È di questi giorni la notizia che la Giunta Regionale abruzzese ha votato una delibera che prevede, a partire
dal prossimo ottobre, l’abbattimento di 500 cervi, per contenere l’espansione di
questi animali che furono appositamente reintrodotti in alcune zone della
regione molti anni fa, talmente diffusi che li si può incontrare a volte
tranquillamente a spasso di giorno nelle strade di alcuni paesi.
Non entro nel merito della decisione per non andare fuori tema, (personalmente non concordo, comunque occorre fare chiarezza sulla scarsa applicabilità delle alternative) ma ho voluto scrivere qualcosa sul difficile rapporto tra la ricerca del ritorno alle origini, del selvatico, e il necessario equilibrio con le esigenze territoriali mirate alla nostra stessa presenza, territori giunti fino a noi non tanto nonostante, quanto grazie alle trasformazioni attuate dalla nostra specie.
Orsi, lupi, cinghiali, gatti selvatici, lontre, sciacalli dorati, linci, castori, cervi e immancabili volpi. Come fantasmi a quattro zampe si aggirano di notte, diffidenti e territoriali, scendono dai boschi verso le periferie di paesi e persino città, attratti dalla disponibilità e dall’abbondanza di cibo, pur temendo l’uomo
Eppure ci sono più animali
selvatici nelle favole che nel mondo. Il grado di antropizzazione è talmente
elevato che se pesassimo tutti i mammiferi della Terra scopriremmo che oltre il
60 percento è rappresentato da animali da allevamento e un altro 30 percento
abbondante è dato dal genere umano: quel che resta, solo il 4 percento, è dato
dalla fauna selvatica, minacciato dalla caccia indiscriminata, dalla
frammentazione degli habitat, da barriere rappresentate da strade senza
attraversamenti per animali, da coltivazioni e urbanizzazioni pressoché
infinite come ad esempio in Pianura Padana.
Ma è una biodiversità a rischio
continuo.
È così che l’Italia selvatica non è ancora scomparsa del tutto, e addirittura rispunta, anche sottoforma di mandrie di cervi insostenibili.
Consentitemi una divagazione. RaiPlay propone da anni diverse stagioni di una serie bellissima: Wild Italy, scritta, diretta, gestita e raccontata dal grandissimo Francesco Petretti, membro del comitato scientifico del WWF. Ne vedrete di incredibili...
La legge dichiara che la fauna selvatica è «patrimonio indisponibile dello Stato», i ripopolamenti selettivi sono stati voluti in numerose regioni (si pensi all’orso bruno in Trentino e in Alto Adige), l’abbandono delle montagne ha causato l’espansione dei boschi a favorire la diffusione delle specie selvatiche molto interessate ai nostri cervi, caprioli e camosci, e così piccoli branchi di lupi si sono ormai insediati stabilmente lungo tutta la penisola, dall’arco alpino fino alle Murge passando per la Maremma, sono stati visti persino sulle spiagge della Tenuta di San Rossore, l’isola ecologica protetta dal suo stato di tenuta riservata della Presidenza della Repubblica, oltre ad essere una splendida azienda agricola.
Oltre agli ormai residenti cervi, gli orsi marsicani, unici al mondo ed esclusivi di quelle zone d’Abruzzo, curiosi e golosi, passeggiano nelle strade dei piccoli paesi, e sono a rischio di estinzione dato l’esiguo numero di femmine adulte.
Dalla Slovenia sono arrivati, al
pari dei lupi, gli splendidi, furtivi e opportunisti, sciacalli dorati del
Balcani. Anche se sono meno di cento esemplari sparpagliati tra Nord Est,
Emilia e Lombardia, qualcuno già sente i loro ululati serali.
Se le lontre scarseggiano resistendo nel Meridione, sono tornate a pescare nei torrenti alpini. Tornare è il verbo corretto, perché queste specie, come tante altre, erano autoctone nel territorio italiano molto prima della nostra presenza, e sono tornate inoltre a svolgere un prezioso ruolo di regolazione degli ecosistemi.
Ci sono specie con cui mantenere l’equilibrio è piuttosto difficile. I cinghiali, anche questi più o meno sciaguratamente e incoscientemente introdotti dall’uomo, sono voracissimi e dilagano ovunque, con avvistamenti di gruppi di madri e cucciolate a spasso per centralissime vie romane! Purtroppo spesso si ibridano con maiali al pascolo, e si ammalano mettendo a rischio la salute dei suini da allevamento.
Abbiamo anche gatti selvatici, schivi e timidissimi, ma comunque presenti con un migliaio di esemplari, e per restare tra i felini, addirittura una decina di linci italiane cacciano dal Friuli alla Val d’Aosta.
Tutte prove della sorprendente adattabilità della vita selvatica, che però non giustifica dover prenderla a fucilate per contenerla. Vedi i cervi di cui sopra...
Sono tornati gli animali così frequentemente rappresentati nelle opere medievali, nella saga del santo che parlava coi lupi. Ma non è una vittoria. Non ancora. L’antropizzazione in Italia resta schiacciante, con un incremento nel consumo di suolo che appare inarrestabile, con corsi d’acqua ingabbiati e coste cementificate.
E’ la vita selvatica che resiste e che dimostra come basti cessare le persecuzioni per vederla ripopolare gli angoli lasciati liberi dall’uomo, così come le piante tornano ad occupare qualsiasi interstizio non sia più sottoposto a controllo umano.
L’orso bruno trentino non sta invadendo le zone occupate e frequentate dall’uomo, sta tornando a casa sua, nelle vallate che abitava fino a metà Ottocento. Non è un alieno arrivato dallo spazio, va cercata la convivenza. E lo stesso dicasi per altre specie.
Il nostro è un passato evolutivo
ancora non del tutto scomparso, con la paura di essere predati e l’euforia della
caccia, rito collettivo, il selvatico è un retaggio.
Le storie di questi animali migranti ci confermano ancora una volta che non siamo indispensabili.
Se per una qualche misteriosa ragione gli umani sparissero dalla nostra penisola, in pochissimo tempo la biodiversità si riprenderebbe i suoi spazi, fortunatamente.
Siamo un paese quindi diverso da molti altri, anzi, bio-diverso, manteniamolo.
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