Per sopravvivere all’ignoranza ci vuole metodo. Scientifico.

Introduzione

Non ci chiediamo per quale utile scopo gli uccelli cantino: lo trovano piacevole, perché sono stati creati per cantare. Similmente, non dovremmo chiederci perché la mente umana si preoccupi di comprendere i segreti dell'universo; la diversità dei fenomeni naturali è così grande, e i tesori nascosti nel cielo così ricchi, proprio perché non venga mai a mancarle fresco nutrimento. (Keplero, Mysterium Cosmographicum, 1596)

Sorvolando sulla vena creazionista, erano altri tempi, Keplero per spiegare quanto la scienza sia parte della natura umana, la paragona ad un’attività artistica quale il canto, forse inutile in senso pratico ma innata. Ci facciamo domande sul mondo perché è parte della nostra natura, non possiamo farne a meno. Ed è la curiosità che muove ogni scienziato, di insaziabile appetito e che ad ogni risposta ottenuta vede aprirsi altre domande.

Non so come potrò apparire al mondo, ma a me sembra di essere stato soltanto un bambino che, giocando sulla riva, si sia divertito a trovare ogni tanto una pietra più liscia o una conchiglia più bella del solito, intanto, il grande oceano della verità si spalanca ancora completamente inesplorato di fronte a me. (Isaac Newton)

Nonostante i successi raggiunti, le straordinarie scoperte, Newton, da vecchio, si descrisse con quella frase vedendosi ancora come uno che guardava il mondo con curiosità, interrogava la natura, trovava cose meravigliose e le ordinava, le interpretava, cercava di capirle e di spiegarle, ben sapendo che non sarebbe mai riuscito a rispondere a tutte le domande. Nessuno può riuscirci.

E allora perché in molti, troppi, esseri potenzialmente dotati di poteri razionali, si scatena il processo contrario, quello del dubbio, della negazione?

Uno degli aspetti paradossali sono i campi di azione in cui questi si cimentano in grottesche imitazioni di dibattito, laddove dibattito non c’è, se non in affermazioni talmente ridicole da scatenare l’ilarità generale della peggior specie. Per esempio, nonostante una buona parte dell’umanità abbia accettato senza battere ciglio teorie scientifiche molto più complesse e spesso controintuitive quali quelle della Relatività Generale e Speciale, o le conclusioni apparentemente assurde della Meccanica Quantistica, sono bersagli preferiti il campo biologico, soprattutto quello darwiniano, quello medico, climatologico e persino paleoantropologico e paleontologico.

Per motivi del tutto diversi da quel che ci si potrebbe attendere, sono persino disposto a prendere sul serio alcune voci di complottismo sul clima, che hanno ragioni sociologiche non trascurabili, ma tollero molto male tutto il resto. Le voci negazioniste hanno forme molteplici, le forme della bugia, dell’imbroglio, della malafede e del complottismo. Senza ardire a proclamarne la verità assoluta, di contro, la voce scientifica, è una, chiarissima. La voce dei fatti incontrovertibili, delle evidenze sperimentali, dei risultati matematici della modellizzazione, dei confronti tra posizioni, fino al consenso scientifico.

E, contrariamente a quanto ci si possa attendere, spalancate le porte a legioni di imbecilli, come ebbe a dire Umberto Eco, queste voci urlate dell’ignoranza, non diminuiscono e si amplificano grazie proprio alla cassa di risonanza dei social, arroccate sulle loro posizioni sbagliate.

Frequento sui social molte pagine dedicate alla divulgazione scientifica. E su certe tematiche, tra l’altro molto meno ostiche, come scrivevo poc’anzi, della meccanica quantistica o della matematica dei sistemi complessi, è un fiorire continuo e ripetuto di commenti che ripetono a pappagallo, negazioni e critiche sterili, che saltano di palo in frasca senza criterio e che, se messi all’angolo, cambiano sapientemente argomento dimostrandosi campioni di conoscenza delle leggi sulla stupidità. Persone prive di qualsiasi base cognitiva minima che tentano di aprire dibattiti auto-elevandosi al livello di chi ne sa molto di più, più di persone che ovviamente, prima di aprire un social qualsiasi hanno aperto libri, e parecchi. A volte mi chiedo per quale motivo queste persone frequentino pagine di divulgazione scientifica: masochismo forse? Non credo, la maggior parte sono animati solo da un idiota bastiancontrarismo incurabile.

