Se gli esseri umani si sono evoluti dalle scimmie, perché le scimmie esistono ancora?

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Ancora questa domanda?

Pochi anni fa, nel 2017, un popolare attore comico statunitense ha twittato una domanda, molto poco originale, che ha rivelato quanto poco capisca dell'evoluzione, ciò nonostante sembra essere in ottima compagnia perché il suo tweet ha ottenuto quasi 50.000 "mi piace" e 13.000 retweet. Ovviamente molte persone che hanno reagito al post avrebbero voluto anche conoscere la risposta alla domanda: "Se ci siamo evoluti dalle scimmie, perché ci sono ancora le scimmie?". 

Tralasciando il notevole peso che il paese d’origine, gli Stati Uniti, possa avere sui motivi che generano domande come questa, o più in generale diffidenza, scetticismo e preconcetti sulla Teoria dell’Evoluzione (ne ho parlato ampiamente qui) la risposta breve è che "non ci siamo evoluti da nessuno degli animali che sono vivi oggi"; e ciò vale per qualsiasi animale o vegetale o batterio e persino per i virus. Vale a dire, tornando a noi, che gli esseri umani non si sono evoluti dai gorilla che vediamo oggi, o dagli scimpanzé di cui osserviamo stupiti le straordinarie pose e le espressioni umane. In altre parole è profondamente sbagliato pensare che le scimmie, antropomorfe o no, stiano per diventare umane perché si stanno evolvendo.

Charles Darwin, il magnifico, descrisse l'evoluzione come “discendenza con modificazioni” ovvero che, qualsiasi animale (o vegetale, batterio, virus…), e tra loro gli esseri umani, discendono da antenati comuni (e ora estinti) vissuti milioni di anni fa, in un processo noto anche come "discendenza comune". In altre parole milioni di anni fa esisteva una specie di primati che ha dato origine a linee di discendenza distinte che hanno portato da un lato agli esseri umani e dall’altro alle scimmie: in particolare la separazione per quel che ci riguarda è avvenuta tra 6,5 e 9,3 milioni di anni fa. Poi tutto è cambiato e ognuna delle specie si è adattata ai propri ambienti, a determinate circostanze, o a nicchie ecologiche specifiche.

Il denominatore comune è che tutti gli umani sono scimmie e, come tali, tutti gli umani sono imparentati con altre scimmie. E’ l’umiliazione che deriva da questo concetto che scatena domande come quella: condividiamo antenati non solo con le scimmie ma praticamente con tutto ciò che vive sulla Terra oggi; a partire dai primi procarioti, siamo tutti discendenti di una singola specie che ha vissuto in un passato così profondo da renderlo pressoché inconcepibile. Significa anche, ripeto, che gli esseri umani sono imparentati con balene, squali, alberi, lombrichi e batteri. E non solo.

Inoltre, in quel meraviglioso processo di bricolage (ne ho parlato qui e ancora qui) che fa parte dell’evoluzione, gran parte del materiale genetico che ci rende ciò che siamo è lo stesso materiale che rende gli altri animali ciò che sono: viene semplicemente distribuito in modo diverso.

L’evoluzione è stata, è, sarà 

Un'altra profonda ignoranza, per lo più preconcetta, un malinteso comune, è quello che afferma che gli esseri umani non si stiano più evolvendo. In realtà qualsiasi organismo vivente continua ad evolversi, e noi umani non ne siamo esclusi. Né è lecito filtrare l’evoluzione attraverso una lente incentrata sull'uomo, non siamo l’espressione massima dell’evoluzione, né siamo o mai saremo la perfezione, il grado massimo: l'obiettivo dell'evoluzione non è diventare umani, e nemmeno una creatura che ora sembra più "primitiva" è sulla strada per diventare un giorno umana. Il concetto stesso di primitivo è applicato erroneamente perché richiama una comparazione con gli esseri umani che non ha senso dal punto di vista evolutivo. Non siamo dunque l'apice dell'evoluzione ed è sbagliato credere che tutto si stia evolvendo verso l'umanità. Non c’è scopo, disegno, tendenza, progresso inteso in senso umano, nell’evoluzione. E’ il condizionamento sociale che ci ha portato a pensare all’evoluzione come una sorta di miglioramento.

Per approfondire l’evoluzione umana consiglio una serie di brevi lezioni tenute da Telmo Pievani dell’Università di Padova. Qui la prima puntata.

Alberi ramificati

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Alcuni ricercatori ritengono che sia necessario modificare il modo in cui visualizziamo l'evoluzione e i termini che usiamo per spiegarla. Un altro malinteso è che l'evoluzione sia un processo strettamente lineare, cioè si verifica in linea retta dal primitivo all'avanzato e ancora qui, la contrapposizione tra primitivo e avanzato, moderno, richiama concetti antropocentrici. E’ invece più accurato pensare all'evoluzione come a un processo di "ramificazione", quello che non ha caso in ambiente scientifico è definito come cladogenesi, la comparsa di un nuovo gruppo di organismi attraverso un processo di divergenza evolutiva da un antenato condiviso. In altre parole, gli eventi cladogenetici si verificano quando una specie si divide in due. Sono questi i momenti chiave dell'evoluzione.

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Ecco perché l’immagine più famosa del mondo che illustra l’evoluzione umana è completamente sbagliata.

Va comunque sottolineato che pensare l’evoluzione in termini lineari non è del tutto insensato: non c’è conflitto tra gli aspetti lineari e quelli ramificati dell’evoluzione perché ogni discendenza comune procede con linearità legittima che parte dalla divergenza, con relazioni ramificate, della differenziazione dei lignaggi.

Top-Down vs Bottom-Up

In un articolo del 2021 pubblicato su Science un gruppo di biologi presentarono due diversi approcci allo studio ed alla comprensione dell’evoluzione, in particolare quella umana: nel primo, con metodo Top-Down, dall’alto verso il basso, si parte molto opportunamente dall’analisi di scimmie antropomorfe viventi, come gli scimpanzè ad esempio, mentre quello dal basso verso l’alto, Bottom-Up si concentra sullo studio e sulla comparazione di fossili di scimmie per lo più estinte, a fornire informazioni fondamentali per la comprensione dell’evoluzione umana. La paleoantropologia è comunque, come tutti i rami della ricerca scientifica, in continuo work in progress, e quasi ogni giorno si aggiungono nuovi elementi, e per ottenere il quadro completo dell'evoluzione vanno esaminati entrambi gli approcci. Le specie di scimmie viventi sono specializzate, relitti di un gruppo molto più ampio di scimmie ora estinte, e quando consideriamo tutte le prove, cioè le scimmie e gli ominidi sia viventi che fossili, appare evidente che una storia evolutiva umana basata sulle poche specie di scimmie attualmente in vita manca di gran parte del quadro più ampio. Le scimmie fossili sono essenziali per ricostruire il punto di partenza, di divergenza, da cui si sono evoluti umani e scimpanzé.

Non a caso, la prova che ha retrodatato la presenza di Homo Sapiens in Europa da 40.000 a 54.000 anni fa, in contemporanea con H. Neanderthalensis, viene proprio dalla scoperta, in una grotta nel sud della Francia, di punte di freccia in selce contemporaneamente ad un dente di un fossile di scimmia. Gli esseri umani moderni vivevano accanto ai Neanderthal, qualcosa che prima di allora non era nemmeno lontanamente sospettato.

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