Con l’autunno si iniziano a temere gli effetti di eventi meteorologici estremi, a causa della naturale propensione meteorologica che vede, mediamente, piovere di più alle nostre latitudini in quel periodo dell’anno. Ed è spontaneo andare ai ricordi dei recenti episodi emiliano-romagnoli, delle alluvioni in Francia e delle cronache di queste ore del disastro, soprattutto umanitario, che ha colpito la Libia in questi giorni, e poco cambia anche considerando che in quest’ultimo caso la stragrande maggioranza delle vittime è stata dovuta al cedimento delle dighe, dighe che avrebbero dovuto proteggere Derna e sono invece state la sua rovina.
Ecco perché, a seguito della lettura di un interessante articolo, proprio relativo alle tristi cronache ambientali nazionali, l’attenzione ritorna su quel che troppo spesso viene utilizzato come alibi a coprire le necessarie azioni preventive.
Premessa
Mi scuseranno gli autori dell’articolo a cui mi sono ispirato per questa premessa: dopo tutto per raccontare dei fatti non ci sono molti modi.
In due distinti periodi dello scorso mese di maggio vaste aree dell’Emilia Romagna sono state interessate da due eventi meteorologici estremamente intensi, verificatisi in breve successione, il primo dall’1 al 3 ed il secondo il 16 al 18[1], comportando precipitazioni eccezionali, che hanno superato ampiamente la soglia dei 400 millimetri di pioggia[2]. I valori riportati dalla fitta rete di stazioni di monitoraggio pluviometrico, con dati usufruibili in tempo pressoché reale grazie ad Internet, hanno tutti registrato valori significativi. I fenomeni atmosferici hanno interessato soprattutto le zone pedemontane, collinari e pedecollinari, con quantità leggermente inferiori in pianura.
La configurazione meteorologica europea durante il mese di maggio ha subito un cambiamento sostanziale, con l'instaurarsi di anticicloni che si estendevano dall'Atlantico alla Scandinavia, mentre contemporaneamente si attestavano zone depressionarie sull'Italia e sul Mediterraneo centrale. Questa particolare configurazione ha portato un flusso frequente di precipitazioni abbondanti su gran parte della penisola, contribuendo a mitigare la preoccupante siccità che aveva afflitto sia la regione che l’intera Italia nell'ultimo anno e mezzo. Purtroppo le precipitazioni intense non contribuiscono al rifornimento dei suoli profondi e delle risorse idriche sotterranee che hanno invece bisogno di piogge più lente e costanti, nonché delle acque di fusione della neve, che ha scarseggiato sia nelle Alpi che negli Appennini durante l'ultimo inverno.
Da un altro punto di vista, sfortunatamente, questa situazione atmosferica ha portato episodi alluvionali straordinari, che hanno colpito in particolare l'Emilia orientale e la Romagna durante i cicli intensi di piogge nei due periodi di maggio indicati.
Considerazioni
Che il cambiamento climatico in atto, osservabile e misurabile ormai oltre ogni ragionevole dubbio, possa portare direttamente a fenomeni meteorologici estremi è un fatto; che i fenomeni climatici relativi alle oscillazioni di El Niño possano comportare disastri meteorologici anche a distanze enormi dal Pacifico è un altro.
Ma chiamare in causa sempre e comunque, a mo' di alibi, il cambiamento climatico sta diventando quasi una moda.
Che le precipitazioni del mese di maggio 2023 siano state del tutto eccezionali, soprattutto in termini di rapidità con cui sono andate cumulandosi e concentrandosi sul territorio, è comunque evidente dalla lettura dei dati[3]. Le piogge del mese hanno raggiunto un valore totale medio regionale di 250 mm, superiore di 175 mm rispetto al valore medio climatico (+230%), valore più alto dal 1961; anche rispetto al valore medio, l’anomalia è di circa +173 mm. A livello territoriale, si riscontrano anomalie eccezionali sulle colline e sui rilievi tra Bologna, Forlì-Cesena e Ravenna, anche lungo la costa, con picchi fino a +500% rispetto alla media 2001-2020, mentre nella parte più occidentale della regione le anomalie, pur presenti e positive, sono molto più contenute, intorno a +50%.
L’osservazione dei grafici[4] delle precipitazioni cumulate e dell’anomalia delle precipitazioni totali mensili rispetto al 2001-2020 (in mm di pioggia) sono autoesplicative.
L’articolo
Sul numero 3/2023 della rivista "Geologia dell'Ambiente" edita dalla SIGEA - Società Italiana di Geologia Ambientale, il primo articolo (pag. 2) ripercorre gli eventi alluvionali del maggio 2023 che interessarono l'Emilia Romagna, con danni diretti stimabili in circa 15 miliardi di euro, 15 vittime e decine di migliaia di evacuati.
Eventi eccezionali quelli dell'1-3 e del 16-18 maggio ma, come vedremo, non certamente unici o imprevedibili, né non ricordabili a memoria d'uomo, nonostante questa sia spesso molto corta.
