
Un paio di esempi dalla vita reale possono aiutare a capire. Avete presente quelle sentenze che hanno in un certo qual modo assolto, o a cui fu fortemente ridotta la pena, quei genitori che hanno dimenticato i loro figli in macchina condannandoli spesso a morte? Le motivazioni di queste decisioni giuridiche stanno nelle condizioni, dimostrate scientificamente, di una tremenda coincidenza di eventi nervosi casuali che hanno portato i meccanismi del cervello a determinare, assieme alla perdita del senso del tempo, una volontà sulla quale la coscienza non può nulla perché anch’essa è il prodotto di un meccanismo nervoso che, in quel frangente, non è in grado di agire. Decisioni e azioni volute senza i meccanismi della coscienza e della memoria: conferma tragica che la volontà è un evento rigorosamente naturale. Non a caso il tema dei dispositivi anti-abbandono è diventato importantissimo tanto da averne voluto l'obbligo di legge.
La volontà può essere incosciente
anche per altre ragioni, per ignoranza ad esempio. Come l’irremovibile volontà
di quei genitori a cui la figlia di 19 anni si ammalò di leucemia e rifiutarono
di seguire le indicazioni mediche che avrebbero potuto salvarla, affidandosi ad
un ciarlatano. Aberrazioni analoghe della volontà furono (e in parte lo sono
ancora!) la cura Di Bella, i trattamenti antitumorali fai-da-te e gli
esorcismi contro il demonio.
Infine, tragica conferma di come
la corteccia cerebrale sensoria possa determinare la volontà, che più
irrazionale e autolesionista non potrebbe essere è la xenomelia. Ne ho scritto tempo fa.
Ancora più inquietante il fatto che molti filosofi che curano podcast o pagine dedicate al libero arbitrio, hanno inserito clausole di esclusione di responsabilità, esortando coloro che trovano l'argomento emotivamente angosciante a lasciar perdere. Al punto che un professore di filosofia all'Università di Haifa in Israele, che ritiene che la nozione popolare di libero arbitrio sia un errore, ha scritto che se uno studente laureato incline alla depressione cercasse di studiare l'argomento con lui, questi cercherebbe di dissuaderlo. Si può essere naturalmente ottimisti, felici con facilità, tuttavia il problema del libero arbitrio è davvero deprimente se lo si prende sul serio.
Tanto da aver bisogno di una
sorta di illusionismo, che nasce dall'idea che, sebbene il libero
arbitrio come convenzionalmente definito sia irreale, è fondamentale che le
persone continuino a credere il contrario. Insomma, anche un post come questo potrebbe
essere attivamente pericoloso. Per chiunque sia moralmente ed emotivamente coinvolto,
è davvero deprimente e distruttivo perché minaccia davvero il nostro senso di
sé, il nostro senso di valore personale.
“Infine, se ogni moto è sempre legato ad altri, e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine certo…donde ha origine sulla Terra per i viventi questo libero arbitrio, donde proviene…codesta volontà…in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida…quando decide la mente?” (Lucrezio, De Rerum Natura)
Soltanto gelida logica?
Ma se tutto ciò è vero, non c'è semplicemente spazio per il tipo di libero arbitrio immaginiamo di avere quando vediamo la mela e la banana e ci si chiede quale sceglieremo. Se fossimo in grado di avere ciò che chiamano libero arbitrio contro-causale - così che, se riavvolgessi il nastro della storia fino al momento della scelta, per esercitare una scelta diversa – dovremmo uscire fuori dalla realtà fisica. Ho letto da qualche parte che le macchine del tempo, concettualmente immaginabili facilmente, hanno un grosso difetto: funzionerebbero solo dal momento in cui sono costruite in poi.
Per fare una scelta che non fosse semplicemente il prossimo anello nella catena ininterrotta delle cause, dovremmo essere in grado di distinguerci dall'intera cosa, una presenza spettrale separata dal mondo materiale ma misteriosamente ancora in grado di influenzarlo.