Ma se masochismo c’è, è il mio, che mi ostino a tentare di spiegare, di commentare costruttivamente, di aggiungere elementi all’argomento, di fornire indicazioni a volte di approfondimento altre volte di semplificazione, di indicare libri o siti in appoggio. E finisco quasi sempre a scontrarmi con terrapiattisti de noantri, negazionisti, neoluddisti, complottisti e ancora altri -isti di ogni tipo e provenienza.


L’argomento più gettonato è la negazione stessa della scienza, quella con la S, e le sue teorie. Lasciamo stare il frequentissimo «è solo una teoria…» espresso da persone che si sentono filosofi della scienza autorizzati a dir la loro; persone che non immaginano nemmeno lontanamente -come potrebbero?- che quegli stessi filosofi (della scienza, gli altri non sono, nella pratica per lo meno, nemmeno presi in considerazione[1]) sono tuttora guardati con un certo sospetto dagli addetti ai lavori e qualche volta tacitati con qualcosa di simile allo «zitto e calcola!» o, peggio ancora, con battute del tipo «La filosofia della scienza è utile agli scienziati più o meno quanto l’ornitologia lo è agli uccelli».


Oppure, in risposta ad un breve excursus storico del progresso scientifico, di qualsiasi argomento, i novelli precursori criticano con affermazioni tipo questa: «La scienza dell’Ottocento si sbagliava su questo, a metà Novecento si scopre che si sbagliava su quello, prima o poi verrà fuori che anche quel che si afferma qui è sbagliato…».

Senza tirare in ballo, per ora, il solito Karl Popper, è ovvio che qualunque affermazione (e già sul termine affermazione potremmo fare nottata a discuterne) può essere errata ma non si tratta di questo. Non è così che vanno le cose nel mondo scientifico. Il punto fondamentale è: non ha affatto senso pensare che tutto ciò che sappiamo oggi è da buttare perché domani salterà fuori qualcosa di nuovo. Anche se plausibile che il progresso scientifico e tecnologico non si accompagnino automaticamente a un avanzamento sociale, il progresso scientifico esiste, e ne faccio un solo esempio tra i tantissimi che lo dimostra: l'allungamento della vita media dall'Ottocento ad oggi[2].

La scienza, ripeto un concetto fondamentale, non può dirci con certezza cosa è vero ma ha un metodo sicuro per dirci cosa è falso.

Questione di metodo

Il metodo scientifico, da Galileo in poi, è piuttosto semplice e lineare: si fanno ipotesi sui motivi che sono alla base di una certa osservazione; queste sono seguite da esperimenti per verificarle e, cosa importante, gli esperimenti sono ripetibili praticamente da chiunque; si accettano, momentaneamente, le ipotesi che sono coerenti con i risultati degli esperimenti, perché potrebbero essere vere, e si scartano quelle che non sono in accordo con i risultati sperimentali, perché sono sicuramente false. Procedendo in questo modo il margine di incertezza si assottiglia rendendo via via più valida la teoria scientifica alla base di tutto ciò.

Ovvio che qualsiasi teoria può essere col tempo abbandonata in favore di una teoria che spieghi meglio un maggior numero di fenomeni. Un paio di esempi: la teoria della gravitazione di Newton è risultato essere un caso particolare di quella della Relatività Generale di Einstein; la genetica ha una spiegazione migliore della trasmissione dei caratteri ereditari che non quella che fornì Lamarck. E così via.

Ed è questo il modo per correggere, un passo alla volta, errori e manchevolezze e si procede sempre verso una maggior comprensione del mondo e dei suoi fenomeni.

Ma nessuna nuova scoperta potrà rendere vera una teoria che si è dimostrata falsa.

