Dissertazioni intorno all’origine della vita

L’adattamento dissipativo e altre cosucce…

Immagine di Shaila Fish per Quanta Magazine

L’adattamento dissipativo

Un fisico teorico americano, Jeremy England, sulla base di analisi statistiche estremamente complesse, ha elaborato una serie di equazioni (una formula, insomma) che descrivono cosa accade ad un gruppo di atomi quando è soggetto ad una fonte di energia esterna e immerso in un ambiente caldo.

Se riportiamo tutto ciò all’ambiente caldo che potevano offrire gli oceani primordiali o la stessa atmosfera terrestre più o meno 4 miliardi di anni fa, e consideriamo il Sole la fonte di energia illimitata necessaria (illimitata almeno dal punto di vista della vita), la formula di England potrebbe descrivere cosa è accaduto durante la cosiddetta abiogenesi, ovvero durante i processi che hanno dato origine alla Vita (con la maiuscola, come spiegato nel mio post precedente).

Ma cosa predice questa formula? Che nelle suddette condizioni gli atomi e le molecole semplici tendono inevitabilmente a strutturarsi in modalità complessa crescente, a formare quindi, autonomamente, molecole via via più complesse aventi inoltre la straordinaria capacità di catturare energia e dissiparla in entropia. In sintesi: lasciate un gruppo di atomi al Sole e in breve tempo potreste avere amminoacidi, lipidi, nucleotidi ed altre molecole fondamentali: i mattoni della Vita.

clip_image004Il processo è ovviamente abbastanza più complesso e tempo fa, in un mio post, avevo trattato brevemente questa sorta di spontaneità nella formazione di composti via via più complessi. In altre parole, sulla Terra, ai primordi, c’era quanto necessario, sia nativo che sicuramente portato dallo spazio esterno a bordo degli asteroidi che impattavano col pianeta.

England ha definito tutto ciò adattamento dissipativo o adattamento guidato dalla dissipazione, ovvero dal processo di dispersione dell’energia nell’ambiente circostante (processo noto anche come dissipamento, o distribuzione). Uno dei tanti aspetti dell’inesorabile ed inevitabile “Secondo principio della termodinamica”.

Questa teoria considera quindi l’origine della vita come un risultato inevitabile della termodinamica.

L’esistenza della vita, quindi, non sarebbe un mistero o un colpo di fortuna, ma deriverebbe piuttosto da principi fisici generali
.

Inevitabile?

clip_image006Una volta che il processo è iniziato, spinto da una sorgente di energia, la materia grezza tende inesorabilmente a organizzarsi e ad acquistare le caratteristiche fisiche associate con la Vita. Quello che spinge gli atomi in questa corsa è una tendenza intrinseca della materia, in talune circostanze, (ampia disponibilità di energia e ambiente caldo), a organizzarsi per consumare sempre più energia per dissiparla in entropia. Per far questo, gli atomi devono dar luogo a strutture sempre più complesse, quelle che sono alla base della Vita. La conseguenza è che il processo diventa sempre più efficiente e più veloce, come se si sostenesse e si autoalimentasse. In altre parole, al verificarsi di certe condizioni, si manifesta una caratteristica intrinseca della materia, cioè quella di evolvere in forme molecolari di Vita. Ovviamente non stiamo ancora parlando di organismi ma delle molecole alla base della Vita, cioè del processo di abiogenesi. Il processo formazione di molecole utili, innanzi tutto autoreplicanti, non sarebbe quindi puramente casuale, bensì guidato da una forza che accelera di continuo.

Una delle implicazioni di questa teoria è che verrebbe risolto anche un altro problema, quello del tempo a disposizione affinché tutto questo possa essersi verificato, in un lasso di tempo complessivamente piuttosto breve, rispetto all’età della Terra.

