Questa seconda modalità di trasmissione ereditaria viene detta trasferimento genico orizzontale (o laterale). Il trasferimento genico orizzontale non è una mera curiosità biologica bensì un caposaldo dell'evoluzione microbica. In parole povere i geni preadattati tramite selezione in un organismo possono in qualche modo essere trasferiti in un altro organismo, del tutto estraneo, senza ricombinazione sessuale. Si tratta a tutti gli effetti di un fenomeno straordinario: un organismo incapace di fissare l'azoto può acquisire gli opportuni geni dall'ambiente, et voilà, in un battibaleno si trova in grado di compiere l'azotofissazione.
I geni trasferiti si sono evoluti in precedenza in altri organismi e vengono immessi nel ricevente a sua insaputa, come succederebbe al destinatario di un trapianto, il quale ignori di essere in attesa di un organo. I geni funzionano: su questo non ci piove. E funzionavano anche nell'organismo da cui provengono, che visse centinaia di migliaia se non milioni e in qualche caso miliardi di anni fa. Non occorre modificarli per attivarli. Se l'organismo che gli ha inavvertitamente acquisiti non ne ha bisogno, li scarta. Se contribuiscono alla funzionalità dell'organismo, vengono utilizzati. Per i microbi l'ambiente rappresenta una specie di supermercato genomico su scala globale. I geni preadattati sono a disposizione di qualsiasi organismo in grado di acquisirli, e tutti gli organismi, esseri umani inclusi, hanno acquisito i geni tramite il trasferimento genico orizzontale.
Come si trasferiscono i geni da un individuo all’altro?
Esistono tre meccanismi che permettono il trasferimento orizzontale dei geni. Il loro esatto funzionamento rimane avvolto nel mistero, e ancora non si sa quale sia il più importante.
Quello più semplice da descrivere fu scoperto nei primi anni Quaranta del XX secolo da tre biochimici americani e prende il nome di trasformazione. È di una semplicità disarmante: i geni (o il DNA) vengono direttamente prelevati dall'ambiente nel volgere di poco tempo, i geni di recente acquisizione vengono incorporati nel nuovo ospite e trasmessi alle successive generazioni. Mentre il processo funziona in laboratorio non è chiaro quanto DNA sia effettivamente libero nel mondo reale. Le cellule non sputano DNA all'esterno: devono prima a morire, e morire in maniera tale che il DNA venga rilasciato intatto nell'ambiente. Il che ci porta a un altro possibile meccanismo di trasferimento orizzontale dei geni: la trasduzione.
La maggior parte dei virus non è ben caratterizzata, e talvolta specie nel caso di quelli che contengono RNA le loro informazioni genetiche mutano con tale rapidità che descriverli diventa un terno all'otto microbiologico: il virus descritto la scorsa settimana spesso differisce da quello che vediamo oggi è per questo che il vaccino che abbiamo preso contro l'influenza dello scorso anno non ci proteggerà dal virus dell'influenza di quest'anno.
I virus trasferiscono i geni? In teoria sì, ma perlopiù lo fanno solo per brevi distanze evolutive. I virus si attaccano a una cellula, dove inseriscono il loro materiale genetico, prediligendo un target di ospiti ben preciso, che identificano sulla base di specifiche proteine presenti sulla superficie delle cellule infettate. Dopo aver trovato una cellula ospite idonea, i virus vi aderiscono, trasferendovi il loro DNA o RNA. Il materiale genetico viene così incorporato nell'ospite e sabota le nanomacchine preposte alla produzione di proteine e acidi nucleici creando nuovi virus. In qualche caso il virus continua a riprodursi all'infinito nella cellula ospite, entrando a far parte del genoma di quest'ultima. Se gli esseri umani vengono colpiti da questo tipo di virus si tratta di una pessima notizia: due esempi di questi virus non litici (cioè che non distruggono la cellula ospite) sono l’HIV e l'epatite C. Quando infettano un essere umano, è quasi impossibile rimuoverli dal genoma.
In altri casi, invece, le informazioni genetiche da poco inserite consentono ai nuovi virus di svilupparsi all'interno della cellula ospite finché non raggiungono una certa soglia di popolazione, superata la quale la cellula ospite si dissolve, rilasciando nuovi virus nell'ambiente. Lo scenario appena delineato, che ricorda vagamente un'invasione di ultracorpi, è abbastanza comune nel mondo dei microbi, e si conclude con la morte della cellula ospite. I virus litici, così chiamati perché distruggono la cellula, infettano anche gli uomini, ma forse sorprendentemente risultano meno letali dei virus che non uccidono tutte le cellule e comprendono i virus che causano il comune raffreddore. La lisi non implica l'immediato trasferimento di geni ai nuovi ospiti, ma fa sì che l'informazione genetica contenuta nella cellula ospite si riversi nell'ambiente, dove può essere prelevata da microbi intenti a frugare avanzi nei bidoni della spazzatura.
Meccanismo a parte, il trasferimento genico orizzontale rende assai difficile risalire ai più remoti antenati degli organismi e soprattutto rende difficile, se non irrilevante, definire il concetto di specie in relazione ai microbi.
Immaginiamo di voler ricostruire l'albero genealogico della nostra famiglia. Per prima cosa chiederemo ai nostri genitori dove sono nati, e poi effettueremo ricerche sui nonni, i bisnonni e così via; ma immaginiamo ora che 40 o 50 generazioni fa i geni responsabili della digestione delle alghe siano stati introdotti nella comunità microbica localizzata negli intestini della nostra famiglia perché i nostri progenitori mangiavano un sacco di sushi. In questo caso saremo meglio adattati a mangiare le alghe. I microbi nel nostro intestino possiederanno nuovi geni acquisiti da un altro microbo per mezzo del trasferimento genico orizzontale. Quello fin qui abbozzato non è uno scenario fantascientifico, ma la realtà. Infatti, i microbi presenti nell'intestino dei giapponesi contengono geni che favoriscono la digestione delle alghe, geni che non si trovano nell'intestino dei caucasici.
