Dopo moltissimo tempo dal mio ultimo post in tema, torno alla biologia: mia grande passione.
Omne vivum ex vivo sembra abbia detto Pasteur mettendo la parola fine alla controversa storia della teoria della “generazione spontanea”. E anche se l’affermazione pare sia apocrifa resta il concetto chiave: ogni essere vivente proviene da un altro essere vivente. Se volete approfondire tutta la faccenda, qui potete trovare un articolo ben fatto che ripercorre la storia delle idee e delle ricerche, con i vari esperimenti ben descritti ed illustrati. La cosa curiosa è che sembra che parecchio tempo prima di illustri pensatori come Aristotele o Copernico, persino Leonardo, ci sia stato qualcuno che, pur cieco come vorrebbe la tradizione, ci aveva visto giusto!
intanto vile insetto non entri,
ne guasti sì che tutta imputridisca»
(Omero, Iliade, XIX)
Uno schema di ramificazione. Al centro l’origine comune
Circa tre miliardi e mezzo di anni il primo qualcosa definibile come vivente ha fatto la sua comparsa sul nostro pianeta, questo è quel che sappiamo. Da quel momento l'evoluzione ha iniziato a fare il suo lavoro, dando vita ai 2,3 milioni di specie conosciute e catalogate ad oggi dalla scienza (2,3 milioni su un totale di specie viventi e vissute inimmaginabile, come vedremo): animali, piante, funghi e batteri, imparentati e interconnessi tra loro, che oggi sono stati organizzati in un enorme e completo “albero della vita” o, più tecnicamente, un albero filogenetico.
Tempo fa in un mio post si raccontava di come la Vita, (con la V maiuscola, ad indicare il processo globale che ha portato dalla non-Vita ad ogni singola vita che ci circonda) sembra quasi essere ineluttabile e pressoché inevitabile conseguenza della presenza di molecole disseminate ovunque nell’Universo e trasportate a spasso dalla polvere interstellare e dai meteoriti; e anche allora si cercò di definire la Vita.
Una definizione di vita cui spesso si fa riferimento è quella fornita dalla NASA: la vita è un sistema chimico che si autosostiene ed è soggetto a evoluzione darwiniana. Questa definizione non incontra grosse obiezioni ma è in errore: la vita non si autosostiene, per farlo assorbe ed elabora energia dall’esterno e lo fa non come sistema bensì come processo e un processo non può evolvere perché, formalmente, è esso stesso qualcosa che evolve. Un’analisi formale di oltre 100 definizioni di vita ha portato a questa meta-definizione: la vita è autoriproduzione con variazioni che, pur priva di valore assoluto valore assoluto indica cosa la scienza ritenga essere la materia vivente. Vale non solo per quanto è terrestre ma applicabile ad ogni forma di vita che l’immaginazione possa concepire: vita extraterrestre, forme di chimica alternativa, modelli di computer, forme astratte. E la sua unica base comune è questa: è vita tutto ciò che copia se stesso e cambia. Ma una definizione che sia completa non può aversi se non si tiene conto che il processo dell’insieme delle reazioni chimiche coordinate, selezionate nel tempo e integrate con reazioni preesistenti pone la vita nel dominio dei processi caratterizzati da proprietà emergenti, che non erano presenti prima che il sistema raggiungesse un dato livello di complessità. La vita è dunque complessità auto-generata basata su informazione che riproduce se stessa.
Ma torniamo al tema dell’albero della Vita. Il primo che ne intuì l’esistenza e che ne abbozzò uno schema sul suo taccuino fu Charles Darwin, che ve lo dico a fare. E man mano che i dati sono andati accumulandosi con la ricerca questo ha assunto forme sempre più ramificate e complesse fino a poter essere rappresentato sia con che senza radici, come nella figura qui sopra.