Se gli anni vi sembrano pochi…

clip_image008Abbiamo visto nel post precedente, che in poche (in termini geologici) centinaia di milioni di anni, in un periodo compreso tra i 4, o poco più, e i 3,5 miliardi di anni fa, si è passati dalla non-Vita alla Vita. E’ un tempo sufficientemente lungo a consentire tutto ciò? Qualcuno dice di no. Quello del tempo insufficiente è sempre stato uno dei crucci maggiori anche agli albori dell’evoluzionismo: lo stesso Darwin sapeva che, per spiegare l’estrema variabilità della Vita, la Terra avrebbe dovuto essere estremamente più vecchia di quel che si reputava allora.

Non molto tempo fa, una delle figure più autorevoli della moderna biologia, Lynn Margulis, si è cimentata in una serie di calcoli. Scriveva:

«Se c'è stata qualche forma di processo pre-cellulare, esso deve essere originato dall'assemblaggio casuale di aminoacidi o nucleotidi. Tra tutti questi eventi casuali, uno in maniera fortunosa deve aver portato alla formazione di un gene o di una proteina con qualche forma di vantaggio rispetto alle altre forme casuali. Quanto tempo ci sarebbe voluto? Facendo un po’ di utili assunzioni, una proteina (o gene) simile si sarebbe formata una volta ogni 10500 volte che si formava una proteina casuale. Cioè ci sarebbero voluti 10500 tentativi per formare una proteina/gene “utile”.»


A conti fatti, che qui omettiamo, il tempo necessario affinché ciò sarebbe potuto accadere è di circa 10450 anni.

Un numero inimmaginabile. L’Universo ha 1,4x1010 anni, stando alla teoria cosmologica oggi più accreditata ovvero, un ordine di grandezza di 10440 volte maggiore dell’età stessa dell’Universo per avere un qualsiasi primo gene (o proteina) utile.

“1” seguito da 440 zeri: pressoché impossibile.

Anche ipotizzando che abbiano ragione coloro i quali sostengono che la Vita sulla Terra abbia origine extraterrestre (panspermia, che è una teoria tutt’altro che frutto di una qualche pseudo-scienza) il problema del tempo non viene risolto, ma solo spostato dalla Terra allo spazio, dove ci sarebbe voluto esattamente lo stesso tempo. E anche se nello spazio avrebbero potuto esserci condizioni chimiche e fisiche tali da accorciare il tempo necessario, sempre in base al calcolo originario, una riduzione di un fattore 10440 appare decisamente difficile da immaginare, lo stesso dicasi ipotizzando che il calcolo sia corretto ma che non lo siano le assunzioni fatte e i parametri usati per effettuarlo: uno scenario plausibile che possa accorciare il tempo di 10440 è altrettanto inimmaginabile.

Lasciamo da parte le speculazioni, anche se scientificamente supportate in teoria, di multiversi, cicli infiniti di nascita, morte, rinascita di infiniti universi. Adottare l’infinito (qui un vecchio mio post) metterebbe a disposizione altrettante possibilità e quel fattore impossibile diverrebbe forse possibile, ma paradossale. Una singolarità che i fisici non amano.

Eppur ci siamo!

clip_image010«Il nostro numero è uscito alla roulette: perché dunque non dovremmo avvertire l’eccezionalità della nostra condizione, proprio allo stesso modo di colui che ha appena vinto un miliardo?» (Jacques Monod).

Poi c’è tutta la faccenda del cosiddetto principio antropico. Siamo qui e stiamo qui a parlarne, evidentemente l’evento così inimmaginabile è accaduto. Nulla esclude che la remotissima probabilità pari a una volta su 10500 possa essersi verificata nei primi tentativi, addirittura al primo! I più rigidi obietteranno che sarebbe un evento quasi impossibile ma la risposta è inconfutabile: se stiamo qui a parlarne è proprio perché l’impossibile è accaduto, altrimenti non saremmo qui. Attenzione però. Il disagio che si prova con una spiegazione del genere è normale: in realtà la cosa non spiega nulla, ribadisce soltanto, in forma diversa, quel che vorrebbe spiegare: la chiamano tautologia. A questo punto tanto varrebbe chiamare in causa una qualche forma di intervento divino.

