Terre (non così) rare

 

In questi giorni, a causa delle recenti prese di posizione da parte della neo(ri)eletta amministrazione Trump, si sente spesso parlare delle cosiddette «terre rare». Trump ha dichiarato, senza mezzi termini, che vuole indietro i soldi degli aiuti all’Ucraina e li vuole (anche) sottoforma di diritto di accesso e sfruttamento, riguardante numerose risorse minerarie di quel martoriato paese.

Le terre rare, così come il litio (che come vedremo non è, chimicamente, una terra rara), sono elementi industriali fondamentali del XXI secolo. La loro rilevanza è tale da influenzare gli assetti geopolitici globali e, di conseguenza, avere un impatto sulle nostre vite quotidiane.

Riassumiamo cosa sono le terre rare, dove si estraggono, perché sono così importanti e soprattutto perché la Cina, da questo punto di vista, è così potente.


Terre rare: tipologia e diffusione
Le terre rare, spesso indicate con l'acronimo REE, Rare Earth Elements, corrispondono ad un gruppo di 17 elementi chimici che troviamo nella tavola periodica: ittrio, scandio, e i 15 elementi appartenenti ai lantanoidi (o lantanidi, come si diceva un tempo), in ordine di numero atomico: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio. Nomi difficilissimi da ricordare in vista di un’interrogazione di chimica!

Nell’immagine precedente, la “Tavola periodica degli elementi” ho evidenziato anche il litio, ma occorre fare subito una distinzione. Il nome del gruppo dei 17 elementi chimici citati in precedenza, le “terre rare” appunto, è il nome che fu dato loro al momento della classificazione. Il litio è un elemento chimico che invece appartiene al gruppo degli “alcalini” nella tavola periodica, non al gruppo delle terre rare. Le terre rare come abbiamo visto comprendono gli elementi del gruppo dei lantanoidi, oltre a scandio e ittrio, che hanno proprietà chimiche simili. Il litio, invece, oltre che in ambito farmaceutico, è noto per le sue applicazioni come quelle delle batterie agli ioni di litio, utilizzate in una vasta gamma di dispositivi elettronici, veicoli elettrici e sistemi di stoccaggio di energia. Nonostante, quindi, il litio condivida l'importanza strategica e alcune sfide di approvvigionamento con le terre rare, dal punto di vista chimico e classificativo appartiene a un gruppo differente di elementi. E ancora precisiamo: il nome del gruppo “terre rare” venne assegnato a questi speciali elementi chimici presenti in alcuni minerali non per la loro scarsa presenza sul pianeta, ma per via della loro difficile identificazione, oltre che per la complessità del processo di estrazione del singolo elemento dal minerale che lo incorpora.

Nel 1803 erano note solo due terre rare, l'ittrio e il cerio, e ci vollero altri 30 anni ai ricercatori per determinare gli altri elementi contenuti in un solo tipo di minerale scoperto in Svezia nel 1798, in quanto la loro separazione era molto difficile a causa delle proprietà chimiche molto simili. Dopo tutto la radice etimologica, lanthanein, significa «star nascosto». In altri termini le terre rare…non sono poi così rare, spesso molto meno rare di quanto possa esserlo l’oro di un filone aurifero[1], ma solo difficilissime da individuare con la loro estrazione che in genere è complicata e costosa. I processi di estrazione, inoltre, utilizzano sostanze particolarmente dannose per l’ambiente e si producono rifiuti altamente tossici.

Lo USGS, il servizio geologico nazionale USA, ha stimato che ci siano tra 120 e 150 milioni di tonnellate di riserve di terre rare, sufficienti per tre o quattro secoli. Il cerio è più comune del rame, mentre neodimio, lantanio, ittrio e scandio sono più abbondanti del piombo. Si ribadisce l’aspetto tipico della loro presenza: esistono giacimenti ricchissimi di terre rare ma sono molto dispersi, trovandosi per lo più in Cina, leader per quantità e tipologia, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Malesia, Tailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica. Come si vede dalla mappa seguente il 37 percento circa è in Cina, Brasile e Vietnam hanno entrambi circa il 18 percento, la Russia il 15 e gli altri paesi si dividono il restante 12 percento.

Elementi chiave
Ma il punto principale è questo: elementi sconosciuti fino ad un centinaio di anni fa, oggi, invece, sono la chiave per le tecnologie più avanzate. Si è calcolato che il peso della transizione energetica, a cui si associano quelle digitale e culturale, ammonta ad appena 17 grammi: la quantità di terre rare consumata ogni anno da ciascun abitante del pianeta (che però in totale fa circa 136.000 tonnellate l’anno). Dai magneti delle pale eoliche ai motori elettrici delle automobili, passando per alcune componenti di smartphone e computer, il nostro presente e futuro dipendono da piccole ma essenziali frazioni di elementi chimici noti come metalli rari. Tra questi, i 17 membri che costituiscono la famiglia, caratterizzata da notevoli proprietà elettromagnetiche, ottiche, catalitiche e chimiche.