Ma ovviamente non è possibile effettivamente
arrivare in quel presunto posto che è esterno all'Universo, separato da tutti
gli atomi che lo compongono e dalle leggi che li governano. Siamo solo alcuni degli
atomi che lo compongono, governati dalle stesse leggi prevedibili di tutti gli
altri. Solo?
A clockwork…Universe
Questi diavoletti piacciono parecchio agli scienziati, come quello di Maxwell, che aveva il potere di creare una violazione macroscopica del secondo principio della termodinamica.
Anche se oggi sappiamo che le scoperte della meccanica quantistica hanno indicato che alcuni eventi, a livello atomico e subatomico, sono veramente casuali, impossibili da prevedere in anticipo persino da qualche ipotetico megacervello, e al massimo definibili in termini probabilistici, sono poche le persone coinvolte nel dibattito sul libero arbitrio che pensano che ciò faccia una differenza sostanziale. La vita vissuta a livello macroscopico subisce dai fenomeni quantistici influenze poco rilevanti. E in ogni caso, non c'è più libertà nell'essere soggetti ai comportamenti casuali degli elettroni di quanta ce ne sia nell'essere schiavi di leggi causali predeterminate. In entrambi i casi, sembra proprio che a tirare i fili sia qualcosa di diverso dal libero arbitrio.
Moralità e giudizio etico
Ci sono un paio di casi famosi.
Poco dopo la mezzanotte del 1° agosto 1966, Charles Whitman, un ex Marine degli Stati Uniti di 25 anni, estroverso e apparentemente stabile, si recò all'appartamento di sua madre ad Austin, in Texas, dove la pugnalò a morte. Tornò a casa, dove uccise sua moglie nello stesso modo. Più tardi quel giorno, portò un assortimento di armi in cima a un alto edificio nel campus dell'Università del Texas, dove iniziò a sparare a caso per circa un'ora e mezza. Quando Whitman fu ucciso dalla polizia, altre 12 persone erano morte e un'altra morì per le ferite anni dopo, una serie di episodi che rendono l’episodio la decima sparatoria di massa più grave degli Stati Uniti.
A poche ore dal massacro, le autorità scoprirono un biglietto che Whitman aveva scritto la sera prima. «Non capisco bene cosa mi spinga a scrivere questa lettera», scrisse. «Forse è per lasciare una vaga ragione per le azioni che ho compiuto di recente. Non capisco davvero me stesso ultimamente. Dovrei essere un giovane uomo medio, ragionevole e intelligente. Tuttavia, ultimamente (non ricordo quando è iniziato) sono stato vittima di molti pensieri insoliti e irrazionali che si ripresentano costantemente, e ci vuole un enorme sforzo mentale per concentrarmi su compiti utili e progressivi...Dopo la mia morte vorrei che venisse eseguita un'autopsia per vedere se c'è qualche disturbo fisico visibile». Dopo i primi due omicidi, aggiunse una coda: «Forse la ricerca può prevenire ulteriori tragedie di questo tipo». L’autopsia rivelò la presenza di un tumore cerebrale, che premeva sull'amigdala, la parte del cervello che governa tra le tante cose le risposte agli stimoli di paura tipo combatti o fuggi.
Come ammettono gli scettici del
libero arbitrio che si basano sul caso di Whitman, è impossibile sapere se il
tumore al cervello abbia causato le azioni di Whitman. Ciò che sembra chiaro è
che potrebbe certamente averlo fatto, e che quasi tutti quelli
che ne vengono a conoscenza, subiscono un cambiamento nel loro atteggiamento
nei suoi confronti. Ciò non rende gli omicidi meno orribili.
Né significa che la polizia non fosse giustificata nel fermarlo anche a costo
di ucciderlo. Ma fa sì che la sua furia omicida inizi a sembrare meno come l’azione
di un uomo malvagio, ma come un più terribile sintomo di un disturbo, di cui
Whitman è vittima.