Francis Crick, molto più razionalmente, scrisse nel suo libro “L’origine della vita”:

«Un uomo onesto, munito di tutte le conoscenze attuali, può solo affermare che […] l’origine della vita appare quasi un miracolo […]. Ma questa considerazione non è una ragione valida per credere che la vita non ha avuto origine sulla Terra, utilizzando una sequenza coerente di comuni reazioni chimiche.
Il tempo a disposizione è stato troppo lungo, i vari microambienti presenti sulla superficie della Terra troppo diversi, le possibilità chimiche troppo numerose, la nostra conoscenza e la nostra immaginazione troppo labili per permettere di decifrare esattamente come l’origine della vita ha potuto, o non ha potuto, aver luogo tanto tempo fa, in particolare perché non abbiamo dati sperimentali di quel periodo per verificare le nostre idee.»

Chiudiamo il cerchio

A quanto pare la teoria di England fornisce la spiegazione cercata, qualcosa di plausibile che spieghi che le cose non sono state guidate unicamente dal caso. Un qualcosa che ci permetta di pensare che il calcolo della Margulis non si applica all’abiogenesi perché questa non è determinata in maniera puramente casuale. Senza introdurre entità più o meno metafisiche, perché nella scienza ciò non è ammissibile e dobbiamo invece trovare leggi, regole e logiche compatibili con le leggi dell’Universo per fornire delle ipotesi.

Ogni tanto spunta fuori qualcuno che afferma che gli esseri viventi violano il “Secondo principio della termodinamica”: semplificando, e con riferimento alla riproduzione sessuata, dalla fusione di un paio di cellule, maschile e femminile, organizzazione e complessità vanno via via aumentando per tutto il corso della vita: ma un organismo vivente non è un sistema chiuso, c’è all’origine del suo apparente violare le leggi dell’entropia, la fruizione continua di energia. Un sistema semplice formato da una pianta, dal Sole e dall’Universo tutto ne è la prova: è grazie al fluire continuo dell’energia radiante dal Sole che la pianta sintetizza quanto occorre per crescere e sostenersi, e se al posto della pianta inseriamo la Vita tutta avremo che gli animali erbivori mangiando le piante avranno tutto ciò che serve loro per costruirsi; i carnivori mangeranno gli erbivori e ne estrarranno energia e materia loro necessaria per costruirsi. Se il sistema Vita mantiene sempre alta la propria energia e quindi bassa la propria entropia è perché la fonte primaria di energia è il Sole, una fonte pressoché inesauribile dal punto di vista della Vita.

Quella tra Vita e termodinamica è quindi una contraddizione apparente.

Inoltre tutte le specie viventi dissipano calore, cioè energia, e altre forme di materiali disordinati, in un processo la cui efficienza non può ovviamente essere del 100 percento, fino al termine del proprio ciclo vitale, laddove con la morte ogni organismo si decompone e restituisce al disordine tutto l’ordine costruito in precedenza.

La Vita è un’isola privilegiata dove è concesso, temporaneamente, un accumulo di energia. Ma alla fine vince l’entropia.

Possiamo dunque definire le caratteristiche fondamentali che definiscono la Vita.

1. Capacità di catturare e immagazzinare energia dall’ambiente.
2. Capacità di disperderla, ovvero dissiparla, nell’ambiente sotto forma di calore.

Se England ha messo nero su bianco che, con le debite condizioni, atomi e molecole riescono a formare molecole che sono sempre più vive è palese che se c’è qualcosa che sa fare le due cose suddette molto meglio di un comune ammasso di atomi sono proprio le forme di Vita, indipendentemente dalla loro complessità.

Ma c’è ancora tantissimo da fare. La teoria di England, ancorché teoricamente esatta, al momento è solo una serie di equazioni, di dimostrazioni matematiche effettuate in sistemi matematici modello. Grandi attenzioni e altrettante critiche corredano le necessarie evidenze sperimentali anche se qualcosa inizia a muoversi. Inoltre l’adattamento dissipativo descrive cosa accade ma non lo spiega: non è noto da cosa dipenda questa tendenza intrinseca della materia ad auto-organizzarsi.

