Il paradosso apparente: la riduzione dell’inquinamento in Cina accelera il riscaldamento globale

I drastici tagli all'inquinamento atmosferico in Cina hanno causato un aumento del riscaldamento globale. 

In un recente post dell’amico Aldo Piombino è stato posto l’accento sull’influenza delle nuvole a bassa quota, alle latitudini settentrionali, come fattore importante per la variabilità dell’albedo, e quindi della quantità di energia radiante in ingresso e riflessa dal pianeta: oltre a cause naturali nella diminuzione della quantità di nuvole riflettenti, potrebbe esserci stata l’influenza diretta, paradossalmente, del miglioramento della qualità dell’aria!

Le emissioni solforose causate dai combustibili navali aumentano infatti la luminosità delle nubi a bassa quota sul mare, che si formano proprio lungo le rotte marittime (in misura minore anche aeree): lunghe strisce note come ship tracks (tracce delle navi), formate da nubi altamente riflettenti.

Nuove e più stringenti normative internazionali, in vigore dal 2020, hanno ridotto notevolmente le emissioni di zolfo, e di conseguenza anche la formazione di queste nubi basse, come documentato dalle osservazioni condotte per tutto il 2023. L’uso di carburanti migliori ha avuto quindi un effetto indesiderato! Ciò non toglie ovviamente la necessità di migliorare la qualità dell’aria ovunque ce ne sia necessità.

In un mio post passato avevo messo in evidenza come il contributo complessivo in gas serra del settore dei trasporti marittimi sia pari a circa l’1,7%.

A parziale conferma della relazione tra nubi e inquinamento atmosferico, uno studio recente, la include tra le cause dell’accelerazione del riscaldamento del pianeta a partire dal 2010: i ricercatori affermano che gli sforzi della Cina per ripulire l'inquinamento atmosferico sono responsabili della maggior parte di questo riscaldamento extra.

Nel diagramma, in basso a destra,
il contributo del trasporto marittimo (1,7%) del totale delle emissioni di gas serra ogni anno. I dettagli  in questo mio post.


Una fabbrica di acciaio nell'Hebei, in Cina, nel 2015 (Kevin Frayer/Getty Images)

Gli sforzi della Cina per ridurre l'inquinamento atmosferico sono quindi causa di gran parte del recente aumento del tasso di riscaldamento globale, stimolando la ricerca su come le normative sulla qualità dell'aria influenzino il clima e, soprattutto, se l'impatto della rimozione degli aerosol dall'atmosfera sia stato compreso davvero. Questo riscaldamento aggiuntivo, mascherato dagli aerosol, è responsabile del 5% dell'aumento della temperatura globale, così come ormai ampiamente documentato a partire dalla seconda metà del XIX secolo, inequivocabilmente imputabile a cause antropiche.

All'inizio degli anni 2000, la Cina registrava una pessima qualità dell'aria a causa della rapida industrializzazione che, soprattutto all’interno di quel paese, suscitò un'ondata di proteste pubbliche, a maggior ragione in vista delle Olimpiadi di Pechino del 2008, palcoscenico di visibilità mondiale per questo paese. In risposta, le autorità cinesi iniziarono a prendere seriamente in considerazione il problema, installarono depuratori nelle centrali elettriche a carbone per ridurre le emissioni più inquinanti e inasprirono le norme sui gas di scarico dei veicoli, con un conseguente calo del 75% delle emissioni di solfati, causate principalmente dalla combustione di combustibili fossili, che contengono zolfo; ma non meno importanti anche i solfuri il cui inquinamento atmosferico, principalmente biossido di zolfo (SO2) e idrogeno solforato (H2S), costituisce una problematica ambientale seria con effetti negativi sulla salute e sull'ambiente. Il biossido di zolfo, derivante sia dalla combustione di combustibili fossili che da processi industriali, contribuisce inoltre alla formazione di piogge acide e all'acidificazione di laghi e terreni, fenomeno che era ben noto e diffuso nell’Europa industrializzata fino agli anni Novanta.

