Dopo la lettura di un articolo di Nature portato alla mia attenzione in risposta ad un post dell’amico Aldo Piombino, ho voluto approfondirne un aspetto in particolare.
L’articolo in sé non dice molto se non mettere in evidenza come pare ci sia un modello che evidenzia comeil frequente verificarsi di eventi “El Niño” del Pacifico centrale ha svolto un ruolo chiave nel rallentamento del riscaldamento della Groenlandia e forse nella perdita di ghiaccio marino artico. Ma, lasciatemi un margine di dubbio, nello stesso articolo leggo anche che «Questo riscaldamento dell'Artico non uniforme può essere attribuito alla variabilità naturale, piuttosto che alla forzatura antropogenica, sebbene la maggior parte dei modelli climatici non sia in grado di simulare ragionevolmente la variabilità naturale non forzata sulla Groenlandia». Sebbene…
Mentre questo modello potrebbe essere fallace, pur con i loro limiti non lo è la media delle centinaia di profilazioni e modellazioni fatte in decenni e che, contrariamente a quanto è stato detto in queste pagine, non è vero che IPCC tenda a sovrastimare, anzi, è esattamente vero il contrario. E tornando ai modelli ricordo che la climatologia è scienza difficile, visto che i modelli che si creano, anche quelli per fare le previsioni che inondano con centinaia di fonti, telefonini e smartwatch, funzionano al contrario e senza entrare nei dettagli, facendo "previsioni sul passato".
Ma tornando a El Niño, o meglio a ENSO, «El Niño Southern Oscillation» su questo vorrei spendere più che qualche parola perché è una delle prove di quanto possa essere complesso lo studio di fenomeni climatici globali, studio in grado comunque di produrre evidenze e certezze.
Questo fenomeno è quanto di meglio si possa avere sottomano per effettuare un vero e proprio esperimento planetario ed analizzarne i risultati, proponendo modelli. Ed è, soprattutto, uno degli strumenti naturali a disposizione che possano metterci in grado di capire quanto possa essere delicato, interconnesso per vie ancora da esplorare, relazionato indipendentemente da latitudini e longitudini, il sistema climatico mondiale, e quanto sia ogni sua variazione, globale!
L'ENSO del 2010 provocò fenomeni meteorologici estremi pressoché contemporaneamente negli Stati Uniti centro-occidentali (Tennessee e Kentucky) e Pakistan. Un'origine nel Pacifico Equatoriale ed effetti così lontani.
I livelli raggiunti sia dal fiume Cumberland che dal Tennessee batterono ogni record. Ci furono ventisei vittime, per lo più a causa di inondazioni improvvise di torrenti e altri corsi d'acqua nei bacini sottostanti. Più il fiume non riusciva a contenere l'acqua che continuava a cadere dal cielo, più le sale da concerto, gli impianti sportivi, le aziende e le case di Nashville si ritrovarono coperti di acqua e fango.
Ma fu poca cosa rispetto a quel che accadde in Pakistan.
Alla fine di luglio del 2010 fu catastrofe. Due dighe, quella di Tangala e quella di Mangia, rappresentavano tutto lo stoccaggio disponibile sui principali affluenti dell'Indo. Il resto era fuori controllo. Le inondazioni imperversarono lungo tutto il bacino dell'Indo trascinando con sé migliaia di vite. I fiumi Kabul e Swat ruppero gli argini. Centinaia di persone morirono a causa delle inondazioni che seguirono. Le frane devastarono il nord-ovest del paese. In centinaia persero la vita. Un quinto del Pakistan finì sott'acqua. Il 29 luglio la situazione aveva raggiunto una gravità senza precedenti. Il 31 luglio l'ONU dichiarò quelle inondazioni le più gravi a memoria d'uomo. Nella prima parte di agosto, quando le acque si ritirarono, fu possibile valutare l'entità del disastro. Erano morte quasi 2000 persone, e in venti milioni avevano bisogno di un rifugio, di cibo e di cure, più che durante lo tsunami indiano nel 2004, i terremoti del Kashmir nel 2005 e di Haiti nel 2010 e il ciclone Nargis del 2008 messi insieme.
Dai tropici alle medie latitudini l'umidità non si sposta uniformemente. Le immagini satellitari a microonde mostrano che spesso essa viaggia come lunghi filamenti d'aria di alcune centinaia di chilometri di ampiezza, a volte intorno a sistemi meteorologici che si estendono per alcune migliaia di chilometri. Questi fiumi atmosferici sono grandi. Da cima a fondo, uno di questi corsi d'acqua nel cielo può trasportare tanta acqua quanta il Rio delle Amazzoni, o dieci volte quella del Mississippi.
Il sistema climatico sta cambiando. È probabile che possa cambiare molto al di là dell'esperienza recente, grazie all'impatto della modernità sulla chimica dell'atmosfera. L'iniezione di anidride carbonica, pardon, di diossido di carbonio (sono anziano e mi scappa di chiamarla ancora anidride carbonica) derivante dall'uso dei combustibili fossili e la trasformazione del paesaggio su una scala senza precedenti hanno entrambe avuto un impatto significativo sul bilancio energetico del pianeta.
È ancora troppo presto per comprendere appieno la portata della sfida di un clima che cambia. Occasionalmente, tuttavia, il sistema climatico propone un esperimento naturale che permette di intravedere ciò che potrebbe avere in serbo. Il 2010 fu un anno di ENSO particolarmente forte. L’ENSO è un fenomeno quasi periodico per cui le calde acque del Pacifico equatoriale ad una profondità di qualche centinaio di metri oscillano da est a ovest dal Perù all'Australia e viceversa come una gigantesca altalena, per un periodo che va dai tre ai cinque anni. Il fenomeno si manifesta maggiormente sulla superficie dell'oceano: durante lo stato freddo chiamato La Niña, le acque più fredde e profonde raggiungono la superficie nel pacifico orientale mentre le acque calde si accumulano a ovest; Durante lo stato opposto quello caldo o El Niño, si trovano di nuovo verso est. L’ENSO è uno dei segnali naturali più importanti e misurabili del sistema climatico. il caso vuole che sia anche un perfetto esperimento naturale in grado di spiegare ciò che accade quando il sistema climatico cambia nel corso di più anni.
Durante la fase fredda, La Niña stabilisce un forte gradiente di temperatura sulla superficie dell'oceano dal Perù all'Australia. Non dovrebbe sorprendere che una zona anomala di temperatura fredda a cavallo dell'equatore, nell'oceano più grande del pianeta, stimoli una reazione nell'atmosfera. Ha anche un impatto profondo sulla distribuzione dell'acqua in tutto il globo. Durante una tipica La Niña, le precipitazioni aumentano nell'Asia meridionale in alcune aree degli Stati Uniti. Quei cambiamenti, a loro volta, interagiscono con altri fenomeni meteorologici a breve termine traducendo una miriade di eventi anomali e localizzati che dappertutto mettono alla prova la resilienza delle comunità.
Nessun commento:
Posta un commento
L'Amministratore del blog rimuoverà a suo insindacabile giudizio ogni commento ritenuto inadeguato od inappropriato.
Per motivi tuttora ignoti anziché un account Google come da impostazione, ne viene richiesto uno Blogger. In altre parole, per ora non potete sottoporre commenti, a meno che non abbiate, appunto, un account Blogger. Spiacente.