Dopo tutto, occuparsi spesso del come piuttosto che del perché delle cose è compito preciso della scienza e del suo metodo. Non è un limite. Ci sono oggetti fisici conosciutissimi su cui, a tutt’oggi, le idee sono tutt’altro che chiare. Mettereste in discussione la gravità? L’energia? Il tempo? Eppure anche essendo in grado di misurarle, sapere cosa fanno, conoscerne le proprietà, dire esattamente cosa siano, nessuno ancora lo sa.

L’uovo e la gallina

clip_image012In questo paragrafo farò uso di nomi e sigle che meriterebbero ognuna pagine di approfondimento: ma quel che ci interessa è il quadro complessivo, lasciando quindi a voi la voglia e la volontà di approfondire o di ripassare il manuale di biologia delle superiori. Qualcuno ha detto che «la gallina è solo un mezzo con cui un uovo fa un altro uovo» e qui stiamo parlando di livelli di complessità inimmaginabili rispetto a quelli che vengono comunemente definiti come “mattoni” della Vita: essenzialmente nucleotidi, geni/proteine, metalli catalizzanti, lipidi, in un ammasso informe di molecole in continua trasformazione e polimerizzazione e laddove, alcuni, divennero auto-replicanti e auto-sostenenti.

Ma anche per la Vita più semplice che conosciamo, come un batterio con qualche centinaio di geni appena (e ne esistono), occorrono sistemi autoreplicativi che contengono l’informazione (acidi nucleici, DNA e RNA), un metabolismo capace di produrre molecole ed energia (tutto basato su enzimi, ovvero su proteine) e, infine, membrane, formate da lipidi, per separare la cellula dal resto del mondo, proteggendone il contenuto ma al tempo stesso in grado di selezionare cose che possono entrare da cose che devono uscire.

E serve tutto insieme. In una ipersemplificazione, si veda anche il diagramma precedente, il DNA, per mezzo dell’RNA, assembla le proteine a garantire le funzioni cellulari, ma il tutto è sottoposto al metabolismo energetico e alle funzioni di replicazione, traduzione e trascrizione effettuate da proteine specifiche, enzimi compresi. Insomma se fosse nato prima l’uovo, l’RNA (la famosa teoria del RNA World, ne scrissi qui), un candidato ideale dato la sua versatilità e flessibilità, come avrebbe questi potuto generare codice utile ad assemblare proteine…senza le proteine necessarie? E se fossero nati prima gli amminoacidi a formare proteine, cosa avrebbe potuto codificarle correttamente senza gli acidi nucleici?

In laboratorio, o come amano dire i biologi in vitro, si è riusciti a simulare e creare le condizioni prebiotiche necessarie a produrre tutti i componenti, ma un gruppo alla volta. Ovvero, in tutte le sintesi prebiotiche, ottenute in laboratorio, le condizioni sono talmente diverse tra loro da essere reciprocamente incompatibili. Se si fanno amminoacidi non c’è verso in quelle condizioni che si facciano nucleotidi o lipidi, e così via.

Le condizioni per fare tutto insieme per moltissimo tempo non sono mai state ottenute e questo ha spinto a pensare che, nel mondo reale, uno dei sistemi dovesse essersi sviluppato per primo, a seguire gli altri, in una sorta di gerarchia necessaria.

- L’evoluzione necessita di autoreplicatori che contengano l’informazione per la Vita, quindi la replicazione deve essere emersa per prima (replication first).
- La cosa non si può fare senza metabolismo ed energia, quindi il metabolismo deve essere venuto per primo (metabolism first).
- E come fai una cellula senza separarla dal resto? I lipidi devono essere venuti per primi (lipid first).

E come avrebbe fatto un sistema ad inventare gli altri? Se le condizioni nelle quali si sviluppa il primo evento, uno qualsiasi tra quelli elencati, sono incompatibili con lo sviluppo del secondo, come si fa ad arrivare ad avere tutte le componenti necessarie?

Tutti primi, nessun primo. Non ha senso porsi la domanda paradossale, se sia nato prima l’uovo o la gallina, perché alla fine, o meglio all’inizio, uovo e gallina sono la stessa cosa.