Nessuna persona sana di mente tornerà a credere che sia il Sole a ruotare intorno alla Terra nonostante le ricerche in astronomia procedano sempre verso un maggior grado di conoscenza.

Ancora un esempio. Per quanto la ricerca in un determinato settore possa portare dati via via più recenti e diversi, è innegabile l’origine africana dell’umanità: lo provano i dati di cui disponiamo, e di diverso tipo: fossili, archeologici e genetici, e diversificare le fonti contribuisce a ridurre al minimo il rischio di sbagliarsi, tanto più grande quanto più ci si affida ad una sola fonte di informazioni.

 

E per tornare ai social, riporto le parole aneddotiche di un noto genetista italiano, Guido Barbujani, che in appendice ad un suo libro, scrive:

«Vorrei spiegare perché non partecipo alle discussioni sui social. Negli anni Ottanta, una catena americana di fast food, la A&W, decise di fare concorrenza all'hamburger più famoso della McDonald's: il quarter-pounder, ovvero quello con un quarto di libbra di carne (un po’ più di un etto; in Italia si chiama DeLuxe). Avrebbero offerto, per lo stesso prezzo, il third-pound, cioè un panino che conteneva 1/3 di libbra di carne. Fu un fiasco. Un'indagine di mercato scoprì che per la maggioranza degli intervistati siccome 3 è meno di 4, 1/3 è meno di 1/4. Ecco perché non partecipo alle discussioni sui social.»

Popper, ancora lui

A questo punto è doveroso richiamare il solito Popper, che abbiamo incontrato diverse volte e che ha contribuito alla filosofia della scienza in molti modi. Uno dei più importanti e conosciuti è la sua visione della scienza, incentrata su una coppia di idee semplici, chiare e straordinarie.

Innanzi tutto distinguere la Scienza, con la S, dalla pseudoscienza (non necessariamente priva di significato ma comunque non scienza[3]) per mezzo del falsificazionismo, il nome che il filosofo diede alla propria soluzione: un’ipotesi è scientifica se e solo se ha il potenziale di essere confutata da qualche possibile osservazione. Per essere scientifica, un'ipotesi deve correre un rischio, deve mettersi in gioco. Se una teoria non si assume alcun rischio perché è compatibile con ogni possibile osservazione, allora non è scientifica. E fin qui tutto bene. Ma Popper usava l'idea della falsificazione anche in modo più ambizioso. Sosteneva che tutte le verifiche nella scienza hanno la forma di tentativi di confutare delle teorie mediante l'osservazione. Cosa cruciale è che non è mai possibile confermare o dimostrare una teoria mostrando che si accorda con le osservazioni. La conferma è un mito per Popper. L'unica cosa che un test osservazionale può fare è mostrare che una teoria è falsa. Alcuni degli scienziati che considerano Popper un eroe non realizzano che egli credeva che non è mai possibile confermare una teoria nemmeno in parte, indipendentemente da quante osservazioni la teoria ci aiuta a prevedere con successo.

Se il risultato di un qualsiasi esperimento conferma la previsione, l’ipotesi fatta a proposito di una certa teoria, l’unica affermazione possibile è dire di non aver ancora falsificato la teoria. Per Popper, non possiamo concludere che la teoria è vera, né che è probabilmente vera e neppure che è più probabile che sia vera di quanto fosse prima del test. La teoria potrebbe essere vera, ma non possiamo dire più di questo: potrebbero passare anni senza riuscire a falsificare una teoria ma per Popper ciò significherebbe che è semplicemente sopravvissuta ai tentativi di falsificazione. Ciò non significa ovviamente che gli scienziati debbano trascorrere quasi tutto il loro tempo a tentare di falsificare una teoria, ma solo che dovremmo sempre mantenere un atteggiamento di cautela.

Un vero e proprio estremista quindi.

Purtroppo, la cattiva interpretazione, strumentale, del pensiero di Popper, apre le porte ai negazionisti di ogni epoca.

