«As we know, there are known knowns; there are things we know we know. We also know there are known unknowns; that is to say we know there are some things we do not know. But there are also unknown unknowns – the ones we don’t know we don’t know.». (D. Rumsfeld)
Alla fine la spiegazione di questa massima...storica!
Incontrano un cammelliere che ha perso il
cammello e i tre gli dicono di averlo visto. Per dimostrarlo gli indicano tre
indizi, uno ciascuno: è cieco da un occhio, gli manca un dente, ha una gamba
zoppa. Il cammelliere conferma e corre a cercarlo, ma non lo trova. Di ritorno,
incontra di nuovo i tre principi, che aggiungono altre tre caratteristiche:
porta olio da una parte e miele dall'altra, ha una donna in groppa e costei è
gravida.
A questo punto il cammelliere si insospettisce,
pensa che abbiano rubato loro la bestia e li denuncia al re. Dinanzi a sua
maestà, nel giustificarsi per il cammello, i tre dicono che è stata solo una
burla: “senza volere, la bugia che gli diciamo, per caso corrisponde al vero”.
Il re risponde che è improbabile che ben “sei menzogne inconcludenti
azzecchino tutte insieme la realtà” (come dargli torto?). Dunque li accusa di
furto e li mette in galera; per loro fortuna, poco dopo il cammelliere ritrova
donna e animale, e li scagiona. Ora le capacità osservative dei tre principi
sono palesi: in effetti hanno azzeccato tutte e sei le caratteristiche della
scena, pur non avendo mai visto prima il cammello. Interrogati dal re, i tre
giovani spiegano sulla base di quali indizi hanno indovinato i dettagli circa
l'animale e la donna incinta.
Il sovrano, soggiogato dalla loro fisiognomica
irreprensibile, decide di tenerli con sé e comincia a spiarli per carpire i
loro segreti. Mentre sono seduti a banchetto i tre fanno altre speculazioni,
che si rileveranno esatte: il vino che stanno bevendo proviene da un vigneto
piantato dove un tempo era un cimitero; l'agnello che stanno mangiando è stato
allevato con latte di cagna; e il monarca non è di puro sangue nobile, perché
in realtà è figlio di un cuoco. Punto sul vivo, soprattutto sull'ultima ipotesi
, il re verifica che è tutto vero. La madre da giovane tradì suo padre e lo
confessa al figlio. Pentito di quell'inchiesta, il re si fa raccontare un'altra
volta dai tre principi come sono riusciti a capire quei fatti nascosti. Gli
indizi sulla sua illegittimità erano che gli mancava un segno dinastico, il re
parlava sempre del pane, la sua fisiognomica. A quel punto il sovrano, per non
uscire dai gangheri per la rabbia, premia i tre volubili giramondo e li
spedisce di nuovo a casa, dove trovano il vecchio padre che ringiovanisce dalla
gioia nel rivederli e cede il regno al primogenito.
La narrazione
Lo schema narrativo di queste novelle è
antichissimo, forse di origine araba. Le sue origini profonde si perdono nelle
tradizioni orali diffuse tra la Persia, l'India, le terre di kirghisi e tatari,
il Talmud babilonese, Sindbad e i sette visir, fin dal V-VI secolo. Arriva in
Occidente e compare a inizio Duecento nella leggenda danese di Amleto ed a fine
Trecento In Italia, un secolo dopo le Otto novelle del paradiso di
Khusrau. Il tema è sempre lo stesso: il piacere della libera investigazione.
Affrontare le incertezze del mondo e provare a interpretarle risalendo da
indizi apparentemente trascurabili a realtà nascoste e non immediatamente
esperibili con i sensi. I principi non stanno cercando proprio nulla. Vanno a
spasso, esercitano il loro spirito acuto, si lanciano in prodezze di
osservazione e deduzione, con vantaggi per coloro a cui rendono di volta in
volta servigio. La vicenda comincia con una burla al cammelliere, uno sfoggio
di capacità investigative per il puro gusto di farlo. Attrice principale della
novella è la loro capacità di mettersi sulle tracce di indizi, secondo i
dettami della fisiognomica e della semiotica. La capacità non solo di
interpretare i caratteri psicologici di una persona dai suoi tratti somatici,
ma anche di passare in maniera immediata dal noto all'ignoto, dal visibile
all'invisibile, su base indiziaria.