Out of the blue

Fortunatamente è arrivato un altro pilastro della moderna biologia: John Sutherland. Abbandonando l’assunto che occorrono condizioni diverse per generare i diversi componenti, e non accontentandosi di accettare l’idea che le sintesi prebiotiche dei vari mattoni siano incompatibili tra loro è riuscito a creare le condizioni per farli tutti insieme, o almeno per farne un buon numero. Partendo da due soli elementi, probabilmente disponibili sulla terra prebiotica (essenzialmente acido cianidrico e acido solfidrico, HCN e H2S), associati a quanto già presente, e utilizzando raggi UV come unica sorgente di energia, lo scienziato ha dimostrato l'esistenza di una serie complessa di reazioni che possono portare alla sintesi di aminoacidi (12 dei 20 esistenti in natura), nucleotidi (2 su 4) e una molecola precursore dei lipidi. Tutti allo stesso tempo e dallo stesso ambiente! Ha inoltre dimostrato che il processo può essere accelerato in presenza di rame, stante il ben conosciuto ruolo di catalizzatore che possono avere i metalli, ruolo sicuramente presente quando le proteine enzimatiche non erano ancora sviluppate: enzimi che oggi spesso contengono al loro interno atomi di vari metalli.

I lavori di Sutherland descrivono uno scenario nuovo, impensato fino a poco tempo fa. Un pianeta reduce da una catastrofe cosmica, l’ultimo grande bombardamento meteoritico subito, ribollente di pozze acide, con un’atmosfera rarefatta e tossica e bersagliato da letali radiazioni UV: ma tutto è pronto per dar luogo alla sintesi simultanea di tutte le molecole della Vita. E, come la chimica dimostra, il fatto che tutto sia pronto significa semplicemente che avviene.

L’acido cianidrico, una delle componenti fondamentali, in tedesco è noto come “acido blu”. Ecco perché Sutherland ha denominato il suo modello Out of the blue, giocando con la traduzione letterale “che viene fuori dal blu” e col reale significato “che accade inaspettatamente”.

Riassunto delle puntate precedenti, giusto qualche centinaio di milioni di anni

clip_image014Il 1° febbraio 1871, Charles Darwin scrisse al suo amico e corrispondente Joseph Hooker, discutendo la sua ipotesi sull’origine della vita:

«Ma se (e che grande se) potessimo concepire in un piccolo stagno caldo con tutti i tipi di sali di ammonio e fosforo, – luce, calore, elettricità, ecc. – presenti, che un composto proteico fosse chimicamente formato, pronto per subire trasformazioni ancora più complesse, oggi tale materia verrebbe istantaneamente divorata, o assorbita, cosa che non sarebbe avvenuta prima che si formassero gli esseri viventi.” (Charles Darwin)

L’intuizione fenomenale del grande scienziato ricorda quel che molti avranno certamente sentito nominare: il cosiddetto brodo primordiale, che dovette essere però qualcosa di ben più complesso del miscuglio usato da Miller e Urey nel loro famoso esperimento, nel quale galleggiavano poche molecole elementari in attesa di qualche scarica elettrica. Era più probabilmente un minestrone nel quale avvenivano reazioni chimiche, catalizzate da metalli e sostenute da energia disponibile in abbondanza.

clip_image016Nel corso di queste reazioni prendevano forma i mattoni della Vita, e forse si formavano contemporaneamente senza che un sistema dovesse necessariamente precederne un altro. L’assemblaggio di alcuni di queste mattoni (i nucleotidi) potrebbe aver portato alla formazione delle prime molecole in grado di replicarsi. Ma oltre a queste emergevano circuiti proto-metabolici, anch’essi capaci di autosostenersi e forse anche di autoreplicarsi. E piccole proteine (i peptidi) che potrebbero aver contribuito all’autoreplicazione delle prime forme di RNA che a loro volta fornivano supporto a queste. Il tutto in una sorta di co-evoluzione.