Dipendiamo da frazioni infinitesimali, una dipendenza a rischio innanzi tutto per  la loro difficoltà di estrazione, dispersi in percentuali minori, in mezzo alle altre rocce, presenti sul pianeta in maniera ampia, ma non in maniera omogenea. Ci sono luoghi in cui è possibile trovarne di più ed estrarli più facilmente e a più basso costo. E il controllo di tali risorse minerarie strategiche – e di altri elementi più o meno rari come il cobalto delle batterie ricaricabili o il tellurio delle celle fotovoltaiche – sta riscrivendo gli equilibri economici e geopolitici del pianeta.

Una delle peculiarità che rende questi elementi preziosi nell'industria di oggi è la loro capacità di esercitare un magnetismo resistente anche alle alte temperature. Indispensabili nei prodotti tecnologici di nuova generazione, sono componenti necessari per centinaia di prodotti, in particolare quelli di consumo high-tech, smartphone, tablet, personal computer, hard disk, batterie ricaricabili, veicoli elettrici e ibridi, monitor, luci a led, televisori a schermo piatto, e l’elenco potrebbe continuare.

Impiego
Già migliaia di anni fa la maggiore o minore presenza sul territorio del rame, molto più raro, rispetto a quella del ferro, insieme alla mutata distribuzione delle popolazioni, determinarono il passaggio da un'età storica alla successiva. Allo stesso modo così come il carbone ha permesso al Regno Unito di dominare il XIX secolo, e il petrolio ha sancito l’egemonia statunitense o dei paesi arabi in quello successivo, i colossali giacimenti di metalli rari di cui dispone ad esempio la Cina, la pongono in una posizione di forza nella corsa alle energie rinnovabili. E l’Ucraina in Europa, paese che più che i lantanoidi, o lantanidi che dir si voglia, abbonda in altri elementi di difficile reperimento, potrebbe avere un ruolo analogo, più o meno per gli stessi motivi.

In quest'ultima nazione ci sono metalli comunemente noti come il litio e il cobalto, ma anche materiali meno conosciuti come il gallio e il bismuto, e altri come la grafite naturale e il carbone metallurgico, utilizzato nella produzione dell'acciaio (elenco seguito anche dall'Italia). Altri paesi, come gli Stati Uniti, dividono la lista in due sottogruppi: i cosiddetti "18 elettrici", fondamentali per produrre, trasmettere e conservare energia elettrica ed altri 50 minerali critici.

I materiali elencati hanno svariati usi. Molti sono cruciali per la transizione energetica poiché impiegati nelle batterie, nei motori elettrici e negli impianti di energia rinnovabile. Tra questi ci sono il litio per le batterie, il neodimio per i magneti nei motori eolici e il silicio per i pannelli solari. Altri come gallio e germanio sono usati come semiconduttori nei chip avanzati, necessari per i sistemi di intelligenza artificiale.

Tuttavia, l'importanza strategica di questi elementi raggiunge probabilmente l'apice nel settore militare: elementi quali l'olmio e il neodimio sono fondamentali per la produzione della maggior parte delle armi più sofisticate e dei sistemi balistici delle forze armate di tutto il mondo. Il loro utilizzo in settori così importanti ne ha incrementato esponenzialmente la, di pari passo solo alla domanda dei metalli preziosi. La loro presenza in un dispositivo elettronico è insignificante in termini di volume o peso, ma è fondamentale: senza quella piccolissima quantità non funzionerebbe o avrebbe delle prestazioni insufficienti a competere con le moderne tecnologie.

Dal momento che le fonti di energia rinnovabile diventano sempre più importanti e diffuse in tutto il mondo ogni giorno, come abbiamo visto nel post precedente, la domanda globale di terre rare è in continuo aumento negli ultimi anni. Elementi come il neodimio e il praseodimio, che sono importanti proprio nelle applicazioni di energia rinnovabile e nelle industrie ad alta tecnologia, sono sotto i riflettori, in particolare da quando i veicoli elettrici e le auto ibride sono un business sempre più succoso. In un’auto elettrica si possono trovare qualcosa come un chilogrammo di terre rare; una turbina eolica da 5 MW contiene addirittura circa 800 kg di neodimio e 200 kg di disprosio, una tonnellata di terre rare.