Popper distingueva inoltre le società essenzialmente in due categorie: «società aperta», ovvero una società nella quale è possibile l’esercizio della critica, e «società chiusa», dove questo non è possibile. Esercizio della critica che deve consentire alcune idee e ne soppiantino altre con queste ultime, che dovranno scomparire perché razionalmente si è dimostrato la loro inapplicabilità, la loro irrazionalità, la loro inutilità. Far scomparire le idee con l’esercizio della critica e non far scomparire gli uomini che le sostengono, sia chiaro, e sempre per dirla con Popper «Il metodo critico o razionale consiste nel far morire al nostro posto le nostre ipotesi»: una sorta di parafrasi di Winston Churchill che, quando il suo partito perse le elezioni per la prima volta, disse alla moglie che era contento perché si era battuto tutta la vita per consentire ad altri di imporre democraticamente altre idee alle sue.

L’atteggiamento riportato da Popper è la base stessa del metodo scientifico, della scienza moderna, che ancora una volta si dimostra non solo essere il più efficace metodo per accrescere la nostra conoscenza ma anche un contenitore di valori che personalmente vorrei continuamente vedere applicati anche in altre aree della vita civile. Se c’è un settore dove prevalgono sempre onestà e moralità è quello della ricerca scientifica proprio perché, è sempre Popper a dirlo, la scienza non è un insieme di predicati verificabili ma è al massimo un insieme di teorie complesse che possono essere, al più, falsificate globalmente. Ogni scienziato sa che ogni teoria ha come limite di validità il momento in cui il confronto con la realtà dovesse fornire elementi per ritenerla non più valida, ed è la teoria stessa che offre gli strumenti di verifica, di falsificabilità. Più onesto di chi, innocente, offre ai propri accusatori gli strumenti atti a cercare di dimostrarne la colpevolezza, chi altri? Ciò ricorda molto da vicino il grande Charles Darwin che dedicò un intero capitolo de “L’origine delle specie” a tentativi di confutazione e relative risposte, anticipando quanto avrebbero potuto fare i suoi critici ed oppositori.

Il fatto che le teorie scientifiche sono, anzi, devono essere criticabili, espresse con chiarezza ed indicanti in anticipo quali fatti potrebbero «falsificarle» è una lezione per la democrazia, per la politica, perché la politica democratica non è, contrariamente a quanto si pensi, il governo del popolo (alla faccia dell’etimologia), o della maggioranza, ma deve semplicemente essere la possibilità di eliminare idee sbagliate od un cattivo governo senza spargimenti di sangue, senza eliminare le persone che le sostengono.

Purtroppo la maggioranza irrazionale appare per ora troppa ed imbattibile, e come dice l’adagio, è inutile cercare di discutere con un idiota, per farlo dovresti abbassarti al suo livello e saresti battuto per inesperienza…

Conclusione

Esempio di metodo scientifico nella vita quotidiana: sorprendente! - Web  Leaders Srl

L'universo è un libro aperto, che racconta una storia che chiunque può leggere, con la preparazione adatta. Non ci sono insegnamenti segreti, non ci sono autorità intoccabili: tutti possiamo imparare la lingua della natura e decifrarne i messaggi. Ogni tanto può anche succedere di avere ragione per il motivo sbagliato ed è per questo che ci vuole un metodo affidabile, che funzioni indipendentemente dallo scienziato di turno.

La scienza, in definitiva, è questo: un metodo, un insieme di pratiche affidabili per costruire una mappa veritiera della realtà, una guida per selezionare tra tutte le storie possibili sul mondo, quelle che meglio si avvicinano a raccontare come stanno davvero le cose.