L'oceano ospita una gran quantità di virus contenenti nel loro genoma i geni per una proteina fondamentale della fotosintesi (D1) ma questo non perché si stiano evolvendo per diventare fotosintetici; il gene per la proteina viene utilizzato in parte perché contiene istruzioni per una rapida replicazione. I virus sfruttano queste istruzioni per riprodursi velocemente abbondantemente nella cellula ospite infettata. Di quando in quando, però, in organismi imparentati alla lontana si trovano copie del gene per questa proteina derivanti da un cianobatterio, un batterio in grado di effettuare fotosintesi. È presumibile che ciò avvenga in conseguenza di un'infezione virale.
Il mescolamento dei geni essenziali, circa 1500, in un gran numero di microbi imparentati alla lontana ha garantito che le informazioni si conservassero in una cellula sperduta in qualche angolo del pianeta Terra. Gli organismi sono transitori, persino usa e getta, ma lo stesso non si può dire dei geni essenziali. Questi ultimi vengono trasferiti come i testimoni di una staffetta: gli organismi tengono al proprio interno i geni per lunghi periodi geologici e poi li passano a nuovi organismi. I singoli organismi potranno anche estinguersi, ma se hanno ceduto i propri geni principali ad altri organismi, i geni continueranno a sopravvivere.
Tuttavia, mescolando i geni di due linee parentali, il sesso ha segnato una svolta: la nuova cellula presenta una nuova combinazione di geni. Il sesso favorire una maggior variabilità genetica e si affermò come il processo dominante nell'evoluzione di piante ed animali, ma non lo fece di punto in bianco. Ma questa è un'altra storia.
C’è infine un ultimo meccanismo di trasferimento genico orizzontale: l’endosimbiosi.
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In sintesi, il trasferimento genico orizzontale è il processo attraverso il quale i rischi causati da potenziali eventi catastrofici vengono mitigati e prevenuti: il materiale genetico viene distribuito disseminandolo tra una vasta gamma di microbi e, sebbene si tratti del principale processo evolutivo dei microrganismi a riproduzione asessuata, non è del tutto fortuito. Le sue cause sono anche di natura ecologica e legate soprattutto alla natura simbiotica dei batteri, finalizzata soprattutto ad ottimizzare l’uso degli scarti dei nutrienti disponibili. E ciò è raggiunto dai microbi vivendo insieme e dipendendo gli uni dagli altri.
Ma c'è dell'altro. E’ ormai operativo da diversi anni il progetto, ancora in corso, grazie al quale si sono identificate decine di milioni di nuovi geni e si stanno ricostruendo a incredibile velocità i genomi dei microbi degli oceani. Si tratta di un patrimonio inesplorato di risorse e informazioni biologiche al quale l'uomo può attingere per creare microbi artificiali capaci di svolgere una determinata funzione.
Con un semplice clic diventa possibile inviare in tutto il mondo la sequenza di un gene, o di molti geni, per poi risalire all'intero genoma e analizzarlo, riconfigurarlo e ridistribuirlo. Il libero mercato del mondo dei geni davvero non conosce confini e sta scatenando una guerra sempre più dura contro i microrganismi.
Inoltre, l'elenco dei geni individuati per mezzo di algoritmi informatici si è andato allungando a dismisura; finora sono state identificate alcune decine di milioni di geni microbici, e il ritmo non accenna a diminuire. In sostanza, l'inventario genetico rappresenta una specie di libretto delle istruzioni per la produzione di qualsiasi proteina progettata dalla natura e che sia presente negli organismi del pianeta.
Siamo capaci di creare un organismo che degradi la plastica? O immobilizzi materiali radioattivi che si trovano nel suolo? O produca un combustibile alternativo? O un nuovo tipo di materiale? Non sono domande da accademici pedanti, perché ci riguardano molto da vicino.
Il sequenziamento del genoma umano ha evidenziato come gli esseri umani in pratica non possiedono alcun gene in esclusiva. Qualora dovessimo scomparire dalla faccia della Terra, i microbi continuerebbero comunque a svolgere le loro funzioni e a raggiungere nuovi stati di equilibrio, in virtù dei quali il loro metabolismo manterrebbe abitabile il pianeta. Da una prospettiva evoluzionistica, l'uomo non è che l'esito di una provvisoria perturbazione di reazioni biochimiche. Siamo scherzi della natura che hanno avuto l'ardire di spezzare l'armonia dei cicli geochimici naturali. Nonostante tutto, però, non possiamo fare a meno dei microbi.
L'uomo è un animale di passaggio su questo pianeta; nel suo breve cammino è diventato uno dei massimi distruttori della natura dai tempi in cui ci hanno batteri cominciarono a produrre ossigeno sotto forma di scarto metabolico.
Qualcuno si chiede se non sarebbe invece meglio, anziché trastullarci con organismi che non siamo in grado di ingegnerizzare, e facendo un uso di gran lunga migliore delle nostre capacità intellettive e tecnologiche, dedicarsi allo studio delle modernità evolutive e di diffusione di quelle cruciali nanomacchine che oggi costituiscono i motori della vita.
Post scriptum
Ecco perché per centinaia di anni anche la scienza ha ignorato i microbi.
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