Lo stesso vale per un altro criminale
famoso nella letteratura sul libero arbitrio, il soggetto anonimo di una pubblicazione scientifica del 2003, affetto
da tumore orbitofrontale destro con
sintomo di pedofilia e segno di aprassia costruttiva: un insegnante di
scuola di 40 anni che all'improvviso ha sviluppato impulsi pedofili e ha
iniziato a cercare materiale pedopornografico, e fu successivamente
condannato per molestie su minori. Poco dopo, lamentando mal di testa, gli fu
diagnosticato un tumore al cervello; quando gli fu rimosso, i suoi impulsi
pedofili scomparvero. Un anno dopo, ritornarono, così come il tumore,
individuato in un'altra scansione cerebrale.
Se si ritiene che la presenza di un tumore al cervello in questi casi sia in qualche modo discolpante, ci si trova di fronte a una domanda difficile: cosa c'è di così particolare in un tumore al cervello, rispetto a tutti gli altri modi in cui il cervello delle persone le spinge a fare cose? Quando si scopre la specifica catena di cause che si stavano svolgendo all'interno del cranio di Charles Whitman, sembra che lo renda meno personalmente responsabile per gli atti terribili che ha commesso. Ma per definizione, chiunque commetta un atto immorale ha un cervello in cui si è sviluppata una catena di cause precedenti, che hanno portato all'atto; se così non fosse, non avrebbe mai commesso l'atto. Un disturbo neurologico sembra essere solo un caso speciale di eventi fisici che danno origine a pensieri e azioni. Comprendere la neurofisiologia del cervello, quindi, sembrerebbe discolpare quanto trovare un tumore al suo interno. Sembra che ne consegua che man mano che comprenderemo sempre di più come funziona il cervello, faremo luce sulle ultime ombre in cui potrebbe essersi annidato qualcosa chiamato libero arbitrio - e saremo costretti ad ammettere che un criminale è semplicemente qualcuno abbastanza sfortunato da ritrovarsi alla fine di una catena causale che culmina in un crimine. Possiamo ancora insistere sul fatto che il crimine in questione è moralmente ingiustificabile o cattivo; semplicemente non possiamo ritenere il criminale individualmente responsabile. O almeno è lì che la logica sembra condurre le nostre menti moderne, anche se già gli antichi Greci, sostenevano che non puoi essere ritenuto responsabile per ciò che è destinato a succederti comunque.
Ma allora la punizione retributiva, ovvero punire un criminale perché se lo merita, piuttosto che per proteggere il pubblico o servire da monito per gli altri, non può mai essere giustificata? La punizione è fondamentale per tutti i moderni sistemi di giustizia penale, ma sarebbe davvero un'ingiustizia morale ritenere qualcuno responsabile di azioni che sono al di fuori del suo controllo. Mi viene in mente quella sensazione amara che ci sorprende ogni qual volta sentiamo che è stata ridotta la pena all'autore di un atroce delitto, perché incapace di intendere e volere. Inquietante.
Per sdrammatizzare un po’ la cosa possiamo citare un altro aspetto che ne uscirebbe smontato a pezzi molto piccoli. Migliaia di pagine di letteratura poliziesca, criminale, investigativa, gialla diciamo in Italia, dove autori come il famosissimo Arthur Conan Doyle, hanno raccontato la ricostruzione logica delle imprese criminali, spesso di insospettabili, e delle loro macchinazioni alla ricerca del delitto perfetto. Un fuori tema qui.
Mi perdoni padre perché ho
peccato…
C’è chi sostiene, a tale
proposito, un modello di giustizia penale come fosse una quarantena
sanitaria pubblica, trasformando le istituzioni della punizione in direzione
radicalmente umana. Si potrebbe ancora trattenere un assassino, con la stessa
logica per cui si può richiedere a qualcuno infetto da un virus di osservare
una quarantena: per proteggere il pubblico. Ma non si avrebbe alcun diritto di
rendere l'esperienza più spiacevole di quanto non sia strettamente necessario
per la protezione pubblica. E si sarebbe obbligati a rilasciarlo non appena non
rappresentasse più una minaccia. L'obiettivo principale, nel mondo ideale di chi
sostiene queste idee, sarebbe quello di correggere i problemi sociali per
cercare, in primo luogo, di fermare il crimine, proprio come i sistemi sanitari
pubblici dovrebbero concentrarsi sulla prevenzione delle epidemie per
cominciare.