Il punto cruciale di questa rappresentazione è che, se accettiamo che omne vivum ex vivo, la rappresentazione della vita come un albero ci porta inevitabilmente a postulare l’esistenza di un antenato comune a tutte le forme di Vita oggi esistenti. E questo organismo primordiale, alla base dell’albero della Vita lo hanno simpaticamente chiamato LUCA (Last Universal Common Ancestor). Il bisticcio è solo apparente. Per come si guarda al tempo passato dovrebbe essere il primo degli antenati, ma la scelta di last non dipende dal fatto che fuca (con la f di first) suona decisamente male, ma perché LUCA non è il primo assoluto, ma è effettivamente l’unico iniziale a cui si può risalire, il primo (…) della sequenza vissuto tra i 3,5 e i 4 e qualcosa miliardi di anni fa, ripercorrendo a ritroso l’albero della Vita. Prima di LUCA potrebbe esser benissimo essere esistita una Vita, anche diversamente variegata, della quale non restano tracce perché spazzate via dall’ultimo bombardamento da parte di grandi meteoriti (davvero enormi, con diametri tra 100 e 1000 km) avvenuto più o meno 4 miliardi di anni fa o, chissà, magari dante origine ad un ramoscello che ha portato a LUCA. Ma il punto è un altro.
L’idea alla base di tutto ciò è chiara. C’è stato in passato ovviamente chi la pensava diversamente, come quelli che affermavano che le specie che vediamo sono sempre esistite e state così come sono (li chiamavano fissisti), o quelli che postulavano che ogni ramo principale avesse un suo particolare antenato comune. Ma entrambe queste ipotesi sono state da tempo ampiamente confutate.
Ovviamente LUCA non ha lasciato fossili e la sua esistenza è stata inferita dallo stato attuale delle forme viventi oggi esistenti sulla Terra; fu certamente una forma di Vita ma sulla quale possiamo soltanto fare delle congetture, sulla base dei fatti disponibili.
Uno schema di ramificazione. Alla base l’origine comune
Semplificando con un colpo di scure è stato calcolato che tra LUCA e il presente, noi compresi, si siano evolute qualcosa come 5 miliardi di diverse specie. 5 miliardi! Per aumentare il capogiro si pensi che oggi sono state catalogate appena poco più di 2 milioni di specie ed è un mistero che probabilmente resterà irrisolto, considerando che se ne perdono continuamente, sapere quante specie esistano. Si stima che solo per il dominio degli Eucarioti (organismi formati da cellule con nucleo, protozoi, funghi, piante, animali…) ci siano circa da 10 a 30 milioni di specie; ovvero, ci è ignoto almeno il 90 percento delle specie di questo Dominio. Gli altri due sono ancora più complicati da analizzare anche solo con simulazioni matematiche; si stima esistano qualcosa come 1000 miliardi di specie di batteri!
E da tutto ciò, come non bastasse, escludiamo i virus, il cui stato di "vivente" è tuttora oggetto di controversie e di cui se ne conoscono circa 5.000 specie stimando ne esistano milioni a formare un gruppo a sé stante che qualcuno ha definito virosfera.
Ma l’aspetto fondamentale che ben conosciamo è che di tutte le specie viventi esistite sulla Terra se ne sono estinte più del 99 percento!
Adesso proviamo a pensare al risultato dell’evoluzione delle specie come ad una sfera formata da più strati, una sorta di cipolla, con LUCA al centro, e strato dopo strato arriviamo all’ultimo, sottilissimo, dove ci siamo noi e tutte le specie oggi viventi a noi contemporanee. E se in questa sfera tracciamo una linea, come quelle rosse della figura seguente, che va da noi a LUCA, il raggio della figura geometrica, quello che rappresentiamo su quel segmento è il tempo trascorso. Ma in quanto raggio della sfera la lunghezza è la stessa (nella figura ovviamente l’effetto prospettico rende le linee disuguali) anche per la quercia o per la zanzara che vi ho rappresentato, o per qualsiasi altro vivente, microbi compresi!
L’unico metro in evoluzione è il tempo, il tempo profondo, profondissimo, che ci porta fino a quei circa 3,5 miliardi di anni fa, e questa constatazione evidente, ha una prima fondamentale conseguenza: tutte le specie oggi presenti sulla Terra, incluso Homo sapiens, sono ugualmente evolute! Ogni popolazione umana è ugualmente evoluta, tanto quanto la zanzara che ci infastidisce nelle notti estive, tanto quanto l’albero che ci offre riparo e frescura, o il batterio che altera il nostro metabolismo o che ci aiuta a digerire. Attenzione ai limiti del linguaggio: evoluto non sta a significare più complesso.
