Memorandum per pesci rossi...

 


Immagini come queste, a rappresentare gli estremi degli effetti di una causa comune, sono diventate abbastanza frequenti: segno evidente di quanto sta accadendo.

Cambiamenti

In realtà sono due le cose che stanno accadendo. Una è notissima, il clima sta cambiando, inequivocabilmente e la cosa non rappresenta una novità, considerando che è per lo meno dagli anni ’60 del secolo scorso che si inizia ad avere la certezza della relazione tra i tassi di produzione di biossido di carbonio, attività antropica e riscaldamento complessivo dell’atmosfera. La climatologia ha fatto il suo lavoro e rispetto a quel che sapevamo 30 o 40 anni fa non è cambiato molto e anzi, le nuove ricerche non hanno fatto altro che confermare le ipotesi di lavoro del passato. E questo cambiamento è espresso sul territorio attraverso l'acqua, soprattutto attraverso i suoi fenomeni estremi, le siccità, le alluvioni, le cosiddette bombe d'acqua, neologismo inventato dai media a sostituire con termini d’effetto quel che si è sempre chiamato nubifragi che, diventati così intensi nel tempo e nello spazio, sono oggi catalogati come downburst “bagnati” o “secchi”, in cui i primi, che siano conseguenze concomitanti di temporali, supercelle, sistemi convettivi v-shaped producono come risultato qualcosa di ingestibile, oltre che incredibile: una cascata d’acqua concentrata, in termini volumetrici e cronologici, con centinaia di millimetri di pioggia per metro quadro in poche ore, tanta pioggia in una sola passata quanta ne cade in una stagione.

L’altra cosa che cambia, nel senso che dimostra ogni volta la sua inadeguatezza, ha a che fare con l’opera dell’uomo. Le infrastrutture e le istituzioni, create nel tempo per proteggerci da questa nuova statistica del clima, stanno fallendo. Tutto ciò che permette, da tempi immemorabili, di non dover essere costretti a guadare fiumi, che non ci costringe a recarci al torrente a prendere un secchio d’acqua, che ci riempie un bicchiere d’acqua fresca ogni volta che apriamo un rubinetto[1]. Le istituzioni e le infrastrutture che funzionando ci permettono di dimenticare che ci sono elementi che fanno parte del nostro quotidiano, del nostro paesaggio, quegli stessi elementi che invadono la nostra quotidianità quando, ad esempio, un corso d’acqua rompe gli argini, cosa che accade sempre più frequentemente.

Ecco quindi le due cose che cambiano: il clima e tutto ciò che è stato realizzato per proteggerci dagli effetti di un clima che non c’è più, e che ci costringe a ripensare e ridisegnare nuove infrastrutture e nuove istituzioni.

Memorie dagli ultimi due anni

Nell'inverno 2021-22 un'alta pressione si era stabilizzata sull'Europa da Nord-Ovest a Sud-Est, costringendo tutti i flussi meteorologici che normalmente portano pioggia e neve sull’Italia (e non solo) a deviare. Già da quell'inverno si parlò di potenziale siccità: nelle Alpi, soprattutto a ridosso dell’alta valle del Po, ci fu una diminuzione del 50% di neve, che ha portato non pochi problemi alla stagione sciistica già compromessa dalle restrizioni anti Covid.

Gli agricoltori iniziarono a preoccuparsi perché un calo del 50% di neve nell'alta valle del Po ha come diretta conseguenza carenze d’acqua importanti a primavera. Tra gennaio e febbraio del 2022 si inizia dunque a parlare di siccità.

Le piogge del marzo 2022, anche se molto scarse rispetto alla media stagionale storica, portarono a dimenticare i problemi di siccità. Il Po va comunque in secca e ad aprile fa notizia la comparsa di un mezzo blindato tedesco della Seconda Guerra Mondiale, emerso dalle secche del fiume padano tra Modena e Reggio Emilia. Improvvisamente diventa lampante che c'è un grosso problema: siamo a maggio e gli agricoltori cominciano veramente a suonare l'allarme, il grande Po non produce abbastanza acqua, ma non è il solo, i fiumi italiani sono quasi tutti in secca. A inizio luglio, il 3, un altro episodio significativo: sul ghiacciaio della Marmolada, testimone presente dell’ultima glaciazione, si stacca un enorme fronte di ghiaccio e precipita a valle, facendo purtroppo numerose vittime. Il governo annuncia l'emergenza siccità ma, poco dopo nelle Marche, a settembre 2022, il fiume Misa rompe gli argini e Senigallia finisce sott’acqua. Nello stesso periodo, pressoché contemporaneamente e sempre nelle Marche, una disastrosa alluvione colpisce Cantiano e gli abitati limitrofi, anche qui, con danni gravissimi dovuti soprattutto all’abusivismo.

Ma quale siccità? Ci sono tante alluvioni, c’è troppa acqua, è il sentore comune.

Arriviamo a novembre dello stesso anno e un violentissimo nubifragio si abbatte su Ischia provocando una frana su un territorio fortemente urbanizzato (abusivamente…condonato!) e, ancora, provoca vittime.

All’inizio del nuovo inverno, 2022-23, le precipitazioni nevose subiscono un nuovo record negativo, meno 70% sull’alta valle del Po, e di nuovo gli agricoltori lamentano la probabilità di una grandissima catastrofica siccità per la seconda volta in un anno. Le preghiere e gli scongiuri affinché venga a piovere sono esaudite, ma con i tempi e nei luoghi sbagliati. A maggio 2023, in due distinti episodi, un tempo si sarebbe detto che «si sono aperte le cateratte del cielo», e sulla Romagna quasi la metà di tutta l’acqua che scende in un anno su quel territorio, 400 mm di pioggia, si abbatte in pochi giorni, direi ore. E la Romagna non è stata, nel maggio 2023, l’unica regione a registrare un periodo di precipitazioni eccezionali. Persino la Sicilia registra il periodo come il più piovoso in assoluto dal 1921.

E da allora continuiamo ad avere esperienza di alternanza di periodi siccitosi e catastrofici nubifragi, l’autunno è appena iniziato e già le notizie di esondazioni, alluvioni, allagamenti, con danni per miliardi di euro ogni anno, e al di fuori dell’Italia le cose non è che vadano meglio. A settembre 2023 abbiamo avuto il ciclone Daniel che è passato dal creare un lago in Tessaglia all’investire la Libia in Cirenaica al punto che due dighe, in pessimo stato a causa dell’assenza di manutenzione e di incuria, hanno ceduto provocando la distruzione dell’intera città di Derna e migliaia di morti, col fiume normalmente asciutto che è arrivato a portare devastazione fino al terzo piano delle case.

Questa è la nuova normalità statistica. Questo è quanto dobbiamo aspettarci e prepararci ad evitarlo. 

Cerchiamo di ricordarcelo al prossimo evento, e non azzerare la memoria nemmeno fossimo pesci rossi...


[1] In realtà una parte consistente della popolazione mondiale si trova ancora oggi a dover guadare un fiume o recarsi sulle sue sponde a prendere l'acqua con un secchio ogni mattina.

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