Questo organo del sapere indiziario è associato
sia alle intuizioni mistiche che alla divinazione induttiva, rivolta ad un
ignoto futuro, sia a forme di sagacia pratiche come la perspicacia visiva dei
tre principi che invece indovinano realtà poste nel presente e nel passato.
Di sicuro, la novella è un articolo di
importazione, forse con impianto diverso ma con gli stessi ingredienti
narrativi di quella di Khusrau. Con un testo bonificato e riadattato alla
tradizione cristiana, eliminando tutto il tessuto metaforico e sopprimendo i
riferimenti alla tradizione erotica, con un orientalismo temperato e
accomodante, pur impoverendo lo stile, anche qui i tre principi dimostrano di
avere una scienza fondata sui fenomeni e sul mondo fisico, la loro fisiognomica
è volta al bene. I racconti di sagacia interpretativa ora sono centrali e i tre
principi diventano l'archetipo del detective: il mondo è pieno di segni
polivalenti da interpretare. I tre principi mostrano grandi capacità di
osservazione, sagacia, una geniale accuratezza nel raccogliere indizi, ma non
trovano ciò che non stavano cercando ma danno semplicemente sfoggio del loro
alto ingegno, ingraziandosi il potere. Cristoforo Armeno, ce li presenta
insomma, come maestri di “abduzione”, cioè del trovare la spiegazione migliore
per i dati a disposizione procedendo a ritroso dagli effetti alle cause,
riuscendo così a interpretare il mondo e gli eventi; raccolgono indizi
apparentemente casuali interpretando segni e tracce come segugi, ricostruendo
scenari possibili.
La novella verrà ritradotta e ristampata
costantemente fino al Novecento. L'impianto narrativo del processo di
iniziazione della favola dell'eroe, del resto, ammalia da sempre gli esseri
umani: il male e il bene, le prove, i fallimenti, l'imminente pericolo di
morte, la salvezza arriva solo dopo aver toccato il fondo, il capovolgimento
delle sorti, nuove prove e così via.
I tre principi di Serendippo non trovano per caso
qualcosa che non stavano cercando. Piuttosto, esibiscono il loro alto
intelletto, la prudenza, un sottile avvenimento, molta scienza e creatività. Il
caso ha un ruolo del tutto marginale, sia nell'originale persiano sia nella
traduzione veneziana. La specialità dei tre protagonisti non è abbandonarsi
alla sorte, ma fare le giuste associazioni abduttive.
La sagacia investigativa non è accidentale ma
prevista e preparata, coltivata. I principi sono tre investigatori nati che
scoprono le realtà più diverse. E la ricerca a suo modo antesignana del romanzo
poliziesco: decifrare orme, segni e indizi per giungere alla verità, come fanno
i cacciatori e come ancor meglio sanno fare le prede, come fanno da sempre i
medici nelle loro anamnesi, e come farà poi Sherlock Holmes o qualsiasi altra
figura di detective della finzione letteraria. Si tratta di accertare
verità spesso postume come sanno bene tombaroli, archeologi, paleontologi e
geologi. Tutto sommato, si scorge qui qualche parentela anche con le verifiche
sperimentali e osservative, con la conoscenza per controprova.
Mr. Walpole
Walpole, dopo aver letto la traduzione inglese
della novella di Armeno, scrive ad un amico e gli racconta delle sue indagini
retrospettive, senza uno scopo particolare, su intrighi ed omicidi fiorentini
del passato, comunicandogli di aver fatto una scoperta decisiva: “questa
scoperta, in verità, è quasi di quel genere che io chiamo serendipity,
una parola molto espressiva che, giacché non ho niente di meglio da
raccontarti, cercherò di spiegarti: la capirai meglio per derivazione più che
per definizione. Una volta lessi una sciocca favoletta intitolata The three
princes of Serendip: nel corso dei loro viaggi, le loro altezze scoprivano
continuamente, per caso e per sagacia, cose che non andavano cercando".