Una bella utopia? Probabilmente
sì.
Per opporsi al dover accettare tali conseguenze si potrebbe protestare che, mentre le persone potrebbero non scegliere i loro peggiori impulsi - l'omicidio, per esempio – avrebbero invece la possibilità di non soccombere ad essi, resistendo all’impulso di uccidere qualcuno, persino cercando sostegno psichiatrico, in altri termini, assumendosi la responsabilità dello stato della propria personalità. E non è forse quel che facciamo tutti, più banalmente, ogni volta che decidiamo di acquisire una nuova abilità professionale, o prestare maggior attenzione al prossimo o finalmente decidere di mettersi in forma?
Purtroppo questa non è una clausola di salvaguardia. Gli scettici del libero
arbitrio insistono affermando che, se si riesce a cambiare la personalità, quella
particolare personalità era già presente ed in grado di attuare un tale
cambiamento, e non è dipeso da scelte autonome. Nonostante niente
di tutto ciò ci richiede di credere che le peggiori atrocità siano meno
spaventose di quanto pensassimo in precedenza è comunque implicito che i
colpevoli non possano essere ritenuti personalmente responsabili. Chiunque
fosse nato con i geni di Hitler e avesse vissuto l'educazione di Hitler, sarebbe
Hitler, e in definitiva è solo una fortuna, un evento fortuito, che sia capitato solo nel
caso dell’originale.
Liberi di scegliere di non
scegliere, e viceversa
Per quanto possa sembrare
inattaccabile la tesi contro il libero arbitrio, può sorprendere scoprire che
la maggior parte dei filosofi la rifiuta pur ammettendone la logica: solo circa
il 12% di loro ne è convinto. La negazione del libero arbitrio appartiene a una
tendenza più ampia che spinge alcuni filosofi, quelli formatisi in ambiti
scientifici puri, a fare
dichiarazioni radicali su dibattiti che infuriano in filosofia da anni, come se
tutti quegli studiosi ottusi stessero solo aspettando che si facessero avanti
fisici e neuroscienziati a spiegar loro come va il mondo!
Ciò che è ancora più sorprendente, e difficile da comprendere, è che la maggior parte di coloro che difendono il libero arbitrio non rifiutano l'affermazione più vertiginosa degli scettici, secondo cui ogni scelta potrebbe essere stata determinata in anticipo. Quindi, nell'esempio della frutta, la maggior parte dei filosofi concorda sul fatto che, se riavvolgessi il nastro della storia al momento della scelta, con tutto nell'Universo esattamente uguale, non avresti potuto fare una selezione diversa. Insomma se anche le nostre scelte possono essere determinate, ha senso dire che siamo liberi di scegliere. Libero arbitro e determinismo conciliati e resi compatibili in un intricato labirinto di idee. Come possiamo essere liberi di scegliere se non siamo, di fatto, liberi di scegliere?
Considerate l'ipnosi. Uno scettico radicale del libero arbitrio potrebbe sentirsi obbligato a sostenere che una persona ipnotizzata per fare un acquisto particolare non è meno libera di qualcuno che ci pensa, nel solito modo, prima di pagare. Dopo tutto, la loro idea di libero arbitrio richiede che la scelta non sia stata completamente determinata da cause precedenti; eppure, in entrambi i casi, ipnotizzati e non ipnotizzati, lo è stata. Davvero fastidioso. Non ha interesse o senso se lo si chiami libero arbitrio o agire liberamente o in qualsiasi altro modo: è solo che ovviamente importa, a tutti, se le cose fatte dipendano da ipnosi o no.
Certo, la versione compatibilista
del libero arbitrio potrebbe essere meno eccitante ma non inutile. Si prova il
desiderio di un certo frutto, si agisce in base a esso e si ottiene il frutto,
senza che uomini armati esterni o disordini interni influenzino la scelta. Come
potrebbe una persona essere più libera di così?