Impatto ambientale
Si pensi che per ricavare appena un chilogrammo di vanadio vanno purificate 8,5 tonnellate di roccia, un chilo di cerio ne richiede il doppio, il gallio 50 e il lutezio ben 200!

E qui si apre una parentesi particolarmente importante. Con basse concentrazioni nei depositi, i costi di estrazione diventano insostenibili senza manodopera a basso costo o sussidi statali. La purificazione richiede molta acqua che si contamina con acidi e metalli pesanti, necessitando di trattamenti costosi. Per rendere redditizia una miniera di metalli rari, serve una protezione ambientale debole o inesistente.


In Cina, l'inquinamento da estrazione di terre rare ha reso il suolo sterile e contaminato le risorse idriche. Anche se i funzionari hanno chiuso molte miniere, comprese quelle illegali, persistono gravi minacce ambientali. Un rapporto del 2019 evidenzia che la Cina ha meno vincoli normativi e ambientali, mantenendo bassi i costi di estrazione e produzione. La Cina sta cercando di bonificare l'ambiente inquinato dalle miniere, ma il processo è costoso e lungo, potendo richiedere fino a 100 anni.


Ucraina
Anche l’Ucraina presenta uno scenario simile: indifferenza nei confronti dell'ambiente come elemento fondamentale per mantenere bassi i costi di produzione, per lo meno nelle zone di estrazione. Il governo degli Stati Uniti lo sa bene ed è per questo che sta cercando una soluzione per sopperire ad un'eventuale blocco cinese delle esportazioni, considerando che a tutt'oggi la Cina è leader mondiale della produzione e delle esportazioni di terre rare, sia per l’enorme quantità sia per i costi di produzione mantenuti tali a spese dell’ambiente. 

Cava di caolino nella regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina (Viktor Fridshon/Global Images Ukraine via Getty Images)

L’Europa è quasi totalmente dipendente dalle importazioni: le terre rare arrivano in grandissima parte dalla Cina, i borati (usati tra le altre cose nella realizzazione di isolamenti termici, nell’industria nucleare e in quella aerospaziale) al 98 per cento dalla Turchia, il litio al 78 per cento dal Cile. Nel 2023 l’Unione Europea approvò una norma pensata proprio per gestire i problemi nell’approvvigionamento di questi materiali e ridurre la dipendenza dalle importazioni: tra le altre cose prevede specifiche quote da estrarre, raffinare e riciclare nel territorio dell’Unione.

Le terre rare e più in generale le materie prime critiche sono al centro dell’accordo che permetterebbe agli Stati Uniti di ricevere parte degli introiti derivati dalle risorse minerarie ucraine.

L’Unione Europea ha descritto l’Ucraina come una possibile produttrice di caolino (largamente utilizzato nel settore edile), manganese (usato per fare ferro e acciaio), gallio e germanio. Prima dell’invasione russa il paese era fra i maggiori produttori al mondo di grafite, che al di là delle matite è essenziale per migliorare la capacità e la tenuta delle batterie elettriche. Possiede inoltre alcune delle riserve più grandi di litio in Europa e ha vaste riserve di titanio, un metallo leggero e resistente, usato fra le altre cose nella produzione di protesi mediche e nell’industria aerospaziale. Vi si trovano anche importanti riserve europee di uranio, fondamentale per la produzione di energia nucleare (che quindi tecnicamente non è considerato una “materia prima critica” ma un combustibile).

Una parte significativa di questi giacimenti si trova nelle zone occupate dai russi, soprattutto nella regione mineraria del Donbass, che da tempo è sfruttata per le sue abbondanti riserve di carbone. Per esempio alcuni depositi di litio si trovano nella parte centrale del paese, ma uno è molto vicino alla linea del fronte. Invece nella regione di Zhytomyr, a ovest di Kiev, c’è una grossa miniera di berillio, usato principalmente come componente di dispositivi elettronici. Nella miniera di Kirovohrad, a sud della capitale, c’è un deposito che secondo le stime contiene milioni di tonnellate di grafite.

Il controllo e la produzione di georisorse è probabilmente il fattore più determinante nella geopolitica internazionale ed è in grado di definire i giochi di potere. È stato così per il carbone, lo è per petrolio, gas, litio e per le terre rare. Chi riesce ad avere il controllo maggiore di queste ricchezze, in un certo senso, ha il controllo del mondo.

Una miniera di ilmenite, da cui si estrae il titanio, nella regione di Kirovohrad (AP Photo/Efrem Lukatsky)








[1] A titolo di esempio si consideri che una vena aurifera in un giacimento primario è considerata ricchissima quando produce circa 10 grammi d’oro per ogni tonnellata di roccia lavorata.

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