Non voglio complicare ulteriormente la faccenda facendo il riassunto di tutte le evidenze che nel corso dei decenni, dei secoli direi, di ricerca, sono andate accumulandosi a comprovare ed accettare LUCA come radice comune dell’albero della Vita ma qualcosa va detto. Ecco le principali evidenze.
Molecolari. Tutta la Vita usa componenti e meccanismi chimici simili se non identici, con somiglianze sorprendenti tra specie del tutto diverse. Il famoso dogma centrale della biologia vale per tutti i viventi, e la straordinaria unitarietà del macchinario molecolare testimonia un’origine comune. Qualora fosse scoperta, non mi sorprenderebbe affatto sapere che c’è DNA in una specie aliena: «Ha il DNA!» gridò entusiasta il ricercatore che stava analizzando il povero ET nel simpatico film di Spielberg.
Paleontologiche. Per quanto raro il processo di fossilizzazione i fossili forniscono da sempre le prove di un’origine comune, a chi ha saputo vedercele senza ritenerli bizzarre testimonianze del diluvio universale o scherzi della natura. Prove provenienti dalla comparazione e dall’analisi della comparsa o della scomparsa di certe caratteristiche, strato geologico dopo strato geologico, come un libro che racconta la storia della Terra, e in epoche recenti, le datazioni geochimiche o addirittura, soprattutto in paleoantropologia, l’analisi del DNA.
Anatomiche ed embriologiche. Un solo esempio: i cosiddetti organi vestigiali. La presenza di strutture rudimentali e non funzionali, o con funzionalità ridotte rispetto all’originale, e che invece erano sviluppate nelle specie precedenti. Il nostro coccige è quanto resta della coda presente nelle specie che ci hanno preceduto, i denti del giudizio o l’appendice ne sono esempi. L’embriologia offre inoltre prove a volte spettacolari se si confronta lo sviluppo embrionale di specie anche lontanissime tra loro o quello di specie imparentate.
Biogeografia, selezione artificiale, esperimenti, studi di speciazione e modelli matematici. Impossibile elencare o anche solo riassumere tutti gli studi condotti in diverse discipline, spesso l’una a confermare l’altra, che hanno fornito prove a sostegno e rafforzamento dell’idea della discendenza comune.
Genetica e genomica. Ma queste due discipline, di nascita relativamente recente, sono quelle che hanno maggiormente contribuito, oltre ogni ragionevole dubbio giacché la parola certezza non fa parte del linguaggio scientifico, a confermare la radice comune. Le tecniche di sequenziamento del materiale genetico, giunte ormai a poter essere eseguite in un solo giorno e con minima spesa per un intero genoma, hanno contribuito, oltre a permettere enormi progressi in medicina, a dimostrare che specie simili possiedono genomi simili, e che quanto più indietro nel tempo si va tanto maggiori sono le differenze: Homo sapiens condivide con gli scimpanzè il 95 percento del genoma, con i gatti il 90, l’85 con i topi, con i polli il 65, con le api il 45 e con i batteri del lievito di birra il 25! E non solo: la genomica ha scoperto come calcolare il tempo in base al numero delle mutazioni che come il ticchettare di un orologio (anche se oggi gli orologi non ticchettano più…) si susseguono durante le replicazioni. E i risultati cronologici che distanziano le ascendenze che derivano dalle informazioni molecolari coincidono con quelle stratigrafiche o paleontologiche.
E infine, quale maggior prova di discendenza comune, che quella che viene dalla composizione e dall’utilizzo che viene fatto, in qualsiasi specie vivente, delle quattro basi azotate della struttura degli acidi nucleici? E il fatto che tutti gli organismi sono tutti fatti di cellule? Non è forse questa una delle prove più importanti della profonda connessione evolutiva che unisce tutti gli organismi sulla Terra?
Lo stesso dappertutto e in ogni tempo.
E’ dunque LUCA il primo vivum? No. Se omne vivum ex vivo allora prima di LUCA deve esserci stata Vita. Ma LUCA è un ottimo inizio, in tutti i sensi, anche sperimentali. Ma questa è un’altra storia, perché andando a ritroso nel tempo la discontinuità tra vivo e non vivo si perde in miriadi di passaggi che sembrano proprio voler dire che il processo fu continuo e...inevitabile!