Man mano che le reazioni procedevano diventavano sempre più complesse, al punto di dare il via alla produzione su scala planetaria. La svolta avvenne quando alcuni RNA acquisirono la possibilità di controllare e direzionare la sintesi delle proteine. L’equilibrio di mutua assistenza si ruppe e si stabilirono le prime gerarchie di sintesi, in cui l’RNA prese il controllo delle proteine così come stabilito dal famoso dogma centrale della biologia molecolare. A questo punto le condizioni per avere il mondo a RNA erano disponibili: a partire da questo, la Vita.

clip_image018Un’interessante alternativa, o forse un percorso in parallelo, ad uno sviluppo sulla superfice della Terra esposta agli agenti atmosferici, è data dalle ricerche condotte intorno agli ambienti dei cosiddetti camini idrotermali, sia quelli delle profondità oceaniche che quelli più superficiali. Questi potrebbero aver fornito le condizioni necessarie affinché i mattoni fondamentali potessero essere prodotti e successivamente organizzati in livelli di complessità crescenti, fino ai primi organismi unicellulari appena abbozzati: niente più che una membrana lipidica che racchiude un genoma primitivo, costituito da DNA, qualche proteina e l’immancabile RNA. Probabilmente una rete di organismi che si scambiavano pezzi di codice genetico per mezzo del “Trasferimento genico orizzontale” (vedi qui), a formare un insieme di LUCA, Last Universal Common Ancestor, di cui abbiamo scritto nel mio post precedente: un ammasso confuso di organismi indistinguibili che si sono poi evoluti seguendo modelli interdipendenti.

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E’ successo davvero?

Per ora sono ipotesi avvincenti e anche se suffragate da alcune evidenze sperimentali non sappiamo ancora se tutto ciò sia avvenuto davvero. Molte delle scoperte sembrano portare in questa direzione e, ribadiamolo, non ci sono mai stati un uovo e una gallina. L’uovo e la gallina sono la stessa cosa. Se c’è stata una sorta di discontinuità nel passaggio tra Vita e non-Vita è questa una comodità arbitraria. In realtà sembra proprio che ancora una volta natura non facit saltus, e in una progressione graduale con passaggi appena distinguibili l’uno dall’altro, la materia sia andata continuamente trasformandosi.

clip_image022La ricerca del primo vivente, antecedente a LUCA, continua, inarrestabile, soprattutto grazie al lavoro del team di Jack Szostak che spera di ottenere in laboratorio un giorno la prima cellula autoreplicante con genoma costituito da RNA: sarebbe la specie più primitiva di ogni altro essere vivente sulla Terra, una scoperta monumentale. Per molti il problema dell’origine della Vita sarà in gran parte risolto.

Ma, citando Enrico Fermi, «è questo il modo in cui potrebbe essere avvenuto, o è davvero successo così?».

Carl Sagan ricordava quanto accadde durante un dibattito pubblico nel 1960. Qualcuno chiese agli scienziati quando avrebbero risolto il problema dell’origine della Vita, riproducendo il processo in provetta. Uno degli oratori rispose che ci sarebbero voluti almeno altri 1000 anni. Il secondo 300. Il numero continuò a scendere finché uno degli scienziati affermò che era già stato fatto.

A seconda del punto di vista la risposta a come potrebbe essersi formata la Vita è sempre stata dietro l’angolo oppure talmente complessa non poter mai essere davvero trovata.

Ma la scienza non smetterà mai di cercare una risposta e anche se tuttora ignota, ancora una volta la scienza ci ha raccontato qualcosa sulla sua stessa natura e anche su quella di noi stessi.

«La Natura, spiegata in tutta la sua estensione, ci presenta un quadro immenso, in cui tutti gli ordini degli esseri sono rappresentati da una catena, che regge un seguito continuo d’oggetti vicini, e simili sufficientemente, perché le loro differenze sieno difficili da comprendere.» (Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, 1770).

Riferimenti bibliografici.

Breve storia della creazione. Bill Mesler e James Cleaves II. Bollati Boringhieri. 2016.
La vita inevitabile. Pier Paolo Di Fiore. Codice. 2022
I motori della vita. Paul Falkowski. Bollati Boringhieri. 2015

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