Senza nulla togliere al potere e all'importanza della riflessione, pensare non basta. Certo, col pensiero si possono fare cose meravigliose, inventare storie, mondi, cercare regolarità, ordinare i fatti, produrre astrazioni. Col solo pensiero sono state composte sinfonie, scritti racconti memorabili come l'Odissea, decidere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo, o meglio ancora tra ciò che è logico e ciò che non lo è. Col solo pensiero si dimostrano i teoremi. Ma se vogliamo capire come è fatto davvero il mondo, in base a quali meccanismi funziona, usando esclusivamente il pensiero non si arriva molto lontano. Occorre trovare un modo per decidere se quello che si è pensato ha a che fare con la realtà oppure no. Una delle cose più frustranti, ma al tempo stesso più eccitanti, per uno scienziato è rendersi conto che per ogni fenomeno naturale possono coesistere diverse interpretazioni alternative, anche perfettamente logiche e razionali, ma che sicuramente molte di esse, se non tutte, sono sbagliate.

Ed è per questo che a un certo, più o meno quattro secoli fa, la scienza si è separata dalla filosofia mantenendo un'origine comune: il tentativo di capire il mondo.

Questa è la potenza del metodo sperimentale, la sua novità assoluta. Quando esistano spiegazioni diverse è la Natura, che direttamente, attraverso l'esperienza empirica, l'esperimento, decide qual è quella giusta. Un antesignano della figura di scienziato, il filosofo Ruggero bacone, diceva, tre secoli prima di galileo: «Argomentando, possiamo giungere a una conclusione ed essere spinti ad ammetterla: ma questo non ci rende certi, né elimina il dubbio, così che la mente possa acquietarsi nell'intuizione della verità, a meno che essa non trovi tale certezza per mezzo dell'esperienza.»

È un po’ più complicato di quanto appare. Per chiedere alla natura di fare da arbitro, e soprattutto per sperare di avere una risposta sensata, occorrono esperienza e bravura. Va posta la domanda nel modo giusto. Vanno eliminate tutte le complicazioni non necessarie, va minimizzato il rischio che la domanda venga fraintesa. Il fenomeno va isolato da tutti gli altri che potrebbero interferire, ed occorre avere il controllo assoluto di tutti i suoi aspetti che si possano controllare, e contemporaneamente avere un'idea il più possibile accurata degli aspetti non controllabili. Va misurato con precisione quantitativamente tutto il misurabile. Occorre essere analitici e non analogici. Occorre rigore e ricontrollare il tutto milioni di volte. L'ipotesi preferita, la spiegazione logica e razionale che si è elaborata mentalmente e che si voglia mettere alla prova, deve essere formulata in maniera tale che qualsiasi esperimento possa dimostrar la falsa, nel caso essa lo sia. E dopo tutto ciò, ottenuta una risposta da un esperimento, quella risposta va interpretata nel modo corretto. È difficile, la scienza è difficile, ma è rigorosa. Rigore, precisione, metodo, controllo, senso critico, capacità di non ingannare se stessi e gli altri, ricerca spietata dell'errore. Sono solo alcuni dei requisiti richiesti per sperare di strappare qualche risposta alla natura.

È una strada senza scorciatoie ma una volta intrapresa, si arriva molto lontano.

E, per questo, fluctuat nec mergitur, non mollo, e continuerò incaponito, a cercare di contrastare le voci del dissenso ignorante, anche se il risultato fosse ricondurre sulla via della ragione, uno solo delle dozzine di inutili idioti che si incontrano quotidianamente.

Perché occorre fidarsi della scienza e del suo metodo, come già ebbi modo di scrivere.


[1] Lungi da me negare il ruolo fondamentale che la filosofia, nel corso della storia dell’umanità, ha avuto nel progresso culturale. Prima che un certo William Whewell inventasse il termine “scienziato”, nel 1834, persone come Galilei, Linneo, Lamarck, Curier, Newton, persino Darwin all’inizio, erano chiamati “filosofi”, naturali ma pur sempre filosofi.
[2] In entrambe le immagini proposte c’è un trucco, abilmente nascosto, ma c’è. Sono paradossi apparenti e possono essere prese ad esempio dell’ostinazione con cui si cerca di negare l’evidenza. Le spiegazioni dei triangoli qui, e qui quella del puzzle.
[3] Due esempi di pseudoscienza a lui cari: la psicologia di Freud e la visione marxista della società e della storia. Scienza purissima per Popper era d’altro canto il lavoro di Einstein.

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