Pensare al libero arbitrio in
questo modo, dà anche una svolta diversa ad alcuni noti esperimenti condotti
negli anni Ottanta del XX secolo dal neuroscienziato americano Benjamin Libet, che
sono stati interpretati come una prova scientifica che
il libero arbitrio non esiste e ai quali ho accennato all’inizio.
Collegando i suoi soggetti a uno scanner cerebrale e chiedendo loro di flettere
le mani in un momento a loro scelta, Libet dimostrò che la loro scelta era
rilevabile dall'attività cerebrale 300 millisecondi prima
che prendessero una decisione cosciente. Ci sono altri studi che hanno
indicato un'attività precedente (la chiamano potenziale d’attivazione) fino
a tempi dell’ordine di grandezza di secondi prima di una scelta cosciente, un’enormità!
Come si potrebbe dire che questi soggetti abbiano preso le loro decisioni
liberamente, se l'attrezzatura di laboratorio indicava le loro decisioni con
così largo anticipo? Ma la maggior parte dei compatibilisti ha la risposta
anche per questo. Come ogni altra cosa, le nostre scelte coscienti sono anelli
in una catena causale di processi neurali, quindi ovviamente una certa attività
cerebrale precede il momento in cui ne diventiamo consapevoli.
Da questa prospettiva concreta,
non c'è nemmeno bisogno di iniziare a farsi prendere dal panico perché casi
come quello di Charles Whitman potrebbero significare che non potremmo mai
ritenere nessuno responsabile delle sue malefatte o lodarlo per i suoi successi.
Dobbiamo solo chiederci se qualcuno avesse la normale capacità di scegliere
razionalmente, riflettendo sulle implicazioni delle proprie azioni. Siamo tutti
d'accordo sul fatto che i neonati, questa capacità, non l'abbiano ancora
sviluppata, quindi non li biasimiamo per averci svegliato di notte; e crediamo
che la maggior parte degli animali non umani non la possieda, quindi pochi di
noi si infuriano con le vespe per averci punto, pur essendo disposti a sostenere che il gatto che ha strappato le tende...lo ha fatto apposta! Ma anche qualcuno con una grave
disabilità neurologica o dello sviluppo, di questa capacità, ne sarebbe sicuramente privo, forse
Whitman incluso.
Ma per tutti gli altri? Il più
grande truffatore della storia, Bernie Madoff, è un esempio reale: è chiaro che sapeva cosa stava facendo, e
che sapeva che quello che stava facendo era sbagliato, e lo ha fatto comunque,
per anni. Aveva la capacità che chiamiamo libero arbitrio e l'ha usata per
frodare i suoi investitori di oltre 17 miliardi di dollari.
Ma per gli scettici del libero
arbitrio, tutto questo è solo un disperato tentativo di salvare la faccia e
cambiare argomento, uno sforzo per ridefinire il libero
arbitrio non come la cosa che tutti noi sentiamo quando ci troviamo di fronte a
una scelta, ma come qualcos'altro, indegno di questo nome. Le persone
odiano l'idea di non essere agenti in grado di fare scelte libere ma non si
affronta comunque un argomento del genere come se si stesse dicendo a qualcuno
intenzionato a scoprire la città perduta di Atlantide che dovrebbe
accontentarsi di un viaggio in Sicilia. Dopotutto, soddisfa alcuni dei criteri:
è un'isola nel mare, dimora di una civiltà con radici antiche. Ma i fatti
rimangono: Atlantide non esiste. E quando sembrava che non fosse inevitabile
che avresti scelto la banana, la verità è che in realtà lo era.