Ma c'è un risvolto negativo in questa storia di successo ambientale. Secondo una nuova analisi, l'aria inquinata della Cina stava contribuendo inavvertitamente al raffreddamento del pianeta, e ora che non c'è più, si inizia a misurarne gli effetti in termini di ulteriori apporti al riscaldamento.

I dati confermano che il riscaldamento globale ha accelerato negli ultimi dieci anni circa. Il tasso di riscaldamento globale antropico è in aumento e sta raggiungendo livelli mai registrati prima. L'ultimo decennio (2014-2023) ha visto un aumento di 1,19°C rispetto agli 1,14°C del decennio precedente (2013-2022). Dal 1970, il mondo si è riscaldato a un ritmo costante di circa 0,18 °C ogni decennio, ma dal 2010, sembra essere aumentato a circa 0,26 °C per decennio, al netto dell'influenza della variabilità climatica naturale. Già in passato i ricercatori avevano attribuito la responsabilità di questo aumento del riscaldamento come causa diretta della riduzione dell'inquinamento atmosferico, anche se l’individuazione delle singole componenti rispetto alla tendenza globale è di difficile individuazione.

Gli aerosol contenenti zolfo, rilasciati dalla combustione di combustibili fossili, raffreddano il pianeta in due modi. Le particelle stesse riflettono la luce solare nello spazio, schermando la Terra dalla radiazione solare, ma influenzano anche il modo in cui si formano le nuvole, aumentando la presenza di nuvole più bianche e durature che riflettono anche la radiazione. Appare ovvio che rimuovendo dall’atmosfera questi aerosol elimina quindi l'effetto di raffreddamento dovuto alla presenza di nuvole.

Ricercatori del CICERO, Center for International Climate Research (Norvegia) hanno utilizzato dati sulle emissioni di recente pubblicazione, che forniscono, fin dal 2005, un quadro più accurato delle azioni intraprese dalla Cina per contrastare l’inquinamento da aerosol. Utilizzando modelli all'avanguardia per simulare la risposta del sistema climatico a rapidi cali dei livelli di aerosol, in particolare in Cina, hanno quindi potuto confrontare i risultati con dati reali, relativi ad almeno un ventennio, quali quelli delle osservazioni satellitari, oltre che i valori dell'inquinamento da solfati tratte dai rapporti sulle emissioni: lo scenario modellato è coerente con l’andamento dei dati reali.

In questo modo è stato possibile isolare l'impatto sul riscaldamento globale dovuto alle riduzioni dell'inquinamento da aerosol cinese: decisamente macroscopico, non un effetto di poco conto. In totale, l’abbattimento dell'inquinamento atmosferico in Cina, è responsabile dell'80% dell’accelerazione subita dal riscaldamento a partire dal 2010, in altre parole dell'aumento del tasso di riscaldamento globale registrato, circa 0,05 °C in più ogni decennio. Se si considera l'intero riscaldamento dal 1850, circa 0,07 °C possono essere attribuiti alla bonifica degli aerosol cinesi, ovvero circa il 5% del totale. Anche se la ricerca deve ancora essere sottoposta a peer review ha già ricevuto il consenso da parte di numerosi altri ricercatori.

Parte di ciò può essere spiegato dall'enorme portata delle riduzioni dell'inquinamento atmosferico ottenute dalla Cina: a titolo di esempio, a partire dalla metà degli anni 2000, le emissioni di anidride solforosa sono state ridotte di circa 20 milioni di tonnellate all'anno. La qualità dell'aria in Cina ha ovviamente un impatto particolarmente forte a livello globale perché ovunque si emettano aerosol in questo paese, la conformazione del territorio, la presenza di correnti atmosferiche particolari e altri fattori, fanno sì che questi vengano assorbiti dalla circolazione atmosferica, trasportati e diffusi su una vasta area, soprattutto verso est attraverso il Pacifico. Se la stessa quantità di emissioni provenisse dall'India non avrebbe lo stesso effetto sul riscaldamento globale.

