Paradosso controevolutivo

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Nonostante la previsione climatica, di elevata probabilità, su quanto accadrà entro una data futura e che è appena qualche generazione a venire[1], si va delineando una situazione paradossale.

Prima del cambiamento climatico indotto dalle attività umane il clima rivestiva, nel contesto dell’evoluzione darwiniana, un elemento di contingenza data la sua bizzarra imprevedibilità, come aveva ben evidenziato il grande biologo evoluzionista Stephen Jay Gould: «Il clima? Niente di più bizzarro e imprevedibile!».

Le mutazioni erano e sono sottoposte al vaglio cieco della selezione naturale anche in base a cambiamenti climatici, la sopravvivenza stessa delle specie dipendeva dall’incontro casuale di due linee contingenti: il clima della regione in cui si nasce e la possibilità o capacità di adattamento a questo. Gli evoluzionisti dicono che se riavvolgessimo il nastro della storia della vita sulla Terra e ripartissimo da zero potremmo avere pressoché infiniti finali diversi da quello attuale. La vita inaspettata che non ci aveva previsto potrebbe essere del tutto diversa, e la paleontologia ci racconta che i tentativi di evoluzione in forme di vita poi abortite lungo il percorso sono tantissimi.

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Stiamo cambiando il clima e l’ambiente in maniera del tutto prevedibile, e ne siamo consci o per lo meno, molti lo sono, la comunità scientifica innanzi tutto: sappiamo benissimo, abbiamo la scienza e la tecnologia per farlo, dove stiamo andando; siamo al corrente dei danni irreversibili, della causa diretta della cosiddetta sesta estinzione di massa, cioè Homo sapiens; è proprio di oggi la notizia che gli effetti deleteri di queste attività ha letteralmente mutilato l'albero della vita, causando la perdita non solo di specie, i ramoscelli nella metafora dell’albero, ma anche di rami veri e propri che raggruppano più specie imparentate fra loro, i generi: 73 quelli di animali vertebrati che sono già scomparsi dalla faccia della Terra.

Conosciamo con margini di certezza altissimi cosa accadrà, addirittura lo abbiamo misurato e lo vediamo in atto ormai da decenni, ignorando incoscientemente che ne saremo vittime, per di più consapevoli come suicidi, continuando in corsa sulla strada aperta dal cambiamento climatico.


Ed ecco il paradosso.

Qualunque essere vivente è il frutto di una duplice causalità[2], con una parte notevole svolta dal caso. Gli esseri viventi sono sistemi dinamici le cui vicissitudini non possono che obbedire alle leggi del mondo fisico ma, a differenza degli oggetti inanimati, hanno anche un loro percorso indipendente, essendo forzati a seguire i dettami delle istruzioni racchiuse nel loro patrimonio genetico. Un altro grande biologo, Ernst Mayr, avrebbe detto che sono sistemi chimico-fisici spinti da una causalità fisica ma che godono di una sorta di libertà vigilata, essendo forzati a seguire il più fedelmente possibile le istruzioni del proprio genoma.

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E se prima eravamo in balia degli eventi contingenti l’enorme vantaggio evolutivo che Homo sapiens ha tratto dalla possibilità di avere anche un’evoluzione culturale da affiancare a quella biologica, quella che lo ha portato dai rudimentali attrezzi di selce alla Luna o in cima all’Everest, questa stessa evoluzione culturale non sta comportando la necessaria reazione, l’intelligenza non sta portando all’attenzione primaria: che la strada che abbiamo intrapreso è deleteria, pur con tutta la consapevolezza che comunque vadano le cose su questo pianeta la vita saprà trovare altre strade, forse la stessa umanità sopravviverà, a costo di perdite spaventose al cui confronto le grandi epidemie di peste sono banali raffreddori e, in caso contrario, la Terra stessa sopravviverà a noi stessi molto prima che, tra un miliardo di anni, la luce del Sole inizi ad indebolirsi cambiando definitivamente il clima del pianeta, ancora una volta, ma facendolo se non altro in modo naturale.

Paradossalmente ci siamo portati su una strada di cui conosciamo benissimo il percorso e non stiamo facendo nulla per cambiarlo, o per lo meno, siamo ancora alle chiacchiere preliminari quando siamo in ritardo spaventoso con i fatti, soprattutto quelli che riguardano l’adattamento.

Qualcuno resterà a raccontarlo. Dopotutto, a causa di un mutamento climatico di segno opposto e del tutto naturale, i vichinghi groenlandesi furono decimati dal ritorno del freddo, quello vero, alla fine del XIII secolo, ma gli indigeni, gli inuit, non ne furono minimamente colpiti.

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[1] Si dice meno di un secolo. Quattro generazioni appena. Guardando al passato persone di cui avete avuto notizie dirette, i bisnonni, o i loro genitori. E noi stessi saremo parte delle storie dei nostri pronipoti, o dei loro figli.

[2] CaUsalità, attenzione, non CasUalità

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