Dunque la parola serendipity nacque come una
derivazione casuale giocosa, come un capriccio da collezionisti, l'antico nome
dello Sri Lanka non ha nulla a che vedere con il suo significato. Walpole
sceglie la parola chiaramente per il suono e per l'effetto che fa. Gli piace la
musicalità della parola eufonica anche in inglese con quelle cinque sillabe
scandite. Che sia un vezzo è dimostrato dal fatto che non la userà mai più nei
suoi scritti! Compare soltanto in questa lettera, con un tocco di autoironia.
Quanto al significato, c'è in effetti qualcosa di
snob e di ironico nel pensare che grandi scoperte derivino da circostanze
modeste e occasionali, come il fortunato ritrovamento di una meraviglia da
parte del collezionista. Il punto dirimente, però, è che Walpole sbaglia
completamente l'interpretazione. Nella sua lettera le definizioni chiave sono
“sagacia accidentale” e “scoprire qualcosa che non si stava cercando”. In tutte
le diramazioni delle novelle orientali che confluiscono nella traduzione di Armeno
la parola caso compare una sola volta e i tre principi non scoprono affatto ciò
che non stavano cercando. Di sagacia, insomma, ce n'è tanta, ma di caso poco,
giusto quello del peregrinare dei tre giovani e il loro tentare di
indovinare quel che capita.
Possiamo dire quindi che la serendipità, grazie a
un fraintendimento sviante, è nata in modo ”serendipitoso”.
Il tema della novella di Armeno è l'arte
indiziaria, la capacità abduttiva che permette ai tre principi di portare a
termine con successo il loro viaggio iniziatico. Non trovano nulla e non
incontrano alcun caso fortunato.
Ciò che noi oggi chiamiamo abduzione per Voltaire
significa appunto apprezzare le piccole differenze nei fenomeni osservati al
fine di arrivare a un risultato preciso, che sarà particolarmente importante:
descrivere un oggetto mai visto, prevedere l'esistenza di qualcosa che non è
mai direttamente finito sotto i nostri sensi, o anche indovinare una serie di
eventi del passato che, retrospettivamente, spiegano quegli indizi. In altri
termini, esiste un ignoto che va ricostruito a partire dai segni che ha lasciato,
da tracce, orme, effetti, spie indirette della sua presenza.
I princìpi o i prìncipi dell'investigazione?
Anche nella scienza è cruciale saper descrivere
qualcosa che non si è mai visto prima, persino ciò che non sarà mai visibile ai nostri sensi. Tante scoperte sono state fatte
desumendo l'esistenza di entità che nessuno prima aveva osservato: bosoni di
Higgs, onde gravitazionali, geometrie che disobbediscono a Euclide. Ci si è
arrivati sulla base di indizi, come fanno Zadig e i tre principi di Serendippo,
oppure tirando le conseguenze da teorie e modelli, o anche intercettando realtà
sia fisiche che rappresentate da entità matematiche inventate dagli scienziati.
I passaggi per arrivare da Zadig a Sherlock
Holmes non sono poi tanti. Il grande paleontologo e anatomista francese Georges Cuvier scriverà, per il suo mestiere di indagatore del tempo profondo, proprio
come lo Zadig di Voltaire: “da un'impronta fossile bisogna capire quale
animale abbia calcato la sua zampa milioni di anni fa, dalle forme delle ossa
pietrificate ridurre le fattezze complete di un animale estinto”. E’ lo stesso
mestiere dell'investigatore perché, da pochi indizi il paleontologo capisce con
certezza che, per esempio, era un ruminante. Quindi da un singolo dettaglio, da
un femore e da un pezzo di cranio, grazie alla sua perizia e al confronto con i
resti di altri animali, riesce a ricostruire tutta la creatura estinta e
persino i suoi comportamenti.