I dati satellitari hanno infatti rilevato una tendenza al riscaldamento nel Pacifico settentrionale negli ultimi anni, e questa nuova ricerca suggerisce sia spiegato dalla riduzione degli aerosol cinesi. Considerando le osservazioni delle grandi serie di temperature il riscaldamento globale sta accelerando. Se si considera la distribuzione geografica, gran parte di questo fenomeno si verifica proprio su due zone specifiche del Pacifico settentrionale, in coerenza con quanto sostenuto nello studio. 


Il grafico interattivo precedente, riporta il totale dei gas serra (GHG) espresso in CO2e[1], con emissioni annuali complessive della Cina a confronto con quelle di altri soggetti e all'insieme totale. Come si vede, la Cina non sembra avviarsi verso l’auspicata decarbonizzazione, per lo meno non a breve, nonostante piani ambiziosi che sembrano indicare che questo paese si farà trovare pronto quando sarà necessario, purché non sia troppo tardi.

Posto che, e sicuramente a ragione, l’obiettivo primario della Cina sia ripulire l’aria (le immagini disastrose, un tempo piuttosto comuni, delle principali città cinesi rappresentano ormai eventi sempre più rari), la riduzione dell’inquinamento atmosferico come forzante ulteriore al riscaldamento globale, causato proprio da questo paese - che sta incassando miliardi di dollari con il green ma continua ad essere il paese a maggiori emissioni di gas serra - dipinge uno scenario comunque preoccupante.
Gli autori della ricerca però sottolineano che la Cina non ha causato un ulteriore riscaldamento. Piuttosto, è stato smascherato quanto era già presente. Il riscaldamento è sempre stato presente, ma era in qualche modo contenuto, raffreddato artificialmente dall’inquinamento: rimuovendo l'inquinamento si assiste a quel che è il reale effetto del riscaldamento causato dai gas serra.

Da un altro punto di vista è possibile affermare che le conseguenze dirette sul clima non sono gravi, o per lo meno non così gravi come quelle che causavano ogni anno un numero enorme di vittime: ricerche precedenti stimavano che il miglioramento della qualità dell’aria ha contribuito a evitare qualcosa come 150.000 morti premature ogni anno.

Il ritmo della bonifica dell'aria in Cina è rallentato negli ultimi anni: non c'è più molto inquinamento atmosferico da rimuovere. E questo dovrebbe significare che il tasso di riscaldamento dovrebbe tornare vicino agli 0,18 °C per decennio registrati prima del 2010 senza dimenticare, vista la complessità del sistema clima, che molti altri fattori potrebbero compromettere questo processo basato sulla proporzionalità inversa tra inquinamento e riscaldamento.

Tornando a quanto si è detto all’inizio di questo post, proprio mentre l’inquinamento dalla Cina andava riducendosi, le norme del 2020 che hanno costretto l'industria navale mondiale a ridurre le emissioni di aerosol, hanno provocato un netto calo dell'inquinamento anche in mare aperto: con conseguenze particolarmente importanti per quanto riguarda i cambiamenti nella copertura nuvolosa in quelle regioni, lasciando presumere un'ulteriore causa in grado di accelerare il ritmo del riscaldamento.

I ricercatori avvertono inoltre che, l'aumento in sé delle temperature potrebbe causare una riduzione della capacità riflettente delle nubi oceaniche, riducendone l'effetto di raffreddamento: un ulteriore processo di rinforzo a cui aggiungere, come non bastasse, un certo timore che i modelli possano aver sottostimato la sensibilità del sistema climatico ai cambiamenti negli aerosol, con conseguenze dirette sul tasso di riscaldamento con cui il pianeta continuerà a scaldarsi.


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Riferimento bibliografico: DOI: doi.org/10.21203/rs.3.rs-6005409/v1

[1] Il CO2 equivalente (CO2e) è una misura che esprime l'impatto sul riscaldamento globale di diversi gas serra, riducendoli a un equivalente di CO2. In pratica, permette di confrontare l'impatto di gas con potenziale di riscaldamento globale, come metano e protossido di azoto, utilizzando un'unica unità di misura.

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