La vita: sopravvivenza senza scopo (darwinismo)


“Gli esseri umani si interrogano da sempre sul significato della vita: la vita non ha alcuno scopo diverso da quello di perpetuare la sopravvivenza del DNA. Non c’è alcun disegno o scopo nella vita, non c’è bene né male, nient’altro che cieca ed impietosa indifferenza” (Richard Dawkins)


Il titolo è forte, diretto, immediato: scuote violentemente alla base qualsiasi posizione antropocentrica e soprattutto elimina qualsiasi giustificazione teologica. Ma è così o per lo meno, come il grande biologo inglese, ne sono convinto.

Ed anticipo però quanto forse doveva essere conclusione. Ma tutto questo, nella mia visione della vita che comunque deve attribuirle un senso umano, il vivere stesso, la rende ancora più degna di rispetto e rafforza il concetto che va compiuta meritatamente ad un’etica kantiana: “il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me”. 

Rileggo a tratti in questi giorni pagine quasi prese a caso dai numerosi libri di Richard Dawkins o di Charles Darwin stesso tra cui lo splendido diario di viaggio con il Beagle.

I punti principali che emergono chiari dall’analisi di dettaglio compiuta da Dawkins sono pochi ma limpidi; analisi che già fu chiara allo stesso Darwin ma che, probabilmente su revisione delle ultime edizioni operata da sua figlia Henrietta, non passarono allora forti come ora.

L'evoluzione è semplice in modo ingannevole ma totalmente profonda nelle sue implicazioni, la prima delle quali è proprio quella che porta le creature viventi ad essere diverse le une dalle altre con variazioni che sorgono a caso, senza un piano o uno scopo.  L’evoluzione non può e non ha di fatto nessun piano, nessun progetto o fine perché il suo principio fondamentale è la selezione naturale del più adatto a sopravvivere in determinate condizioni ambientali e quindi del più adatto a perpetuare nella progenie il proprio patrimonio genetico: è un prodotto di errori casuali di copiatura di parti di codice e che i genetisti chiamano mutazioni. E voglio ricordare che con ambiente non va inteso soltanto molto semplicemente quello esterno che circonda un organismo vivente ma soprattutto, quello meno noto e citato, dato dalle interazioni ambientali tra qualunque vivente e le specie che tendono a parassitarlo, a contaminarlo, a trasformarlo in una risorsa.

Darwin era profondamente consapevole che l'ammissione di qualsiasi intenzionalità di sorta per la questione dell'origine delle specie avrebbe messo la sua teoria della selezione naturale su un pendio molto scivoloso nonostante le prove fossero sotto gli occhi di tutti che però erano accecati dal desiderio, molto umano, di trovare un disegno ed uno scopo alla vita, all’universo stesso.

Il genio di Darwin fu dato dal saper vedere oltre l’apparente illusione di un disegno e dalla comprensione del processo spietato operato dalla selezione naturale, dal comprendere la vita e la morte in natura e soprattutto che l’eliminazione della maggior parte degli organismi dall’albero della vita tranne quelli di maggior successo non deve far intendere, non deve dare l’idea che ci sia dietro tutto ciò un intelletto maestro che abbia progettato il mondo. Perché un’attenta analisi della apparente perfezione rivela che tutto ciò è esclusivamente prodotto di comportamenti casuali, ripetitivi ed inconsci e non certo un disegno consapevole.

Il fatto che l'evoluzione insegni che la vita non ha scopo diretto se non quello di perpetuare la propria sopravvivenza sembra fortunatamente che non vada perduto tra i docenti: uno di loro, interrogato in proposito, una volta rispose che l’insegnamento dell’evoluzione e della selezione naturale aveva fortemente influenzato la propria coscienza perché un insegnante, per definizione, deve poter pensare che il proprio scopo sia quello di trasmettere conoscenza. Più difficile è il mondo dei bambini che offrono una naturale resistenza nell’accettare i concetti dell’evoluzione: questi in maniera del tutto naturale vedono il mondo in termini di disegno e di scopo esattamente come civiltà primitive cercavano nel volere degli dei la spiegazione e le cause degli eventi naturali nonché dello scopo stesso del vivere.

Il concetto fondamentale è stato ben espresso: siamo soltanto un po’ di spazzatura inquinante, se non esistessimo, l’universo sarebbe per lo più lo stesso. Siamo del tutto irrilevanti.

Purtroppo ancora oggi molti libri di testo continuano a trasmettere, spesso in maniera quasi subliminale, concetti distorti del darwinismo e delle sue implicazioni lasciando intendere che la visione evoluzionistica sia nichilista ed atea attribuendo a Darwin l’appartenenza a scuole di pensiero che credevano in un certo materialismo filosofico che attribuisce alla sola materia il concetto di sostanza di tute le cose e che tutti i processi mentali e spirituali sono suoi sottoprodotti.