Da questa citazione di Cuvier partirà, nel 1880,
il darwiniano Thomas Huxley nello scrivere un saggio memorabile, sul sapere
indiziario e sull'idea che alla base di molte scienze vi siano le profezie. Sì,
le profezie, ma non quelle divinatorie sul futuro bensì le profezie rivolte al
passato.
E ancora qui il caso non c'entra niente,
nonostante le dichiarazioni di alcuni grandi uomini di scienza del passato.
Trarre vantaggio dalle osservazioni casuali è la conseguenza più importante
dell'avere una mente teorica, se non hai predizioni e aspettative in mente non
potrai mai notare che un'osservazione accidentale è incongruente e quindi
potenzialmente foriera di serendipità. Louis Pasteur, che di ricerca se ne intendeva parecchio, diceva che nella scienza, il
caso favorisce (solo) le menti preparate.
William Whewell, grande amico di Charles Darwin, colui
che coniò nel 1834 la parola scienziato, nella sua storia delle scienze
induttive del 1837 aveva scritto che nessun ruolo spettava al caso nella
scoperta scientifica ma che esiste sempre all'inizio un'idea distinta e ben
ponderata da mettere alla prova. È proprio questa idea a rendere l'accidente
possibile, ma si tratta solo di un presunto accidente. In realtà è un accidente
cercato, preparato, voluto. Insomma, contano poco il contesto e la personalità
dello scienziato: ciò che vale nella scienza è l'idea che ti muove. La sagacia,
che prevale decisamente sul caso.
Profezie...sul passato!
Nel 1880, l'evoluzionista amico di Darwin, Thomas
Huxley, definì questa capacità ”profezia retrospettiva”. L'espressione è
volutamente paradossale: la profezia di solito si riferisce alla previsione di
un evento futuro. Come la divinazione, che implicava il saper vedere qualcosa
di nascosto nell'avvenire. La profezia retrospettiva mostra invece l'invisibile
negli effetti presenti oppure un invisibile riferito a un evento del passato.
Il profeta retrospettivo afferma: “in un certo momento del passato, se ci foste
stati, avreste visto questo”. In questo modo i limiti della conoscenza
sensibile vengono superati, lo scienziato del tempo profondo va oltre le
apparenze e si sporge verso l'ignoto. Grazie alla profezia retrospettiva,
scrive Huxley, "si comprende ciò che fino a prima andava oltre la sfera
della conoscenza immediata, si vede ciò che era invisibile al senso naturale
del vedente”.
Da un effetto si può risalire alla causa
competente a produrre quell'effetto e tutto questo è supportato e sostenuto
dalla fiducia nella costanza dell'ordine della natura. Insomma, come avrebbe detto Holmes "tolto l'impossibile, quel che rimane, per quanto improbabile, dev'essere vero".
Mi pare logico...
Ad ogni modo le connessioni tra le capacità
abduttive e il trovare ciò che non si va cercando restano assai deboli. E,
sulla scia di Zadig, a dimostrarlo sono proprio tutti i campioni del sapere
indiziario che sono pressoché infallibili. Altro che scienza dell'inatteso.
Devono risolvere un mistero, applicano il metodo
indiziario e colgono nel segno. Straordinario, tant’è che pur sapendo che è
nella penna dell’autore l’intera storia, che ne conosce ogni dettaglio,
svolgimento e conclusione fin dall’inizio, ne restiamo affascinati.