Tutti ugualmente evoluti è la storia che ci interessa. Una lezione di umiltà che deve darci la consapevolezza dell’unicità e della preziosità della Vita e che deve ancora una volta farci riflettere sulla nostra responsabilità.
Jacques Monod, nel 1970, nel suo famosissimo saggio “Il caso e la necessità”, scrive la sintesi perfetta di quanto meravigliosa possa essere la consapevolezza di questa responsabilità.
«La probabilità a priori che, fra tutti gli avvenimenti possibili dell’universo, se ne verifichi uno in particolare è quasi nulla. Eppure l’universo esiste; bisogna dunque che si producano in esso certi eventi la cui probabilità (prima dell’evento) era minima. Al momento attuale non abbiamo alcun diritto di affermare, né di negare, che la vita sia apparsa una sola volta sulla Terra e che, di conseguenza, prima che essa comparisse le sue possibilità di esistenza erano pressoché nulle.
Quest’idea non solo non piace ai biologi in quanto uomini di scienza, ma urta anche contro la nostra tendenza a credere che ogni cosa reale nell’universo sia sempre stata necessaria, e da sempre. Dobbiamo tenerci sempre in guardia da questo senso così forte del destino. La scienza moderna ignora ogni immanenza. Il destino viene scritto nel momento in cui si compie e non prima. Il nostro non lo era prima della comparsa della specie umana, la sola specie dell’universo capace di realizzare un sistema logico di combinazione simbolica. Altro avvenimento unico che dovrebbe, proprio per questo, trattenerci da ogni forma di antropocentrismo. Se esso è stato veramente unico, come forse lo è stata la comparsa della vita stessa, ciò dipende dal fatto che prima di manifestarsi, le sue possibilità erano quasi nulle. L’universo non stava per partorire la vita, né la biosfera l’uomo. Il nostro numero è uscito alla roulette: perché dunque non dovremmo avvertire l’eccezionalità della nostra condizione, proprio allo stesso modo di colui che ha appena vinto un miliardo?»
E ancora:
«L'antica alleanza è infranta; l'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre.»
Immagine realizzata dall’autore del post
Nota
A scanso equivoci, voglio richiamare qui lo stesso mio post citato in apertura. Quando si parla di evoluzione come discendenza con modificazioni (altra cosa evidenziata per primo da Darwin) significa che non ci siamo evoluti da nessuno degli animali che sono vivi oggi! Le scimmie non si stanno evolvendo per diventare umane!
Il vero significato è che qualsiasi essere vivente oggi condivide con altri esseri viventi, sempre oggi, un antenato comune vissuto nel loro passato, spesso milioni di anni prima (per esempio, tra 6,5 e 9,3 milioni di anni fa per quel che riguarda noi e le scimmie). Questo in breve, per approfondire il già citato post.
Insomma, non mi stancherò mai di mettere in evidenza che il meme illustrato qui, dallo scimmione brutto e gobbo, al bel maschione bianco e alto, è sbagliato per un sacco di motivi: l’evoluzione non procede linearmente e non c’è progresso né in senso cinematico né culturale, tanto per cominciare. Purtroppo ancora oggi sono numerosissimi coloro che ancora lo adottano, persino in certi testi di biologia per le scuole!
Vi lascio con un meraviglioso filmato, che in me suscita le stesse emozioni che mi provocava, da ragazzo, la lettura di libri di avventure o la visione di certi film di fantascienza. Tutto quel che qui è stato rappresentato avviene continuamente, con gli stessi meccanismi, in qualsiasi cellula di qualsiasi organismo vivente, e così come avviene oggi è avvenuto -semplificando- nei viventi a partire da quei 3,5 miliardi di anni fa.
Riferimenti bibliografici.
La vita inevitabile. Pier Paolo Di Fiore. Codice. 2022
I motori della vita. Paul Falkowski. Bollati Boringhieri. 2015
Nessun commento:
Posta un commento
L'Amministratore del blog rimuoverà a suo insindacabile giudizio ogni commento ritenuto inadeguato od inappropriato.
Per motivi tuttora ignoti anziché un account Google come da impostazione, ne viene richiesto uno Blogger. In altre parole, per ora non potete sottoporre commenti, a meno che non abbiate, appunto, un account Blogger. Spiacente.