Immagini come queste, a rappresentare
gli estremi degli effetti di una causa comune, sono diventate abbastanza
frequenti: segno evidente di quanto sta accadendo.
Cambiamenti
L’altra cosa che cambia, nel
senso che dimostra ogni volta la sua inadeguatezza, ha a che fare con l’opera
dell’uomo. Le infrastrutture e le istituzioni, create nel tempo per proteggerci
da questa nuova statistica del clima, stanno fallendo. Tutto ciò che permette, da
tempi immemorabili, di non dover essere costretti a guadare fiumi, che non ci
costringe a recarci al torrente a prendere un secchio d’acqua, che ci riempie
un bicchiere d’acqua fresca ogni volta che apriamo un rubinetto[1].
Le istituzioni e le infrastrutture che funzionando ci permettono di dimenticare
che ci sono elementi che fanno parte del nostro quotidiano, del nostro
paesaggio, quegli stessi elementi che invadono la nostra quotidianità quando,
ad esempio, un corso d’acqua rompe gli argini, cosa che accade sempre più
frequentemente.
Ecco quindi le due cose che cambiano: il clima e tutto ciò che è stato realizzato per proteggerci dagli effetti di un clima che non c’è più, e che ci costringe a ripensare e ridisegnare nuove infrastrutture e nuove istituzioni.
Memorie dagli ultimi due anni
Gli agricoltori iniziarono a preoccuparsi perché un calo del 50% di neve nell'alta valle del Po ha come diretta conseguenza carenze d’acqua importanti a primavera. Tra gennaio e febbraio del 2022 si inizia dunque a parlare di siccità.
Ma quale siccità? Ci sono tante alluvioni, c’è troppa acqua, è il sentore comune.
Arriviamo a novembre dello stesso anno e un violentissimo nubifragio si abbatte su Ischia provocando una frana su un territorio fortemente urbanizzato (abusivamente…condonato!) e, ancora, provoca vittime.
All’inizio del nuovo inverno,
2022-23, le precipitazioni nevose subiscono un nuovo record negativo, meno 70%
sull’alta valle del Po, e di nuovo gli agricoltori lamentano la probabilità di
una grandissima catastrofica siccità per la seconda volta in un anno. Le
preghiere e gli scongiuri affinché venga a piovere sono esaudite, ma con i
tempi e nei luoghi sbagliati. A maggio 2023, in due distinti episodi,
un tempo si sarebbe detto che «si sono aperte le cateratte del cielo», e sulla Romagna quasi
la metà di tutta l’acqua che scende in un anno su quel territorio, 400 mm di
pioggia, si abbatte in pochi giorni, direi ore. E la Romagna non è stata, nel
maggio 2023, l’unica regione a registrare un periodo di precipitazioni
eccezionali. Persino la Sicilia
registra il periodo come il più piovoso in assoluto dal 1921.
E da allora continuiamo ad avere
esperienza di alternanza di periodi siccitosi e catastrofici nubifragi, l’autunno
è appena iniziato e già le notizie di esondazioni, alluvioni, allagamenti, con
danni per miliardi di euro ogni anno, e al di fuori dell’Italia
le cose non è che vadano meglio. A settembre 2023 abbiamo avuto il ciclone Daniel che è
passato dal creare un lago in Tessaglia all’investire la Libia in Cirenaica al
punto che due dighe, in pessimo stato a causa dell’assenza di manutenzione e di
incuria, hanno ceduto provocando la distruzione dell’intera città di Derna e migliaia di morti,
col fiume normalmente asciutto che è arrivato a portare devastazione fino al
terzo piano delle case.
Questa è la nuova normalità statistica. Questo è quanto dobbiamo aspettarci e prepararci ad evitarlo.
Cerchiamo di ricordarcelo al prossimo evento, e non azzerare la memoria nemmeno fossimo pesci rossi...
[1]
In realtà una parte consistente della popolazione mondiale si trova ancora oggi
a dover guadare un fiume o recarsi sulle sue sponde a prendere l'acqua con un
secchio ogni mattina.
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