Nei Delitti della Rue Morgue, capolavoro
poliziesco di Edgar Allan Poe, estremizzazione letteraria dell’abduzione e che
ispirò Arthur Conan Doyle, il detective Auguste Dupin analizza ogni dettaglio,
procede per esclusione e riesce persino a leggere nella mente del suo amico,
ricostruendo i passaggi del suo ragionamento. Bisogna pensare a ciò che nessuno
ha pensato, come lo scienziato dinanzi a un'anomalia, non ritrarsi nemmeno di
fronte alle ipotesi più strane, persino che il colpevole sia un orango, ma alla
fine comunque, magari con l'aiuto della gloriosa teoria delle probabilità,
“l'esperienza rivela sempre la sua vera logica”. Gli avvenimenti collaterali e
accidentali sono importanti, ma Dupin li domina rendendoli oggetto di calcolo
assoluto, riconducendo l'imprevisto a formula matematica. Il risultato finale,
dunque, è negazione della serendipità.
Elementare, mio caro Watson!
Holmes dunque è ancor più scienziato di Dupin:
razionale e sistematico. La scienza prende il posto del caso e i delitti quello
delle malattie.
A ben vedere Sherlock Holmes, quasi disumano,
senza cuore ma dotato di una magnifica intelligenza logica, porta l'abduzione a
conseguenze così estreme da negarla. Watson fa da contraltare alle sue
presunzioni di infallibilità, ma senza grossi risultati. Infatti la scienza di
Holmes viene presentata non come abduzione ma come deduzione logica: da
premesse generali a conseguenze sottese e inevitabili.
Quella di Holmes è scienza esatta, per dirla in
modo più filosofico con una delle massime dello stesso Holmes, ripetiamola: “eliminato
l'impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere per forza la
verità”. Si tratta nientemeno che del tipico procedimento sperimentale per cui
si analizzano, si comparano e si scartano le diverse variabili e ipotesi in
gioco, al fine di corroborare una teoria, che sia scientifica o investigativa,
scartando le false piste. Il detective, come lo scienziato, è consapevole che
questa scienza funziona fino a un certo: cioè solo fin quando sei sicuro di, e
hai gli strumenti per, valutare davvero tutte le variabili potenziali. Spesso
restano sul tavolo diverse congetture, altrettanto probabili improbabili,
perché la natura umana e non umana sa essere contorta.
Il resto allora è calcolo delle probabilità e
fortuna, ammette Sherlock Holmes. Quindi non è esattamente una scienza esatta
ma l'ambizione è quella.
Ma a questo punto, per chiudere con un sorriso,
non posso non pensare alla famosa citazione del fu Donald Rumsfeld, Segretario
della Difesa USA durante la presidenza di Bush jr. Nel tentativo di arrampicata
su specchi insaponati, di giustificare il mancato ritrovamento delle famose
armi di distru(a)zione di massa, disse ai giornalisti in conferenza stampa.
«As we know, there are
known knowns; there are things we know we know. We also know there are known
unknowns; that is to say we know there are some things we do not know. But
there are also unknown unknowns – the ones we don’t know we don’t know.».
Appendice geologica
Se costruiamo questo esempio nella forma di un argomento con premesse e conclusione, è chiaro che esso non è né una induzione né una proiezione. Non stiamo inferendo una generalizzazione, ma un’ipotesi su una struttura o un evento che spiegherebbe i nostri dati. In filosofia si usano diversi termini per indicare inferenze di questo tipo. Il filosofo Peirce le chiamava inferenze “abduttive”, in opposizione a quelle “induttive”. Altri le hanno chiamate “induzioni esplicative” o “induzioni teoriche”. L’espressione più comune è “inferenza alla miglior spiegazione”, ma il filosofo della scienza Peter Godfrey-Smith, contemporaneo, ne usa una leggermente diversa: “inferenza esplicativa”.
Bibliografia
Roberto Franco. E' sedimentario, mio caro Watson! 2023.
Peter Godfrey-Smith. Teoria e realtà. 2021
Telmo Pievani. Serendipità. 2021
Nessun commento:
Posta un commento
L'Amministratore del blog rimuoverà a suo insindacabile giudizio ogni commento ritenuto inadeguato od inappropriato.
Per motivi tuttora ignoti anziché un account Google come da impostazione, ne viene richiesto uno Blogger. In altre parole, per ora non potete sottoporre commenti, a meno che non abbiate, appunto, un account Blogger. Spiacente.