Un altro grossolano errore, ripetuto in maniera voluta e provocatoria, è quello di attribuire al darwinismo un certo grado di inutilità visto il suo essere senza cuore con una natura maligna e diabolica che elimina con cura e senza pietà tutti gli inadatti e con infine, la mente umana ridotta ad una massa di neuroni in evoluzione e, peggio che mai, senza alcun piano divino a guidarci.

L’estensione poi del concetto di adatto a, volutamente ed erroneamente, forte, in ambito sociale ha scatenato fin dai tempi della pubblicazione dei testi di Darwin, questa idea di sopravvivenza del più forte che in ambito umano provoca reazioni etiche di varia natura. Darwin fu addirittura annoverato come una delle menti causa dell’evoluzione di movimenti culturali in cerca di identità razziale quali il nazismo.

Una visione ancora legata al concetto di progetto, di guida occulta, riconosce i meccanismi evolutivi e li accetta ma, considerando che in cima al già citato schema evolutivo c’è l’essere umano come prodotto più complesso ed evoluto di tutti, le attribuisce come scopo quello di esser giunti all’uomo. Insomma, anche se disposti ad accettarne i concetti per molte persone è stato più duro accettarne le conseguenze fino al punto di rifiutarle a meno di non doverle trovare comunque uno scopo.

Gli essere umani provengono invece dalla stessa fonte evolutiva ed al pari di qualsiasi altro organismo vivente: la selezione naturale di geni egoisti ci ha dato il nostro corpo ed l nostro cervello. La selezione naturale spiega  perfettamente da sola tutta la vita, la sua enorme diversità, la sua complessità ed il disegno apparente che sembra governare tutto ciò.

La vera difficoltà ad accettare la teoria di Darwin è sempre stata dovuta al fatto che che sembra diminuire la nostra importanza. L’evoluzione ci chiede di accettare il fatto che, come tutti gli altri organismi, anche noi siamo i prodotti di un processo casuale e che, per quanto la scienza sia in grado di dimostrare, non siamo creati per scopi speciali o come parte di un disegno universale. Conseguenza, o meglio direi premessa fondamentale, è che darwinismo e teismo sono antitetici. Con tutte le conseguenze sociologiche ed antropologiche immaginabili.

La visione darwiniana che gli organismi oggi presenti, di qualsiasi tipo, non sono stati creati spontaneamente, ma si sono formati in una successione di piccolissimi eventi selettivi in tempi lunghissimi in passato, ha contraddetto la visione religiosa comune del disegno intelligente di un progettista. Lo schema evolutivo invece non necessita né di progetto né tanto meno di progettista ed ancora una volta antitetiche sono ovviamente le visioni creazionista e darwinista.

Prima di Darwin la vista della natura era oscurata dalla giustificazione e dalla credenza del disegno naturale, una sorta di piano, di ordine costituito. Dopo Darwin tutto si è illuminato con l’applicazione di processi semplici nella loro essenzialità ma dalle conseguenze profonde e sotto gli occhi di tutti. E’ difficile abbandonare il punto di vista che impedisce di abbracciare la casualità degli eventi.

Rendersi conto che il piacevole volto esteriore della natura cela invece una lotta continua tra individui non solo di specie diverse ma all’interno della stessa può turbare ma va accettato nella sua pienezza. La chiave del successo riproduttivo scuote violentemente il senso teologico e tutti gli obiettivi su cui i teologi naturali hanno basato le loro idee di adattamento e perfezione è stato sostituito da tutt’altro.

Non siamo più in epoca vittoriana dove le reticenze e le ostilità contro il pensiero darwinista potevano essere in un certo qual modo giustificate. L’evoluzione è sotto gli occhi di tutti ed ormai numerosi esperimenti sia in laboratorio che in natura ha ampiamente dimostrato che è una realtà. Questa visione è quella che ha la maggioranza degli scienziati: uno studio su 149 biologi di fama internazionale ha rilevato che il 90 percento di questi ritiene che l'evoluzione non ha scopo ultimo né obiettivo tranne che la sopravvivenza necessaria alla trasmissione dei geni dei singoli individui. Persino il vecchio concetto di adattamento della specie è stato dimostrato essere soltanto una conseguenza incidentale dell’evoluzione del singolo individuo.

Noi, come qualsiasi altro essere vivente, siamo solo un incidente cosmico casuale nel tempo e nello spazio.

La resistenza è più sociologica ed antropologica che scientifica tanto che qualcuno ha detto che il darwinismo ha un potere distruttivo sociale enorme alla luce della scoperta che tutti coloro i quali che ritengono, correttamente, che l’evoluzione non ha scopo alcuno, sono atei.

E questo è il motivo principale per cui ancora oggi si fatica ad accettare più le conseguenze del darwinismo che i concetti in esso espressi.

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