Ho deciso, avrei deciso, qualcosa
ha deciso per me
Ma è davvero così? Si pensi a
quei momenti in cui, è sempre la neurobiologia a dircelo, il nostro cervello
genera rumore di fondo, quando la mente si trova al massimo della
quiete, ad esempio quando si sorseggia un caffè la mattina presto, prima che il
bambino di quattro anni si svegli; allora le cose possono sembrare diverse. In
quei momenti di concentrazione rilassata, sembra chiaro che le intenzioni
e le scelte, come tutti gli altri pensieri ed emozioni, sorgono spontaneamente
nella consapevolezza. Non c'è alcun senso in cui ci si senta come se ne fosse
l'autore. Perché si appoggia la tazza di caffè e ci si dirige verso la doccia
proprio nel momento in cui lo si fa? Perché l'intenzione di farlo salta fuori,
causata, senza dubbio, da ogni sorta di attività nel mio cervello, ma un'attività che si trova al di fuori della comprensione,
per non parlare del comando. Ed è esattamente lo stesso quando si tratta di
quelle decisioni più importanti che sembrano esprimere qualcosa di profondo sul
tipo di persona che si è: se partecipare al funerale di un certo parente, per
esempio, o quale delle due opportunità di carriera incompatibili perseguire. Si
possono trascorrere ore o addirittura giorni impegnati in quello che definiamo
come raggiungere una decisione su queste cose, quando in realtà quello
che si sta facendo, ammettendolo onestamente, è solo oscillare tra le opzioni,
finché in un momento imprevedibile, o quando una scadenza esterna impone di
farlo, la decisione di impegnarsi in una strada o nell'altra semplicemente
emerge.
Tutto ciò
non è solo che il libero arbitrio è un'illusione, ma che l'illusione del libero
arbitrio è essa stessa un'illusione: «osservati attentamente e
non sembrerai nemmeno libero». Ancora
la neurobiologia: è dimostrato, sempre dal neuroimaging, che ad esempio il
cervello di un portiere di calcio si attiva molto prima per coordinare il corpo
a parare un tiro in porta, prima che il giocatore decida di saltare,
prima che prenda coscienza che qualcuno ha tirato e che un pallone si sta
dirigendo verso la porta! Dopo questo esempio riuscite a immaginare cosa accade nel cervello di Yuja Wang? Se si presta sufficiente attenzione si può notare che
non c'è alcun soggetto al centro dell'esperienza, c'è solo l'esperienza. E
tutto ciò che sperimentiamo sorge semplicemente da solo. Buddismo, direbbe
qualcuno se volete, è comunque un’idea riecheggiata da altri, tra cui il
filosofo David Hume:
quando guardi dentro, non c'è traccia di un ufficiale di comando interno, che
emette autonomamente decisioni. C'è solo attività mentale, che scorre. Spettatori
dello sviluppo del proprio pensiero; lo osserviamo, lo ascoltiamo.
Concludendo
È socialmente dannoso per troppe
persone iniziare a pensare in questo modo, anche se si rivelasse essere la
verità. Molti filosofi che, sebbene pensino che abbiamo il libero arbitrio,
assumono una posizione simile, sostenendo che è moralmente
irresponsabile promuovere la negazione del libero arbitrio. Sono d’accordo.
In una serie di studi del 2008, un esperimento prevedeva la lettura di un estratto da “The Astonishing Hypothesis” di Francis Crick, co-scopritore della struttura del DNA, in cui suggerisce che il libero arbitrio è un'illusione. I soggetti così predisposti a dubitare dell'esistenza del libero arbitrio si sono dimostrati significativamente più propensi di altri, in una fase successiva dell'esperimento, a barare in un test in cui c'erano soldi in gioco. Altre ricerche hanno segnalato una ridotta convinzione nel libero arbitrio a una minore disponibilità a fare volontariato per aiutare gli altri, a livelli inferiori di impegno nelle relazioni e a livelli inferiori di gratitudine. I tentativi successivi di replicare questi risultati sono falliti. Sarà stato un caso?