Gli autori riportano che è bastata una semplice ricerca a tavolino di pochi giorni, condotta analizzando i documenti estratti da varie fonti pubbliche, per ritrovare dozzine di episodi alluvionali dovuti a fenomeni meteorologici intensi, episodi accompagnati da rotture degli argini di numerosi corsi d’acqua con frequenza pressoché annuale; solo nel corso del XVIII secolo il fiume Lamone (uno dei fiumi che ha rotto nel maggio 2023 allagando Faenza), ricordano le cronache, ruppe ben 22 volte in 60 anni, citando inoltre episodi del tutto analoghi a quelli di quest’anno. Il più simile nel 1939, persino nei periodi, con due episodi nel mese di maggio, caratterizzato da precipitazioni estese e fino a 400-500 mm sull’Appennino Tosco-Romagnolo che comportarono lo sconvolgimento dell’intero territorio romagnolo con associate perdita della produzione agricola, di capi di bestiame morti per annegamento e disfacimento pressoché completo della rete viaria. In definitiva, dozzine di eventi fotocopia.
Previsione, prevenzione e allertamento
Anche soltanto intuitivamente emerge che gli episodi del maggio 2023 possono essere annoverati tra quelli possibili, anche più volte l’anno. Ciò comporta un certo grado di prevedibilità, pur considerando che molto spesso i tempi con cui si sviluppano le celle temporalesche -che danno origine ai cosiddetti wet downburst- sono strettissimi; ma con accurate operazioni di monitoraggio, che in questo caso non sono certamente mancate, è possibile quanto meno mitigare i danni e soprattutto consentire alla popolazione un certo grado di salvaguardia. Va detto che ARPAE emanò due bollettini di allerta per le onde fluviali di piena dapprima arancione e poi rossa per gli episodi dell’1-3 maggio e direttamente rossa per quelli del 16-18. Se così non fosse stato, come ad esempio nel 1939, le vittime e il numero di sfollati sarebbero probabilmente state molte di più.
Pur considerando che l’anomalia nelle precipitazione del maggio 2023 ha di gran lunga superato la media storica il fenomeno, con intensità minori o a volte analoghe, è storicamente conosciuto in quelle stesse regioni, e in un certo qual modo, peggiorante al crescere delle condizioni generali dovute all’aumento della antropizzazione del territorio, del conseguente incremento del consumo del suolo, dell’abbandono delle zone montane e pedemontane e della relativa cura delle aree boschive e di sottobosco, che spesso fanno da freno al deflusso delle acque meteoriche. Queste condizioni non possono che aver peggiorato o intensificato gli effetti di eventi meteorologici eccezionali, ma non unici lo si ripete, in oggetto.
Analisi dei dati
Al conteggio estratto dalla lettura dell’articolo sono stati aggiunti i due episodi del 2023 per un totale di 60 episodi documentati dal 1636 al 2023, riassunti nella tabella. Per il 10 percento del totale degli episodi riportati non è noto il mese dell’accadimento e mancano inoltre riferimenti di dettaglio per le 22 esondazioni del Lamone riportate per circa 60 anni del XVIII secolo.
Da un’analisi numerica degli episodi riportati è emerso come la maggioranza degli episodi alluvionali a seguito di intense ed anomale precipitazioni, siano, come attendibile, concentrati nei periodi autunnali, mediamente da fine settembre a parte di dicembre, con una media di circa 8 episodi al mese, notoriamente più piovosi alle nostre latitudini con dei picchi in novembre (con ben 12 episodi su 60 pari al 20 percento della serie); non va però trascurata la numerosità dei mesi di maggio e gennaio, con 6 e 5 episodi rispettivamente.
Conclusioni
La cosa importante che emerge abbastanza chiaramente da questa analisi essenziale è che la regione non è affatto nuova ad episodi eccezionali o comunque assimilabili, con un frequenza ed una conoscenza tali, soprattutto per gli ultimi decenni, da non rendere tollerabile demandare a Giove pluvio la causa di questi disastri che ogni anno colpiscono il nostro territorio; ed altrettanto intollerabile è l’appello all’ineluttabilità degli eventi perché causati dal cambiamento climatico che ha, molto probabilmente e quasi sicuramente, un certo grado di corresponsabilità, ma non ne è certo la causa primaria. Senza per questo negare l’evidenza, lo si ribadisce, che il cambiamento è in atto e che ancora oggi, a decenni di distanza dai primi allarmi, molto poco si è fatto in termini di azioni di contrasto e soprattutto nulla si sta facendo in tema di adattamento al cambiamento consci della storia climatica del nostro pianeta e delle conseguenze che questa ha avuto sulla distribuzione di popoli e risorse. E adattamento significa anche prevenzione e, laddove possibile, previsione allo scopo di mitigare i danni di questi disastri. Il disastro emiliano-romagnolo è un ulteriore terribile test di un dissesto non soltanto territoriale, ma anche amministrativo. Sembra che a nulla siano valse le insistenze presso i governi che si sono succeduti negli anni affinché siano rafforzati i servizi tecnico-scientifici di Stato, fulcro necessario di un coordinamento delle azioni di prevenzione e di difesa del territorio. Nonostante questo la tendenza, ormai acclarata, è stata quella di delegare tutto agli enti locali senza però assisterli adeguatamente e, gravissimo ancorché endemico, quella di emarginare i servizi tecnico-scientifici di Stato e le professioni a questi associate.
Aspettando la prossima alluvione…
[1] L’articolo indica 16-17 ma i dati ARPAE (Agenzia Prevenzione Ambiente Energia Emilia Romagna) sono relativi all’intervallo 16-18.
[2] Ogni millimetro in altezza di pioggia caduta corrisponde ad un litro d’acqua per ogni metro quadro di superficie.
[3] Fonte ARPAE (Agenzia Prevenzione Ambiente Energia Emilia Romagna)
[4] Ibidem
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