Ma anche se gli effetti fossero
reali, alcuni scettici del libero arbitrio sostengono che i partecipanti a tali
studi stanno commettendo un errore comune, che potrebbe essere chiarito
piuttosto rapidamente se l’opposizione al libero arbitrio diventasse più nota e
compresa. I partecipanti allo studio che diventano improvvisamente immorali
sembrano confondere il determinismo con il fatalismo:
l'idea che, se non abbiamo libero arbitrio, allora le nostre scelte non contano
davvero, e quindi potremmo anche non preoccuparci di cercare di fare delle
buone scelte e fare semplicemente ciò che ci pare. Ma in realtà il fatto che le
nostre scelte possano essere predeterminate non le priva di valore. Potrebbe
avere un'enorme importanza se si sceglie di dare ai propri figli una dieta
ricca di verdure o meno; o se si decide di controllare attentamente in entrambe
le direzioni prima di attraversare una strada trafficata. È solo che, secondo
gli scettici, quelle scelte non sono state fatte liberamente.
In ogni caso, se si dimostrasse davvero che il libero arbitrio non esiste, le implicazioni potrebbero non essere del tutto negative. È vero che c'è qualcosa di ripugnante in un'idea che sembra richiedere di trattare un assassino a sangue freddo come non responsabile delle sue azioni, mentre allo stesso tempo caratterizza l'amore di un genitore per un figlio come nient'altro che mera causalità cieca, priva di qualsiasi scintilla umana. Ma c'è anche qualcosa di liberatorio in questo. È una ragione per essere più gentili con se stessi e con gli altri. Per quelli di noi inclini a essere duri con se stessi, è terapeutico tenere a mente il pensiero che potremmo stare facendo esattamente come avremmo sempre fatto - che nel senso più profondo, non avremmo potuto fare di più. E per quelli di noi inclini a infuriarsi con gli altri per le loro piccole malefatte, è rassicurante considerare quanto facilmente i loro difetti avrebbero potuto essere i nostri.
Se comprendessimo appieno le ragioni contro il libero arbitrio, sarebbe difficile odiare altre persone: come si può odiare qualcuno che non incolpiamo per le sue azioni? Eppure l'amore sopravvivrebbe in gran parte indenne, poiché l'amore è «la condizione del nostro volere che coloro che amiamo siano felici, e di essere resi felici noi stessi da quella connessione etica ed emotiva»; nessuna delle due cose verrebbe compromessa. E innumerevoli altri aspetti positivi della vita rimarrebbero ugualmente intatti.Personalmente non posso affermare di trovare le ragioni contro il libero arbitrio alla fine persuasive; è in contrasto con troppe altre cose sulla vita che sembrano ovviamente vere. Inoltre questo fisicalismo, o se volete il riduzionismo estremo che un certo tipo di filosofia della scienza fornisce a suo supporto non fanno parte del mio modo di vedere le cose. Eppure, anche se preso in considerazione solo come una possibilità ipotetica, lo scetticismo sul libero arbitrio è un antidoto a quella cupa filosofia individualista che sostiene che i successi di una persona appartengono veramente solo a lei e che quindi hai solo te stesso da incolpare se fallisci. È un promemoria che ci ricorda che le traiettorie contingenti che portano all’incidente della nascita potrebbero influenzare i percorsi delle nostre vite in modo molto più completo di quanto pensiamo, dettando non solo la posizione socioeconomica in cui nasciamo, ma anche le nostre personalità ed esperienze nel loro insieme: i nostri talenti e le nostre debolezze, la nostra capacità di gioia e la nostra abilità di superare le tendenze alla violenza, alla pigrizia o alla disperazione e i percorsi che finiamo per percorrere.
Nella nostra totale esposizione a forze al di fuori del nostro controllo, c'è un profondo senso di fratellanza umana in questa immagine della realtà, nell'idea che potremmo trovarci tutti sulla stessa barca, aggrappati per la nostra vita, alla vita stessa, alla deriva nell’oceano in tempesta del caso.
Empatia. Risultato della coevoluzione biologica e culturale, visto che è ormai ampiamente dimostrato che è un sentimento che esiste anche nei nostri parenti più prossimi, come scimpanzè o bonobo.
Ah, ovviamente, ho scritto in modalità del tutto incosciente, scelte predeterminate, non frutto del mio libero arbitrio. Prova ne sia il fatto che tutto ciò, probabilmente, è soltanto una clamorosa supercazzola...